Corriere della Sera, 22 dicembre 2014
Sylvie Guillem appende le scarpette al chiodo. A 50 anni, la ballerina francese preferisce dare un taglio netto per soffrire di meno «Più in alto di così non posso salire. È una decisione sofferta. Ma preferisco essere io a scegliere liberamente, prima che il mio corpo cominci a cedere. Non voglio che sia il pubblico ad accorgersene prima di me»
Sylvie Guillem: nel 2015 ultimo tour, do un taglio netto per soffrire di meno «Più in alto di così non posso salire. Tanto vale fermarsi e chiudere con la danza. Meglio un taglio netto e una ferita pulita piuttosto che un dolore che corrode come un veleno. Così sarà più facile guarire». Come un’aquila imperiale in vetta al mondo, Sylvie Guillem saluta fieramente e si ritira.
«È una decisione sofferta. Ma preferisco essere io a scegliere liberamente, prima che il mio corpo cominci a cedere. Non voglio che sia il pubblico ad accorgersene prima di me». Infatti non ce ne siamo accorti. Nella danza lei è ancora «Sylvie», l’unica ad aver scosso un Parlamento per trattenerla (in Francia, quando nel 1989 lasciò l’Opéra de Paris per diventare «guest» del londinese Royal Ballet), l’unica ad aver fatto infiammare Rudolf Nureyev dell’amore riservato a una figlia prediletta, da lui nominata étoile a 19 anni a Parigi.
Una carriera da fuoriclasse, solitaria, ribelle, sempre un passo più avanti degli altri, premiata due anni fa dal Leone d’oro alla Biennale di Venezia «per aver ridisegnato la figura della ballerina sfidando le leggi della fisica». La parigina Sylvie non ama la via di mezzo, men che meno il viale del tramonto. Il 25 febbraio compie 50 anni, età critica per ogni donna, figuriamoci per una ballerina. Alla stessa età, Alessandra Ferri – per alcuni, l’antagonista italiana di Guillem, in realtà molto diversa – è tornata alla danza, con un repertorio ad hoc, dopo sette anni di ritiro. Sul fronte maschile, il 67enne Mikhail Baryshnikov ci ha abituati a pensare che per i numeri uno del balletto, nel contemporaneo di base classica, ci sia una seconda vita altrettanto luminosa in cui centellinare talento.
E allora, perché non lei, Sylvie, che è stata la prima ad abbracciare il linguaggio contemporaneo dopo essere stata étoile? «Per me le pagine non si strappano a metà. Il mio ultimo inchino al pubblico sarà una tournée dell’addio che parte dall’Italia, per toccare tutto il mondo, terminerà in Giappone a fine 2015. Perché il debutto in Italia? «Da voi ho ballato molto, ho amici con cui lavoro bene, è stata una scelta spontanea».
A Modena, che ospiterà la «prima» il 31 marzo al Teatro Comunale Pavarotti, seguiranno Genova e Roma ma il tour è in divenire. Life in Progress, prodotto dal Sadler’s Wells di Londra, prevede quattro coreografie: Duo di William Forsythe, Bye di Mats Ek e due creazioni firmate da Russell Maliphant e Akram Khan. «C’è una crisi di talento, si fermano anche i maestri Forsythe ed Ek. Nel mondo della danza non mi ritrovo più, il teatro esige fame di sapere, non si può ballare pensando alla pensione, agli straordinari». Il suo futuro non è certo la pensione: ha girato le spalle alle sicurezze quando lasciò l’Opéra de Paris e si è mantenuta in pericoloso equilibrio, ma da star dei cachet venerata da Béjart, MacMillan, Forsythe.
Era già tutto scritto nella foto che la impose, le gambe a ore 6, il fascino irraggiungibile di una Garbo sulle punte: lei veniva dalla ginnastica e quelle gambe impertinenti fecero gridare allo scandalo. Pensare che oggi sono diventate lo standard su cui costruire una carriera da stella, russe in testa: «Imitano le gambe alte? La danza è ben altro. Possedere un corpo così mi ha dato la possibilità di concentrarmi sul personaggio, sui meccanismi della scena. Un viaggio appassionante, ho fatto incontri incredibili. Oggi vedo molta stupidità nelle scuole, insegnanti frustrati che non risparmiano dolori fisici alle allieve, quando basta infilare nelle scarpette da punta le protezioni in silicone». Rimpianti? «Uno solo, non aver lavorato con Pina Bausch, per me era una dea». La maternità le manca? «Avrei fatto un figlio a 17 anni per vincere la noia del corpo di ballo, poi ho preso la decisione in modo più consapevole: questo è un mondo pazzo, come si può crescere i figli?».
Dal 2013 il suo sito impaginato con ineffabile snobismo (pensieri in libertà, foto del marito Gilles Tapie con cui vive sulle Alpi svizzere) ha una sezione «unspeakable» con immagini choc di animali vivisezionati: «Ho cambiato la mia piccola vita. Sono diventata vegetariana, poi vegana. Ognuno deve fare la propria parte. Mi batterò in modo più visibile in difesa degli animali e dell’ambiente».