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 2014  dicembre 22 Lunedì calendario

Quei giovani piloti figli di papà pronti a darsi battaglia nel campionato delle auto elettriche. Senna, Prost & Piquet hanno provato a seguire senza successo le orme di zii e genitori nella Formula Uno, ora riescono ad esaltare il pubblico nella nuova Formula E. Sugli spalti c’è lo stesso entusiasmo di quando si sorpassavano Ayrton e Nelson

Lo speaker alza i toni, vuole sedurre il pubblico, catturarne l’attenzione. Ha gioco facile, dosando il volume della voce e scandendo le parole (pardon, i nomi) giuste: «Prost è velocissimo! All’uscita della curva numero 7 è vicino a Piquet... e lo passa!». È il momento in cui anche il più distratto alza la testa incuriosito, in cerca di conferme. «Prost? Senna? Sorpasso? Ma dove? Come? Siamo a Punta del Este, Uruguay, anno Domini 2014, mica nel 1980...».
Non c’è nessun viaggio nel tempo, o sbalzi di lucidità dovuti alla troppa calura: si tratta semplicemente delle nuove generazioni, dei figli di Alain e Nelson. Che, come i loro padri, in pista battagliano di punta e di tacco senza badare al sottile, come la legge dei motori vuole. «Prost sorpassa! Ma Piquet reagisce!» ancora grida, al culmine dell’eccitazione, lo speaker ufficiale del gp di Formula E, la corsa delle macchine elettriche, strappando applausi e «ohh!» agli appassionati, cui non pare vero di risentire i nomi della propria adolescenza, quelli dei piloti che hanno segnato la Formula Uno, e restarne affascinati.
In realtà i rampolli illustri, per il momento, devono ancora pedalare: sono protagonisti, ma del Mondiale elettrico, la nuova scommessa Fia che deve ancora decollare. Piquet junior ha già assaggiato la F1, ma l’esperienza non è andata come sperato. Questo comunque non cambia le cose. «Mio padre è stato, e sempre sarà un grande punto di riferimento per me» ribadisce Nelsinho, che ricorda come «il suo sostegno sia stato fondamentale nelle prime fasi della mia carriera. Ma per entrare in F1 è necessario molto più di un cognome famoso. In generale è da quando ho iniziato a correre che ho sentito la pressione di essere il figlio di Nelson Piquet. Mio padre è una leggenda nello sport, e questo mi rende molto orgoglioso. Io spero sempre di dare alla gente un sacco di ragioni per essere orgogliosi di me». Ovvio che spera di tornarci, in F1, ma chissà se ne avrà il tempo. Invece per Prost la chance non è mai arrivata come si deve, e ha già raggiunto i trenta.
Questi ragazzi restano però le attrazioni assolute della Formula E, la gente li apprezza (anche perché le auto non fanno rumore e gareggiano su circuiti cittadini). Ma di figli delle stelle, eredi d’arte, ce ne sono a iosa: oltre a Nicolas Prost e Nelsinho Piquet, ci sono anche i nipoti: Bruno Senna e Matthew Brabham. In totale, giusto per dare un senso assoluto delle cose, fanno – a sommare i successi legati ai nomi – dieci titoli mondiali e centoventinove gran premi. «Noi non ci badiamo, ce le diamo di santa ragione perché siamo in pista, siamo tutti uguali» dice Prost nel suo fluente italiano. Ma, sotto sotto, sta mentendo a se stesso. Lo conferma Bruno Senna, figlio di Viviane (sorella di Ayrton), pilota dalla faccia acqua e sapone: «Nel gran premio di Pechino ho superato Piquet e oggettivamente ho sentito il boato dei presenti». E allora? «Mi è scappato un sorriso, anche perché non è che mi abbiano dato punti in più in classifica... ma se questo serve per regalare entusiasmo, ben venga». Senna nipote non può esimersi dal raffronto col passato, ne è stato inseguito che aveva i calzoni corti: «Se pensi che io sia veloce» disse un giorno zio Ayrton a un giornalista «aspetta mio nipote Bruno e vedrai...». Pronostico non proprio azzeccato, da parte di zio Ayrton: Bruno in F1 ci è approdato, ma non ha lasciato il marchio. E anche lui, come Prost e Piquet, ha superato la trentina.
Il discorso invece è diverso per Matthew Brabham, il ragazzo del ’94. Il più giovane del paddock ecologico, al centro di un progetto preciso e circostanziato. Matthew è un Brabham di terza generazione, su lui gravita l’idea di rivedere una vettura di famiglia in F1, oltre vent’anni dopo le gesta del nonno, Sir Jack. Curiosamente Matt sta facendosi le ossa presso un’altra scuderia di nome, quella di Michael Andretti, figlio di Mario. «Rivalità, rivalità... quante volte mi sento ripetere questa parola. Forse la pronunciavano mentre nascevo, chissà... il nonno ha gareggiato prima dei Prost e dei Senna, quindi io sono un pochino fuori da certe sfide mediatiche, ma la rivalità che vivo io è quotidiana, e molto più diretta». Già, il vero fantasma di Matthew è in casa, e si chiama Samuel. Cioè il cugino Sam, figlio di zio David, fratello del babbo Geoff. «Non abbiamo mai gareggiato contro ma, che si tratti di mettere federe sui cuscini o giocare a basket, lo batto sempre. Non posso perdere con lui...». Eccolo, il significato vero dell’essere figli d’arte. «Più di un onore, qualcosa di cui essere orgogliosi». Il giovane Matthew sa come difendersi, con un suo antidoto personale: «Mi basta vedere Sir Jack Brabham come mio nonno, e mio padre come il mio papà. Io risolvo le cose in questo modo». Il più semplice e genuino.