La Gazzetta dello Sport, 18 dicembre 2014
Nasceva 150 anni fa Luigi Masetti il pioniere che pedalò sul mondo. È stato il primo cicloturista della storia: con la bici fece viaggi incredibili. La sua grande impresa fu Milano-Chicago, 7000 chilometri
Il 7 luglio 1893 Luigi Masetti scrive al direttore del Corriere della Sera una lettera che dice: «Quest’anno avevo ideato per le mie prossime vacanze la gita in velocipede da Milano a Chicago e ritorno; ma c’è di mezzo il mare. Ed ecco il gran problema, datemi un biglietto da L. 500 o prosciugatemi il mare…». Racconta di essere arrivato terzo nella Torino-Milano, di essere andato in bicicletto a Parigi e Berlino nel 1892, descrive l’itinerario, annuncia che partirà il 15 luglio e, poi, fa la sua richiesta: «Ora se Il Corriere della Sera volesse favorirmi il suddetto biglietto da L. 500, che non è molto, io manderei ogni sabato una breve relazione descrittiva del mio lungo viaggio, la quale potrebbe essere intitolato “Da Milano a Chicago in bicicletto”…». «S’Ella crede di accettare l’ardita quanto attuale mia profferta, favorisca rispondermi subito a Pavia, Piazza Petrarca».
MOSCHETTIERE Dirige Il Corriere della Sera Eugenio Torelli Viollier, il fondatore. Garibaldino dei Mille a 18 anni, è entrato nel giornalismo all’Indipendente di Alexandre Dumas padre, quello del Visconte di Montecristo e dei Tre moschettieri. A questo moschettiere del pedale risponde subito: «Ci piacciono le imprese condite di audacia e di bizzarria. Accettiamo…». Masetti studia giurisprudenza a Pavia. Viene da Trecenta, nel Polesine, un paese visitato dalle alluvioni dell’Adige e del Po. È nato il 18 dicembre 1864, 150 anni fa oggi. Dopo le elementari ha lavorato nei campi da 11 a 17 anni. Conosce fame e miseria, malaria e pellagra, l’emigrazione e la rivolta. Il medico Nicola Badaloni, socialista, convince i genitori a farlo studiare. Fa le tecniche a Lendinara, diventa ragioniere. Poi fa la licenza liceale, così nel 1890 s’iscrive all’università.
DISAVVENTURE Pavia è la culla della bicicletta. Lì, il 19 maggio 1869, si disputò la prima corsa italiana di velocipedi. Masetti ne compra uno nel 1892 e, 28 giorni dopo, parte per Parigi, Berlino, Vienna. Presto gareggia contro assi come Buni, Airaldi e i fratelli Nuvolari, Giuseppe e Arturo, papà di Tazio. Piccolo, biondo, capelli a spazzola, occhialini, il 15 parte per Chicago con un bicicletto Cappelli e Maurelli, che chiama Eolo, senza cambio, col pignone fisso e un solo freno. Si fa precedere da una valigia in treno. Manda il primo pezzo dall’Ospizio del Sempione. In discesa un freno non basta. Per non investire una famiglia inglese, fa una caduta omerica e rompe la bici. La porta in spalla, sotto la neve, finché non trova un fabbro. Non è l’unico guasto. A Middelkerke, sul Mare del Nord, si spezza il perno della ruota anteriore. Da Dunkerque telegrafa a Cappelli e Maurelli e a Calais ha il perno nuovo.
MAL DI MARE Il viaggio è un’avventura esilarante. Masetti vede le cascate del Reno e quelle del Niagara. Devia dal percorso per vedere Bruges. I velocipedisti britannici – ne incontra 216 in un’ora – sorridono nel vederlo col frustino per cani. Patisce il mal di mare sul piroscafo Chester, ma vede le balene nell’oceano. Da New York affronta l’America con un revolver, «un temperino fuori misura e una rete per dormire sugli alberi». Fa il bagno e il bucato nell’Hudson. Sorpreso dal temporale, mentre dorme all’aperto, racconta che «mi scoppiò un fulmine a 42 passi e schiantò un olmo». Cade con Eolo in un torrente, mentre lo passa su un asse di fortuna. Il 13 settembre è a Chicago e visita l’Esposizione Universale. Gormully e Jeffery gli danno una Rambler nuova e 60 dollari, mentre Eolo finisce in vetrina.
L’INCONTRO Al ritorno pedala tra i binari per evitare la sabbia e per poco non viene travolto dal treno. Ma lo travolge una carrozza tirata da un cavallo balzano. Decide di passare da Washington e Filadelfia. Alla Casa Bianca non è giorno di ricevimento – il presidente degli Stati Uniti riceve due giorni a settimana – allora consegna un biglietto al segretario. E Grover Cleveland, che è alle prese con la crisi economica e reduce da un’operazione per un tumore alla gola, lo accoglie. Col suo revolver entra alla Casa Bianca e ha un rendez-vous con Glover Il Buono. Il 19 novembre rientra trionfante a Milano. E le corse? Il 15 maggio 1894 arriva terzo nella Gran Fondo, 540 km, a un’ora 6’13” da Eugenio Sauli. Poco importa che La Rivista Velocipedistica scriva che sulla salita di Dusino «il Masetti vi fu trascinato su dagli allenatori con una fune, esausto com’era». Affitta una cameretta nel quartiere di Porta Genova a Milano. Lì vive con due sorelle, un galletto, che gli dà la sveglia, due tortore e un piccione. Nel 1897 va in bici in Egitto e scala la piramide di Cheope. Attraversa la Palestina. Raggiunge la cima del Monte Bianco e, in bici, il Colle del Turlo.
EL MATO Nel 1900 fa il «viaggissimo», 18mila chilometri. Arriva sino a Ceuta, in Africa, gira la bici e risale verso Capo Nord. Si ferma a Hammerfest. Scende verso Mosca. Va a Jasnaja Poljana a trovare Tolstoj, che, a 65 anni, ha imparato ad andare in bicicletta e lo accoglie felice, gli dona un ritratto firmato. Scrive anche sulla Gazzetta dello Sport delle Seicento Chilometri. Trepida d’amore per Ada, che alla fine sceglie un ufficiale e la sicurezza. Masetti è «El Mato», per Torelli-Viollier «L’anarchico su due ruote». È un poeta, un uomo colto, curioso, audace, moderno. Il primo ciclista totale, che cancella le frontiere. È il D’Artagnan della bici. Col fascismo sprofonda nel mistero.