il Giornale, 18 dicembre 2014
Allarme sugli sbarchi: fra gli immigrati anche infiltrati dell’Isis. La procura di Palermo ha aperto un’indagine dopo le segnalazioni dei servizi segreti. I potenziali terroristi sarebbero libici e siriani
Il Giornale aveva lanciato l’allarme nelle scorse settimane: in Sicilia, nel caos generale, sbarcano anche potenziali terroristi. E sempre il Giornale aveva anticipato l’apertura di indagini. Ora arrivano i primi riscontri: la procura di Palermo – spiega l’attuale numero uno dell’ufficio Leonardo Agueci – indaga sui terroristi mischiati fra i clandestini. Di più, i magistrati scavano su «possibili infiltrazioni di cellule terroristiche dell’Isis fra i profughi sbarcati nei mesi scorsi sulle coste siciliane». Agueci prova anche a tranquillizzare l’opinione pubblica, scossa dai continui massacri compiuti dai miliziani dell’Isis: «Si tratta al momento di un monitoraggio che finora non ha dato alcun esito concreto. Se ne occupa la Digos».
Insomma, la mossa avrebbe anche carattere preventivo e seguirebbe alle allarmate informative dei servizi segreti che da mesi segnalano possibili ingressi pericolosi fra i disperati in arrivo da Siria e Libia. Sarà. E dunque conviene ricordare che Mare nostrum è stata una calamita per migliaia e migliaia di clandestini, il cui arrivo sulle nostre coste è stato gestito con approssimazione e superficialità. Purtroppo la gran parte di queste persone non è stata nemmeno fotosegnalata. Anzi, ha fatto perdere le proprie tracce dopo il passaggio in centri di accoglienza da cui è più facile uscire che entrare. Una situazione drammatica e sconcertante, anche perché si è perso il conteggio dei flussi. E l’Europa ha protestato con l’Italia perché migliaia e migliaia di profughi sono spariti per ricomparire fra Londra, Parigi, Berlino. Sventolando una richiesta di asilo giustificata dalle tragedie che scuotono il mondo: la guerra civile in Siria, la dittatura in Eritrea. Risultato: una situazione confusa che più confusa non si può.
In questo contesto anche i terroristi dell’Isis e non solo loro hanno un certo margine di manovra. Sempre il Giornale ha raccontato nei mesi scorsi un caso emblematico: quello di un palestinese arrivato in Sicilia su un barcone stracarico. Qualcosa non quadra, si decide di approfondire. Sul cellulare spuntano alcune immagini inquietanti: il profugo con il mitra in mano. E sulla mano c’è un callo che, secondo gli esperti, è un segno inequivocabile della familiarità con le armi da fuoco. Lui prova a giustificarsi spiegando di essere un miliziano vicino ad una delle tante fazioni palestinesi. Quale? E a quali azioni ha partecipato il misterioso guerrigliero? Impossibile avere risposte concrete.
Nel giro di qualche giorno si ripete il solito copione già visto troppe volte: l’uomo sparisce nel nulla, abbandonando indisturbato il Centro di accoglienza prima che si riesca a dargli un nome sicuro. Purtroppo questa è la situazione sulle nostre spiagge. Dunque, si va ben oltre il monitoraggio di routine. E infatti da altre fonti si viene a sapere che la Digos è concentrata su alcuni casi specifici. Estremisti che si ritiene possano essere affiliati alla rete del terrore. Alcuni sarebbero ancora in Italia, altri no: si sarebbero spostati in altri Paesi. Il timore, strisciante, è che ci siano, ben mimetizzate, alcune cellule collegate al grande network del terrore planetario. Squadre pronte ad entrare in azione e ad ubbidire agli ordini degli strateghi dell’eversione.
Fra l’altro, ad aumentare la preoccupazione c’è l’avanzata anche fisica dell’Isis. In Libia, a Derna, sulle sponde del Mediterraneo, sventolano le bandiere nere del califfato. Fra sharia e decapitazioni. La Sicilia è sempre più vicina.