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 2014  dicembre 22 Lunedì calendario

«Il povero si abitua alla povertà, l’impoverito impazzisce. Finché questo disagio ha una sponda istituzionale è contenibile, dopo di che sarà un sisma che provocherà uno tsunami: la piazza tornerà ad armarsi». Cirino Pomicino parla di Renzi («se dovessi ragionare con la pancia direi che lui è stato la vendetta della storia») e di Grillo («il suo movimento tiene a bada il disagio»). Ma poi ricorda anche Virna Lisi, Silvano Adriani, senatore della sinistra indipendente, e Gianluigi Melega: «Per questioni anagrafiche faccio sempre più spesso uso della memoria, che non è mai nostalgia ma sollievo»

Chi cercasse Paolo Cirino Pomicino lo troverebbe sulle colonne del Foglio o del Sole, oppure, non così di rado, fra i necrologi. «Amica gentile di un tempo lontano, grande attrice ricca di moralità», ha scritto qualche giorno fa nella partecipazione all’addio a Virna Lisi.
«Mi capita sempre più spesso, purtroppo, di salutare amici e persone che ho stimato e da cui ho avuto stima. È un dolore e un tributo d’amore oltre che un pezzo di vita che se ne va». A novembre gli era toccato di salutare Silvano Adriani, senatore della sinistra indipendente, e Gianluigi Melega, deputato radicale. «Virna Lisi l’avevo conosciuta alla fine degli anni Ottanta. Ogni tanto si cenava a casa mia sull’Appia antica oppure da lei e suo marito Franco Pesci. Fui colpito dalla severità di costumi di Virna, direi una severità culturale per cui i valori importanti erano la famiglia e il figlio. Era una custode degli amori familiari».
Ha settantacinque anni, «per questioni anagrafiche faccio sempre più spesso uso della memoria, che non è mai nostalgia ma sollievo, un aiuto a pensare e addolcire le pene del passato e a svelare quell’impostura che sono la vittoria e la sconfitta. La memoria consente un’analisi un pochino più approfondita e così aiuta a vivere il presente e apre le porte del futuro».
Ricorda, per esempio, di quando era esordiente lui, «e la giovinezza era la stagione delle opportunità, e non un valore, come oggi. Penso: chi non è stato giovane? Chi non ha voluto cambiare il mondo nello spazio di un mattino? Soltanto chi era senza cuore. E però poi si capisce che il mondo va cambiato con la testimonianza e con la perseveranza, e che sono indispensabili la forza della giovinezza e la saggezza dell’esperienza».
Sono parole dirette a Matteo Renzi, «perché se dovessi ragionare con la pancia direi che lui è stato la vendetta della storia; rammento quel vecchio e nobile comunista di Gerardo Chiaromonte, quando mi disse che il suo partito aveva scelto l’opzione giudiziaria per la conquista del potere. Fu, per fortuna, un disegno da dilettanti, incapace di prevedere che gli spazi si riempiono per legge fisica e politica, e lo spazio fu riempito da Silvio Berlusconi. Però oggi dico a Renzi che il sistema che sta costruendo favorisce di per sé l’autoritarismo».
La memoria, però, lo porta soprattutto a ricordare del giorno del VDay di Beppe Grillo, 2007: «Fece delle battute su di me con delle inesattezze fattuali, così gli mandai una smentita e una banconota da cinquanta euro in finanziamento. Ero convinto, e lo sono ancora, che il suo movimento tenga a bada il disagio. Purtroppo le nostre classi dirigenti non si stanno accorgendo che l’impoverimento è un pericolo. Dico una cosa cinica: il povero si abitua alla povertà, l’impoverito impazzisce. Finché questo disagio ha una sponda istituzionale è contenibile, dopo di che sarà un sisma che provocherà uno tsunami: la piazza tornerà ad armarsi. Ero un giovane deputato quando si armò negli anni Settanta, e non avrei mai immaginato di rivivere il medesimo rischio».