Corriere della Sera, 22 dicembre 2014
Tutti si preoccupano dei marò ma nessuno pensa ai due pescatori morti
È tornata di pressante attualità la vicenda dei due marò, Latorre e Girone. Tutti se ne occupano, dal presidente della Repubblica al presidente del Consiglio, dal ministro della Difesa a quello degli Esteri; ogni quotidiano ne parla diffusamente e tutti praticamente concordano sul fatto che i due militari italiani devono essere liberati e devono tornare definitivamente in patria. Non sarò certo io a mettere in dubbio l’innocenza dei due connazionali; quello che mi stupisce è il fatto che nessuno chieda con la stessa determinazione che si chiede per il rilascio, anche l’individuazione dei veri responsabili della morte dei due pescatori indiani. In modo da non far pensare che le autorità italiane se ne infischino altamente della sorte di due lavoratori e delle loro famiglie...
Mauro Chiostri
Caro Chiostri,
I due punti sollevati nella sua lettera sono egualmente importanti. La linea adottata dal governo italiano è difficilmente comprensibile. Pensavo che vi sarebbe stato, prima o dopo, un «libro bianco» in cui i ministeri competenti della Repubblica (Esteri e Difesa) avrebbero riassunto i termini della questione e descritto i passi fatti con il governo indiano per ottenere che i due marinai venissero consegnati alle nostre autorità militari e giudiziarie. Ma questo documento non esiste e la sua mancanza sembra confermare che vi sono aspetti della vicenda di cui non si vuole parlare pubblicamente. Come hanno ricordato più volte Danilo Taino sul Corriere e Roberto Toscano (ambasciatore a Nuova Delhi dal 2008 al 2010) su La Stampa, ancora non sappiamo perché sia stato permesso alla nave Enrica Lexie di entrare in un porto indiano, perché i due marinai, quando tornarono per la prima volta, non siano stati trattenuti per una indagine della giustizia italiana, perché il governo si sia astenuto dall’iniziare unilateralmente il procedimento dell’arbitrato previsto dalla Convenzione Onu sul diritto del mare.
L’opinione pubblica, dal canto suo, ha pungolato il governo e lo ha severamente criticato. Ma in questa legittima reazione di un Paese che chiede alle autorità nazionali di proteggere i propri cittadini in uniforme, vi sono stati spesso toni eccessivi, esplosioni di una rabbia compiaciuta. Ho avuto l’impressione che le molte proteste contenessero una sorta di livore anti istituzionale, il desiderio di aggiungere il caso dei marò alla lunga lista delle lagnanze nazionali. Non basta. Mi è anche sembrato che in questo apparente patriottismo vi fosse una buona dose di cinismo e qualche volta persino un pizzico di razzismo. Era giusto dimenticare che vi erano stati due morti, che anche quei morti avevano una famiglia, che anche le autorità indiane sarebbero state chiamate dalla loro opinione pubblica a fare giustizia? Che cosa sarebbe accaduto se due cittadini italiani fossero stati coinvolti in un incidente analogo?