Corriere della Sera, 19 dicembre 2014
L’analfabetismo visto dal web: un italiano su tre non ha effettuato alcun accesso a internet, un dato che richiama la crescita della popolazione che non sa leggere, scrivere e fare di conto
Ludwig Wittgenstein, nelle sue riflessioni filosofiche, sosteneva che i limiti del linguaggio di una persona sono i limiti del suo mondo, cioè di tutto ciò che può capire, pensare, esprimere. Per almeno un italiano su tre, Internet è fuori dal mondo, qualcosa che non capisce, cui non vuole accedere. I dati Istat parlano di circa 22 milioni di italiani dai sei anni in su (il 38,3% della popolazione) che nel 2014 non hanno effettuato un accesso a Internet. Un dato che cronicizza vecchi divari e rafforza nuovi conflitti: quello infrastrutturale tra Nord e Sud, quello sociale tra lavoratori attivi e pensionati, e quello anagrafico e linguistico tra vecchi e giovani. L’autoritratto di un Paese diviso: tra chi si fa i selfie e chi dice «autoscatto».
Da una parte, a grandi linee, ci sono i «nativi digitali». Giovani nati dal 1985 in poi, cresciuti in un mondo iperconnesso, dove motori di ricerca come Google sono la babysitter tuttologa e social network come Twitter sono la terminazione naturale e spesso immediata del proprio corpo e della propria mente (a volte con effetti nocivi, vedi Mario Balotelli): è connesso l’84% degli italiani tra i 14 e i 24 anni.
Dall’altro lato, ci sono le fasce di età più avanzata e in uscita dal mondo del lavoro che non usano Internet. Tra i 65 e i 74 anni, la percentuale di chi non si connette è del 74%, e arriva al 93,4 per gli over 75. Continuano a vivere secondo i propri costumi, antecedenti al web, in un mondo dove il web è in crescita: l’Istat, infatti, segnala l’aumento delle famiglie che hanno un accesso Internet da casa (dal 60,7% del 2013 al 64) e di una connessione a banda larga (dal 59,7% al 62,7%). Restando alla metafora antropologica, si possono chiamare «aborigeni digitali».
I blocchi, ovviamente, non sono granitici, né omogenei: molti italiani sono cresciuti in un mondo offline e si sono poi adattati a quello online, sono i «migranti digitali». E il caso di Gianni Morandi, il ragazzo nato nel 1944 che amava i Beatles e i Rolling Stones e oggi, praticamente, vive su Facebook. E ancora, è il caso dei tanti spettatori dello show televisivo di Roberto Benigni, I Dieci Comandamenti : l’età media dei circa dieci milioni che hanno visto ognuna delle puntate su Rai1 era di 57 anni, ma l’evento televisivo – si tratta di «convergenza mediatica» – ha scatenato commenti e condivisioni sui social network, entrando nei trending topic, cioè gli hashtag di successo su Twitter, come #Benigni o #iDieciComandamenti.
Ma la vera eccezione, in negativo, riguarda i giovanissimi nati in epoca digitale ma, di fatto, non connessi: non usa Internet, infatti, il 50 per cento dei bambini tra i 6 e i 10 anni (sono un milione e mezzo). Le motivazioni? Il contesto, che è determinante. Lo rivela il caso dei nati nei primi Anni Zero: nei nuclei in cui entrambi i genitori usano la Rete, il tasso di disconnessione scende al 6,7%, mentre in case dove mamma e papà sono offline sale al 40,1%. Si tratta di ragazzi nati nell’era digitale ma tagliati fuori dalle infrastrutture online, che rischiano di essere analogici fuori tempo massimo, «alieni» rispetto ai coetanei digitali. Spesso, ovviamente, si tratta di una scelta, discutibile o meno, di pedagogia o sicurezza: tra i minorenni, il 58% dei non utenti tra i 6 e i 10 anni e il 42,2% della fascia tra gli 11 e i 14 anni non accede al web per scelta dei genitori.
Non si tratta, comunque, di un problema solo di infrastrutture o di contesto sociale, ma di forma mentis, e dunque un problema culturale. Lo dimostra il fatto che chi resta offline magari ha uno smartphone, presente nel 93,6 per cento delle famiglie. E ancora, le motivazioni del non accesso a Internet spesso sono personali, psicologiche, cognitive. Gli italiani che non si connettono a Internet lo trovano non interessante (28,7%), non ne sano nulla (27,9%) o ammettono di non saperlo usare (27,3%); c’è chi lo trova inutile (23,5%) e chi dice di non avere gli strumenti tecnici (14,3%); i restanti, pochi, lamentano i costi troppo alti o la paura per la privacy. Quindi?
Questo analfabetismo digitale sembra richiamare l’analfabetismo di ritorno, sul quale recentemente è stato lanciato un chiaro allarme da parte di linguisti, storici, professori e docenti: cresce la fetta di popolazione che non pratica, nella forma base, operazioni di calcolo, elaborati di lettura. Matematica e lingua italiana. Elementi basici dell’alfabeto digitale, grammatica linguistica più codice informatico. Come se in Italia, all’unificazione della lingua parlata, che ha vinto sul dialetto grazie alla televisione, stia seguendo una disunità: non semplicemente tra analogici e digitali, ma tra analfabeti (o illetterati), sia analogici sia digitali, e coloro i quali invece leggono e scrivono online.
Molti italiani non connessi percepiscono Internet come un linguaggio ignoto, che mostra le spalle; rischia, così, di assomigliare al latino. Lingua universale, nell’età moderna, per la Chiesa e i dotti di tutta Europa; ma incomprensibile e impraticabile per i popoli. Come quello italiano, che nel Dopoguerra assisteva ancora alla messa in latino, senza capirne il senso.