la Repubblica, 19 dicembre 2014
Niente titolo d’apertura per una quisquilia come la fine dalla guerra fredda, perché costringerebbe a rinunciare al piacere di titolare “Renzi è un pirla”. Neppure lo storico disgelo tra Usa e Cuba è riuscito a domare del tutto, sia pure per un giorno, lo strenuo provincialismo dei giornali italiani, alcuni dei quali sono così devoti alle beghe nazionali che nemmeno un’invasione marziana riuscirebbe a distrarli
Neppure lo storico disgelo tra Usa e Cuba è riuscito a domare del tutto, sia pure per un giorno, lo strenuo provincialismo dei giornali italiani, alcuni dei quali (per esempio la triade di destra Tempo Giornale Libero) sono così devoti alle beghe nazionali che nemmeno un’invasione marziana riuscirebbe a distrarli. Niente titolo d’apertura per una quisquilia come la fine dalla guerra fredda, perché costringerebbe a rinunciare al piacere di titolare “Renzi è un pirla”. Se lo Strapaese ha solide tradizioni a destra, non è che i media italiani nel loro complesso ne siano immuni. Giorni fa mi trovavo in capo al mondo, e lo zapping tra le diverse reti locali dimostrava una nettissima prevalenza delle notizie internazionali. Poi capito sul Tg1 e per venti minuti pare di essere deportati a Roma, dichiarazioni di politici, incontri tra politici, convegni con politici, partito dopo partito, cravatta dopo cravatta, e solo dopo avere esaurito l’intero catalogo della nostra politichetta ha fatto capolino un servizio sulle tensioni razziali in America. Un’ipotesi: che il nostro pervicace provincialismo, la nostra percezione casereccia e ciabattona del mondo, sia una delle concause del declino del Paese?