la Repubblica, 19 dicembre 2014
Il «caso» delle Province: proteste e presidi in tutta Italia. A Firenze si dorme con il sacco a pelo, ma anche a Pisa e a Massa. E la Camusso ha annunciato per oggi una occupazione simbolica di tutte le sedi. I sindacati temono per i 20 mila esuberi...
Corsa finale per il via libera alla legge di Stabilità. Tempi stretti per approvare il tutto prima di Natale e tentativi di assalto alla diligenza (come l’emendamento di Sel che nella notte tra mercoledì e giovedì ha mandato sotto il governo strappando 5 milioni in più per la Sardegna) hanno spinto il governo a sfoderare nuovamente l’arma della fiducia: il lavoro della Commissione Bilancio è stato interrotto senza giungere alla votazione conclusiva. Il governo ha allestito un maxiemendamento che recepirà, assicura il sottosegretario al Tesoro Pier Paolo Baretta, il lavoro svolto. Il voto, previsto nella giornata di oggi, consegnerà il testo alla Camera domani per il via libera definitivo tra domenica e lunedì.
Una cinquantina di articoli, dove spicca il rinnovo del bonus da 80 euro per chi guadagna meno di 1.500 euro al mese per il 2015 e l’eliminazione del costo del lavoro dall’imponibile Irap. In tutto un movimento finanziario di 32,4 miliardi, composto da maggiori entrate per 10,4 miliardi, minori spese per 16 e ricorso al deficit per 5,9 miliardi.
Il governo già guarda al 2015 con in prima linea il problema della crescita che i documenti ufficiali quantificano allo 0,6 e che organismi internazionali come l’Ocse danno allo 0,2 per cento: ieri Standard and Poor’s (che ha declassato molte banche italiane) ha confermato, come la Confindustria, l’uscita dalla recessione dell’Italia per il prossimo anno ma con un «ritmo basso» per il prossimi ventiquattro mesi. Pesano anche le turbolenze che tornano ad affacciarsi sullo scenario internazionale: petrolio, rublo e Grecia. Su tutte e tre ieri il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan ha sostanzialmente rassicurato. Sul petrolio: «A 60 dollari è una buona notizia vale lo 0,5 di crescita in più per l’Italia». Sulla Grecia che il 29 dicembre rischia di andare alle elezioni anticipate: «Nessun rischio di contagio per l’Italia». Più preoccupato il giudizio sulla crisi russa: «Molte imprese italiane hanno legami forti, è interesse di tutti che si stabilizzi».
Resta aperto il «caso» delle Province: proteste e presidi di segnalano già da ieri in tutta Italia (a Firenze dove si dorme con il sacco a pelo, Pisa e Massa) e la segretaria della Cgil Susanna Camusso ha annunciato per oggi una occupazione simbolica di tutte le sedi. I sindacati temono per i 20 mila esuberi (dal 1°gennaio 2 anni di «mobilità» a stipendio pieno e dopo altri due anni all’80 per cento dello stipendio, quindi il licenziamento) e per la mancanza delle risorse necessarie al trasferimento dei dipendenti a Comuni, Regioni e amministrazioni centrali. Il governo tuttavia sembra tenere duro: «Non ci sarà nessun licenziamento e il lavoratori continueranno a percepire lo stipendio fino alla nuova collocazione», assicura il sottosegretario al Tesoro Baretta. Si aggiunge che gli 8.000 dipendenti che saranno trasferiti al ministero del Lavoro per gestire i servizi per l’impiego continueranno a lavorare nel medesimo posto ma lo stipendio arriverà dallo Stato, più incerta la situazione dei 12 mila in transito alle Regioni. Il passaggio al Senato ha comunque sciolto alcuni dei nodi restati insoluti dall’esame della Camera: sono state trovate le risorse per le Regioni (un miliardo per il patto di Stabilità e più mutui con la Cassa depositi), sterilizzato l’aumento dell’Irap per le imprese senza dipendenti, ridotta parzialmente la tassazione dei fondi pensione e delle casse previdenziali, aumentate le risorse per il salario di produttività, bloccato l’aumento della Tasi per il 2015 e congelato il canone Rai. Arrivano, a pioggia, anche una serie di interventi per alluvioni, terremoti, Regioni, associazioni e situazioni di disagio, ma anche per i Tir. Sul piede di guerra i «grillini» che minacciano: «Via gli emendamenti ‘marchetta’ o faremo lavorare il Parlamento anche a Natale».
Novità dell’ultima ora l’emendamento- Lanzillotta discusso, ma non approvato, che potrebbe entrare nel testo finale e che prevede la soppressione delle microcontrollate pubbliche, di Comuni e regioni, che al 30 settembre di quest’anno avevano solo un amministratore o un fatturato inferiore a 100 mila euro. Sanzioni per chi non si adegua alla nuova normativa: 20 per cento della retribuzione lorda ai dirigenti responsabili del controllo dell’ente e agli amministratori stessi.