il Giornale, 18 dicembre 2014
La letteratura di Patrick Modiano, ovvero la memoria che ci ricorda la morte e il mondo che va verso la rovina. Il Premio Nobel nei suoi libri elabora una commedia umana borghese e dannata
A Céline per il Voyage, non assegnarono il Goncourt; a Quasimodo, a Dario Fo diedero il Nobel, mentre Bonaviri (candidato seriale, collezionista di nidi di uccelli) fu dimenticato per consunzione. Come non ebbero il Nobel Giuseppe Ungaretti («Mi sono accoccolato/ vicino ai miei panni/ sudici di guerra/ e come un beduino/ mi sono chinato a ricevere/ il sole» – I fiumi, nella raccolta L’Allegria, 1916, tanto per rimandare all’anniversario della Grande Guerra) e Philip Roth. Ma Patrick Modiano, come tutti sanno, se l’è accaparrato (e pure il Goncourt nel 1978). Stavolta l’Accademia di Svezia non ha toppato. Ha assegnato il Prestigioso allo scrittore che oggi, in Europa, riassume le crisi che già molti autori prima di lui avevano tracciato, senza però riuscire a chiudere la partita con tanta orribile perizia, drammatica fuggevolezza, brutale erranza: usando appunto tutti i tempi consentiti dal regolamento per una (prendiamo a pretesto) partita di calcio. Dunque è inevitabile che Bompiani mandi in libreria: Via delle Botteghe Oscure, I viali di circonvallazione e Villa Triste – si aggiungano poi Dora Bruder, per Guanda, e L’erba delle notti per Einaudi.
È stato scritto: Modiano è uno scrittore della memoria. Sì, confermiamo. Ma alla parola «memoria» non è stata aggiunta «chiave», o «escamotage». Si è pensato bene di usare l’assioma Memoria-Proust. Non è esatto. Modiano, a differenza di Proust, che si mobilita per l’intera vita a recuperarla (per vivere finalmente! – e forse vivere di più) usa la memoria per ribadire che i vivi sono già morti. Che tutto è morto. «Nizza è una città di fantasmi e di spettri»; «Morti anche loro, penso in America. Sa, tutti i posti son buoni per morire» (da Via delle Botteghe Oscure).
Se Proust (e chiudo) ci illude di lavorare su un pentagramma polifonico, gode di tessere una tela magica che, come la cattedrale di Chartres, possa contenere il tempo in eterno, lasciandolo sorseggiare da una clessidra, Modiano, invece, usa la memoria per trasformarla in tante foto da bruciare, giacché sono inservibili come lo è la vita del giocatore che ha perso una intera fortuna alla roulette. (Oppure, le foto, non sono che reliquie dimenticate dai vivi, cioè dai fantasmi.) Modiano, della commedia borghese alla Balzac, ne fa un trita circo, clown, riducendo lucidità e sicurezze in polvere. (Ecco, la polvere, il niente, di ascendenza mitteleuropea – da Kafka a Canetti.) Comunque, dalla pancia fané di Balzac tira fuori salotti luccichellosi, polverosi, eppure di un lusso cancerogeno che ti spaventa con le lacrime agli occhi. Il suo, appunto, è il gran mondo in rovina: la cattedrale di Parigi fattasi cariatide per recuperare la città in una marginalità disperata e commovente.
In Via delle Botteghe Oscure un uomo ha perso la memoria (l’ha persa!), allora grazie a Hutte e all’agenzia investigativa che quest’ultimo gli mette a disposizione, incomincia un pedinamento da detective su se stesso, incontrando dal boss Lucky Luciano a una specie di movie erotico soffocato dietro la reticenza del gesto e della libertà di corpi invisibili e imbalsamati. Ne I viali di circonvallazione, il padre di questo figlio abbandonato da dieci anni vive deriso e umiliato. Simula (o non lo riconosce sul serio, anche se il periodo di lontananza non è incolmabile) di non sapere chi sia; poi, riscopre un amore sotto ciò che era cenere e basta. Villa Triste racconta di un giovane che vuole nascondere la propria vera identità... Un romanzo alla Fitzgerald, carico di bugie... Ecco, inavveritamente, come in un lapsus, nella quarta di copertina Giorgio Montefoschi fa il nome di W.S Maugham. Sembra di esserci. Il mondo, quella borghesia. Esce il nome del sofisticato Maugham come suggestione, eppure Modiano è un Maugham che, dalla sua apparente sgangheratezza polifonica, non costruisce appunto una sola sala operatoria per un solo chirurgo, bensì un ospedale folle montato su campi minati di bombe intelligenti, dove la nostra civiltà è esplosa.
Come Céline è stato un errante, un cantante di parole figlio di una merlettaia che ha voluto strapparsi l’ugola a furia di gridare il proprio odio contro nemici visibili e invisibili, Patrick Modiano è un ebreo errante intriso di tutto l’oblio di cui ogni cosa è pregna. Anche lui urla. Ma le sue invettive non si riconoscono né giungono alle nostre orecchie. Si avventurano tra fantasmi di mondi che furono. I suoi sono ricordi erranti, fatalmente disperati. Sono su una magica zattera di dannati.