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 2014  dicembre 18 Giovedì calendario

Dal 2007 il Pil pro-capite italiano è sceso del 12,3% reale, una diminuzione di oltre 3.700 euro a testa, «con una feroce diminuzione dei consumi - si legge nel rapporto di Confindustria - pari a sei settimane di non spesa». E tuttavia se l’Italia avesse ridotto la corruzione al livello della Francia il Pil sarebbe stato nel 2014 di quasi 300 miliardi in più, pari a circa 5mila euro a persona

C’è un dato nel rapporto del Centro studi Confindustria che meglio di qualunque altro fotografa il problema che l’Italia ha di fronte: dal 2007 il Pil pro-capite è sceso del 12,3% reale, una diminuzione di oltre 3.700 euro a testa, «con una feroce diminuzione dei consumi – si legge nel rapporto curato da Luca Paolazzi – pari a sei settimane di non spesa». E tuttavia se con “mani pulite” l’Italia avesse ridotto la corruzione al livello della Francia, abbattendo di un punto l’indice «Control of corruption», il Pil sarebbe stato nel 2014 di quasi 300 miliardi in più, pari a circa 5mila euro a persona.
Come dire che la dimensione della crisi è ampia, che le sue origini affondano nel crack finanziario mondiale di sette anni fa, ma che gli italiani ci mettono molto del loro. È senz’altro utile discutere dell’impatto dei fenomeni macroeconomici, giusto guardare con speranza ai piani di Draghi, opportuno premere sull’Europa perché il piano Juncker non sia sottile come carta-velina, ma poi bisogna anche fare i conti con i nostri comportamenti e le nostre inefficienze.
Secondo i dati di un sondaggio Ipsos, il 52% dei manager stranieri che hanno avuto esperienze in Italia ha trovato una situazione della corruzione più grave di quella (già negativa) attesa; e il 60% ha trovato peggiore la qualità della classe politica. Non è solo la politica, però, perché è una visione miope quella che ignora le responsabilità – che nei fatti di Roma emergono con la forza simbolica degli “spaccapollici” – della società non poi così civile, dei manager pubblici, delle imprese, delle cooperative.
Perciò è importante la costituzione della Confindustria come parte civile nell’indagine Mafia Capitale, così come il «rating» di legalità per gli appalti. L’economia italiana muore laddove la melma del malaffare inquina appalti e servizi locali. Come ha scritto l’Economist, i fenomeni di mafia e corruzione che emergono dalle inchieste rischiano di fare un danno enorme all’immagine dell’Italia promossa da Renzi. Puoi fare tutte le riforme che vuoi, ma se poi nel mondo Roma è uguale mafia, non ti rimane che tornare alla casella di partenza.