Il Messaggero, 19 dicembre 2014
Lo scontro più duro tra Obama e i repubblicani sul caso Cuba promette di essere quello sull’embargo, che gli Usa hanno imposto nel 1962, e che è stato di nuovo confermato nel 1986 con una precisa legge. E i presidenti, per quanto possano ricorrere ai decreti, non possono disfare le leggi: quello è un diritto solo del Congresso
A sentire alcuni esponenti del partito repubblicano, Barack Obama è il presidente più debole della storia. Questa è stata la reazione di alcuni esponenti del partito davanti alla decisione di Obama di cambiare radicalmente la politica Usa verso l’isola di Cuba. Il fatto che la Casa Bianca non abbia escluso di accogliere in visita ufficiale il presidente cubano Raul Castro, o addirittura di organizzare un viaggio di Obama stesso a Cuba non ha fatto che infiammare vieppiù gli animi degli ideologi più intransigenti. Nella giornata di mercoledì, Obama aveva annunciato lo storico ripristino delle relazioni diplomatiche, nuove facilitazioni negli scambi economici, e una drastica riduzione degli ostacoli ai viaggi e agli investimenti nell’isola. Queste novità sono state accolte a Cuba con gioia, e anche nell’opinione pubblica americana il 56 per cento pensa che la svolta sia necessaria. Ma il partito degli irriducibili ha promesso lotta dura, annunciando non solo che impedirà il finanziamento per l’apertura dell’ambasciata, ma che porrà anche un veto a qualsiasi nome l’Amministrazione scelga come ambasciatore.
LA BATTAGLIA
Ma la lotta più severa promette di essere quella sull’embargo, che gli Usa hanno imposto nel 1962, e che è stato di nuovo confermato nel 1986 con una precisa legge. E i presidenti, per quanto possano ricorrere ai decreti, non possono disfare le leggi: quello è un diritto solo del Congresso. E nessuno pensa che il nuovo Congresso scaturito dalle elezioni di metà mandato di novembre, con una maggioranza repubblicana sia alla Camera che al Senato, avrà interesse a offrire un simile regalo a Obama. La cancellazione dell’embargo sarebbe infatti un riconoscimento per la politica tollerante del presidente. Da Marco Rubio, senatore di origini cubane della Florida con aspirazioni presidenziali, a Jeb Bush, ex governatore della Florida anche lui papabile candidato alla presidenza, alla deputata cubana della Florida Ileana Ros Lehtinen, l’opposizone è stata nettissima.
Ma se l’embargo difficilmente sarà presto cancellato, Obama ha comunque il potere di aggirarne molti capitoli, sapendo di avere dalla sua parte la maggioranza del mondo dell’economia e dell’agricoltura. Il presidente ad esempio può concedere «licenze» agli industriali e alle aziende, che infatti stanno già correndo a fare richiesta per poter esportare nell’isola materiale da costruzione e piccoli macchinari agricoli, che secondo l’Amministrazione daranno impulso al nascente settore privato dei piccoli impreditori cubani. Ma il passo più importante che Obama può fare per diminuire la severità dell’embargo sarebbe di depennare Cuba dalla lista dei Paesi sponsor di terrorismo. Il presidente ha già chiesto al Segretario di Stato John Kerry di studiare se l’Avana appoggi ancora il terrorismo. Ma la risposta è già nota: Cuba non finanzia più il terrorismo.