la Repubblica, 18 dicembre 2014
E se ci fosse davvero vita su Marte? Per i ricercatori della Nasa la concentrazione di metano sul pianeta rosso è dieci volte la norma. Il mistero è sulla sua sorgente: se fosse di tipo organico, sarebbe una svolta
Sul suolo marziano c’è qualcosa che sbuffa. Potrebbe essere questo il primo segnale della presenza di vita sul Pianeta Rosso: un periodico borbottio che emette metano nell’atmosfera, d’improvviso, come un respiro annoiato. Lo ha annunciato la rivista Science, che ha pubblicato i nuovi risultati delle ricerche condotte sulla superficie polverosa del pianeta dal rover americano Curiosity. Si tratterebbe di emissioni periodiche provenienti da una sorgente sconosciuta, spiegano con cautela i ricercatori della Nasa, registrate come aumenti della concentrazione di metano in atmosfera dieci volte superiori al livello di base. La grande domanda è se si tratti di una sorgente di tipo organico, come i batteri che sulla Terra producono metano. Perché se fosse di questo tipo significherebbe aver trovato la vita.
I nuovi risultati di Curiosity riaprono i giochi per la ricerca marziana. Solo un anno fa, infatti, tra gli astronomi tirava tutta un’altra aria, da quando si era scoperto che le concentrazioni di metano nell’atmosfera del pianeta sono, di base, basse. Insufficienti per pensare alla presenza di forme batteriche, si era detto. Oggi le cose cambiano grazie a un’osservazione più prolungata, durata venti mesi, che ha permesso di accorgersi di questi strani sbuf- fi di metano registrati vicino al cratere Gale: uno sbuffo tra novembre 2013 e gennaio 2014, un altro intorno a luglio. Sbuffi strani, anche perché di breve durata, come se il metano venisse disperso molto rapidamente. Ma soprattutto misteriosi perché non se ne conoscono le fonti, che devono per forza essere sul Pianeta Rosso e tuttora molto attive. Ed è su di loro che gli scienziati oggi si interrogano.
Considerato che non sono stati mai registrati segni di attività geologica su Marte, e che quindi si può escludere che a borbottare sia un vulcano (sarebbe interessante scoprirlo adesso), restano due ipotesi di massima incoraggianti, e una terza deludente. Le due interessanti: potrebbe trattarsi dell’interazione tra rocce e acqua, e l’acqua è la culla della vita, o è segno della presenza di qualcosa di organico sul pianeta. Per esempio, potrebbero essere batteri. L’ipotesi deludente parla invece di un vento, più che di uno sbuffo, che soffierebbe in maniera irregolare da una grande sorgente di metano situata in una zona del pianeta lontana da Curiosity.
Ma le ipotesi incoraggianti oggi, sempre grazie a Curiosity, trovano un altro conforto. Cioè la presenza nelle rocce marziane di forme dell’idrogeno che suggeriscono la presenza di grandi quantità di acqua sul pianeta più o meno tre miliardi, tre miliardi e mezzo di anni fa. Quest’acqua si sarebbe poi dispersa nello spazio, ma finché è stata lì potrebbe aver fatto da culla della vita, come più o meno quattro miliardi di anni fa è successo qui sulla Terra.
«È un grande momento per la missione marziana» ha dichiarato John Grotzinger, capo del progetto Nasa per Marte. Ma aver sentito sbuffare non significa ancora aver trovato lo sbuffatore. E la caccia alla vita continua. Nel 2016 e poi nel 2018 sarà la volta della missione europea ExoMars. Il mistero del respiro di Marte potrebbe essere vicino alla soluzione.