la Repubblica, 18 dicembre 2014
Ecco perché Renzi vuole che l’Italicum veda la luce a Palazzo Madama prima che si cominci a votare per il capo dello Stato, cioè probabilmente alla fine di gennaio
Si avvicina l’ora della verità per il grande risiko di Matteo Renzi. I vari tasselli devono andare al loro posto entro 5-6 settimane, pena la necessità di ricominciare tutto da capo: dalle alleanze ai progetti di riassetto istituzionale. Cinque o sei settimane in cui bisogna centrare gli obiettivi uno dietro l’altro, senza mancarne nemmeno uno. A cominciare dalla riforma elettorale.
Il presidente del Consiglio è noto come uomo franco che non parla il «politichese». Semmai tace qualcosa che non desidera rendere pubblico, ma quando ha voglia di farsi capire non ricorre a giri di parole. Ieri, parlando ai senatori del Pd, è stato esplicito come non mai: il cosiddetto Italicum deve vedere la luce a Palazzo Madama prima che si cominci a votare per il capo dello Stato, cioè probabilmente alla fine di gennaio. Si dirà: niente di nuovo. La pressione del governo per far passare la riforma è costante e certo ha tratto nuova legittimità dalle parole di Giorgio Napolitano.
Del resto, sono ormai evidenti i motivi per cui Renzi considera essenziale, dal punto di vista politico, il voto sulla riforma prima che le Camere si dedichino in esclusiva a scegliere il nuovo presidente. La ragione è che un Parlamento frammentato e quindi assai poco governabile potrebbe forse essere ricondotto alla ragione se il premier riuscisse a cogliere un successo – appunto, il primo «sì» alla riforma – in grado di dimostrare a tutti chi ha davvero in mano il bandolo della matassa. E chi, all’occorrenza, potrebbe avviare il motore delle elezioni anticipate.
Sono temi più volte dibattuti sulla stampa. La novità è che adesso Renzi ha l’opportunità ma anche il dovere, dal suo punto di vista, di segnare un punto decisivo. Il famoso Italicum va approvato al Senato prima del 20 gennaio o giù di lì, considerando che Napolitano sta per lasciare il Quirinale. Se il premier ottiene quello che vuole, significa che la maggioranza di governo è abbastanza compatta e che Berlusconi ha accettato anche stavolta di assecondare il suo giovane semi-alleato. Sulla carta c’è anche il «piano B», ossia l’ipotesi di votare la riforma con la sola maggioranza (Pd, centristi, ex Sel) se il leader di Forza Italia non riuscisse a superare la resistenza del suo partito sempre più inquieto e frastagliato. Fin qui gli scenari disegnati a tavolino. Sono abbastanza asettici e danno l’impressione che non sia in fondo così difficile votare questa famosa riforma e poi dedicarsi al presidente della Repubblica. La realtà invece è più complicata e Renzi sta mettendo in gioco parecchia della sua reputazione di perenne vincitore delle partite politiche, abilissimo nelle manovre parlamentari.
La prima difficoltà è ovviamente Berlusconi. Davvero vorrà dire «no» all’uomo che rappresenta il suo unico, vero interlocutore? Pochi lo credono e infatti immaginano che alla fine Forza Italia voterà la riforma come la vuole il premier. L’inciampo è che la monarchia assoluta berlusconiana è finita e che tanti parlamentari del centrodestra non vogliono correre il sia pur minimo rischio di dover andare alle elezioni anticipate entro pochi mesi.
La seconda difficoltà riguarda la scarsa credibilità della minaccia di approvare la legge con la sola maggioranza. Esistono molti dubbi sull’opportunità che una maggioranza ristretta, in cui il Pd è egemone, si voti da sola una legge elettorale in cui il partito vincitore, sempre il Pd nelle intenzioni, ottiene il 55 per cento dei seggi: sembra uno dei casi in cui s’impongono le larghe intese (d’altra parte non si può nemmeno concedere a qualcuno un diritto di veto permanente). Terzo punto. Nell’ora delle dimissioni di Napolitano, e forse anche qualche giorno prima, l’Italia entra in uno stato di vacanza istituzionale. Si pensa da varie parti che non sia il momento migliore per varare una riforma elettorale di tale portata. Ecco perché Renzi sente che la terra gli sta scappando sotto i piedi. Ed ecco perché, come è suo costume, raddoppierà gli sforzi finché gli sarà possibile.