Libero, 19 dicembre 2014
Prodi vola in Russia e offre al Cremlino i suoi consigli e le sue relazioni internazionali. In cambio potrebbe aver chiesto un aiutino, magari quello di convincere Berlusconi, che con Putin ha buoni rapporti, a non essere ostile a una sua elezione al Quirinale...
Che Romano Prodi si sia tolto dalla testa l’idea di sostituire Giorgio Napolitano non ci crede nessuno. Ovviamente tutti i giornali riportano ciò che l’ex presidente del consiglio ripete quando è interpellato circa le probabilità di una sua ascesa al Colle, ma più egli si affanna a negare le ambizioni quirinalizie e più gli addetti alle segrete cose non gli credono. Conoscendo il tipo, politici e giornalisti sanno bene che fino all’ultimo Prodi farà finta di non essere interessato all’incarico, proprio come fece anni fa, quando fu candidato alla presidenza della commissione Ue. All’epoca il già presidente dell’Iri era da poco stato defenestrato da Palazzo Chigi: Fausto Bertinotti gli aveva fatto mancare i voti di Rifondazione comunista, e Massimo D’Alema, che si sospettava ci avesse messo lo zampino per poterne prendere il posto, lo indicò come possibile sostituto di Jacques Delors, ma Prodi fece l’offeso. Bofonchiando dinanzi ai cronisti con i taccuini aperti, l’ex premier fece capire che pensava ad altro. Com’è finita poi si sa. Del resto, il professor Mortadella non è uno che si arrende tanto facilmente davanti alle sconfitte. Per questo anche lui come Amintore Fanfani potrebbe essere soprannominato Rieccolo. Basti ricordare che cacciato una volta dall’IRI si ripresentò dopo qualche tempo e lo stesso fece a Palazzo Chigi, prendendosi la rivincita nel 2006, otto anni dopo la caduta del suo primo governo. Dunque rassegnatevi, nonostante dica no, Romano Prodi non solo è in pista, ma è uno dei candidati che i bookmaker danno con maggior probabilità di successo. Per altro, l’attivismo che sta mostrando nelle ultime settimane dimostra una cosa e cioè che il multi presidente non ha alcuna intenzione di farsi fregare come nel 2013, quando il suo nome fu abbattuto da 101 franchi tiratori mentre era in volo dall’Africa all’Italia. Quella volta la candidatura era uscita quasi a sorpresa, dopo la secca bocciatura di Franco Marini e in apparenza dentro il Pd era stata accolta con un plebiscito. Ma si sa che di comunisti e democristiani c’è poco da fidarsi, soprattutto se questi sono post, abituati a dire una cosa e poi farne un’altra. Dunque Prodi in questo caso non ha intenzione di farsi cogliere impreparato e da settimane è al lavoro. Dopo l’incontro con Matteo Renzi, il professore Mortadella è ad esempio volato a Mosca, dove in piena crisi del rublo ha incontrato il ministro degli Esteri Sergej Lavrov e in serata Vladimir Putin. Al Cremlino pare abbia offerto i suoi consigli e le sue relazioni internazionali, ma in cambio potrebbe aver richiesto un aiutino, magari quello di convincere Silvio Berlusconi, che con il presidente russo ha buoni rapporti, a non essere ostile a una sua elezione al Quirinale. L’appoggio di Mosca non sarebbe il solo richiesto, perché il professore avrebbe fatto una capatina anche in Bielorussia a trovare il presidente locale, altro buon conoscente dell’ex Cavaliere. E poi non sono da mettere in secondo piano le relazioni con i cinesi, con un certo numero di ministri africani. Insomma, una rete di contatti piuttosto vasta che servirebbe a convincere sia Berlusconi che Renzi. Il quale più del presidente di Forza Italia avrebbe poca voglia di avere Prodi tra i piedi. A lui farebbe più comodo un peso piuma e non un tipo ingombrante come Mortadella. Che però alla fine potrebbe tornargli utile, soprattutto nei rapporti con l’Unione Europea. Ciò detto, per quel che ci riguarda riterremmo l’elezione del supremo pontefice del cattocomunismo una sciagura, perché con Prodi al Quirinale avremmo sul Colle uno dei maggiori responsabili dei guai in cui siamo. Fu lui infatti a portarci nell’euro senza negoziare condizioni che ci mettessero al riparo dai contraccolpi e ancora lui ad accettare buona parte delle regole che oggi ci incatenano agli ottusi vincoli di bilancio di Bruxelles. Non solo: con Prodi presidente della Repubblica saremmo respinti in un passato che non passa, quello dei boiardi delle Partecipazioni statali, di una democristianeria che per sopravvivere si è venduta alla sinistra. Dopo un comunista in doppio petto, con Mortadella torneremmo a un cappellano della Repubblica, non come Oscar Luigi Scalfaro ma quasi. Le prediche sarebbero assicurate, i risultati, come nel caso del campanaro che ci guidò dal ’92 fino alle soglie dell’anno duemila, un po’ meno.