la Repubblica, 18 dicembre 2014
Ora la Russia ha paura: dopo il crollo del rublo e una crisi devastante, i negozi di Mosca sono preda di file infinite di cittadini che vogliono sbarazzarsi del denaro che oramai vale come carta straccia. E intanto grandi marchi come Apple e Jaguar chiudono le vendite
Dimenticatevi le lunghe code tristi e rassegnate dell’era sovietica. Allineati in centinaia dietro ai banconi di “M. Video”, megastore aperto giorno e notte di fronte alla stazione Alekseevskaja della metropolitana, si sente nell’aria perfino una sorta di perversa euforia. La crisi che sta devastando l’economia russa, il rublo che perde valore ogni giorno di più, gli sproloqui incomprensibili dei grandi esperti d’economia che ormai monopolizzano radio e tv annunciando una povertà imminente, regalano intanto al russo medio un’occasione storica: vivere almeno un giorno da leone, anzi da aquila, come nella fiaba raccontata da Pushkin ne La figlia del capitano e che qui tutti hanno studiato a scuola. Lo capisci dai discorsi di Olga e Igor, coppia di giovani insegnanti, che si sporgono da questa folla di famiglie, pensionati, compassati funzionari statali, a rimirare le meraviglie dell’elettronica d’importazione. Lui prova a razionalizzare: «I risparmi che abbiamo prelevato in banca, già domani potevano essere carta straccia. Prendiamo una tv gigante, ora o mai più». Lei: «Sì, ma non troppo grande. Ci serve anche una lavatrice e un computer per i ragazzi. Questione di ore e qui aumenta tutto del doppio e non ci resta più niente da fare».
E li vedi discutere sorridenti come se la situazione fosse allegra, fare calcoli e infine accordarsi: un bestione coreano a cristalli liquidi da 42 pollici, una lavatrice costruita in Russia dalla Indesit e un laptop utima generazione. Totale: 45mila rubli. Che ieri sera equivalevano ad appena 550 euro, esattamente la metà di soli due mesi fa. E la strana euforia ha preso un po’ tutti. La lunga coda che si avvia verso l’uscita è tutto uno sfilare di casse, scatole e buste: smartphone, tablet, frigoriferi, macchine per fare il pane. «Non erano proprio delle spese urgenti – ammette un tipo in colbacco che trascina una scatola rossa più alta di lui – ma sempre meglio comprare qualcosa che lasciare morire i soldi in banca».
Stesse scene in tutti i negozi della capitale e delle grandi città russe. Chi può, usa la carta di credito o il bancomat. I clienti della Sberbank, la banca più grande del Paese, che per prudenza ha momentaneamente bloccato tutte le carte per qualche ora, fanno una doppia coda. Prima vanno in agenzia a estinguere il conto, poi si precipitano da “M.Video”, o da “Svjaznoj” o in altri grandi magazzini. Bisogna fare in fretta perché gli aumenti arriveranno presto e qualche commerciante più furbo degli altri ha già messo il cartello “tutto esaurito”. La Apple ha chiuso la sua rete di vendita su Internet e annuncia rincari di oltre il 20 per cento. Anche molti gioiellieri hanno preferito calare le saracinesche sapendo di poter rivendere ben presto la loro merce a molto di più. Magari sotto Natale, che qui cade il 7 gennaio.
Putin tace. Solo oggi, fa sapere, affronterà l’argomento nella attesa conferenza stampa di fine anno. Racconterà dell’intervento massiccio del Tesoro e della Banca centrale per mettere in sicurezza gli istituti di credito, insisterà sulla forza globale dell’economia russa. Denuncerà genericamente speculatori e oligarchi approfittatori. I guai veri però stanno per arrivare. Alcuni settori commerciali e industriali sono in crisi aperta. Il colosso Gazprom minaccia di tagliare gli organici. La disoccupazione torna a essere uno spettro palpabile.
Ma i problemi più seri si affronteranno poi. Per il momento riguardano ancora una fascia minima della popolazione toccata nei rincari spaventosi della borsa della spesa. La situazione appare ancora sopportabile, basta cambiare abitudini e anche gusti: ridurre l’amato grano saraceno, l’ingrediente più amato sulle tavole russe, che è al centro di una spudorata speculazione; comprare agrumi e pomodori cinesi o mele rachitiche che arrivano dalla Serbia; rinunciare all’acqua minerale filtrando quella del rubinetto; affrontare con qualche sacrificio l’annunciato raddoppio del prezzo del tè, del caffè e dell’alcool. Per il resto tanto vale godersi il momento ripetendosi continuamente un antico proverbio russo che si può più o meno tradurre così: «Neanche la morte fa paura se l’aspetti vivendo alla grande».
Per questo quelli un po’ più danarosi comprano più roba possibile. L’auto diventa il bene rifugio più alla portata. In un paio di giorni, mentre il rublo scendeva e la Banca centrale bruciava quasi sette miliardi di dollari per frenarne la caduta, si sono svuotati i parcheggi delle concessionarie Bmw, Range Rover, Renault, Mercedes. E sopratutto quelli delle auto di casa, le Lada della Avtovaz di Togliattigrad che non avrebbe mai immaginato di chiudere l’anno in crescendo dopo un periodo di inquietante stasi del mercato. Ai troppo ricchi è andata male: Bentley e Jaguar hanno deciso di chiudere le vendite in attesa di uno ristabilimento dei prezzi. Ma i ricchi, si sa, hanno mille risorse. Investono in appartamenti che si stanno vendendo come non mai nel centro delle grandi città, antiquariato, arredamento di lusso. Molti di loro posseggono direttamente valuta pesante che in questi giorni è diventata pesantissima. O la comprano dai cambiavalute accettando prezzi molto più alti. Ieri in certe agenzie il rublo, quotato a 90 per un euro, veniva venduto anche a 110.
Addirittura miracolati i turisti occidentali che si sono trovati a passare da Mosca in questi giorni. I più svegli hanno fatto incetta di tutto quello che potevano, dal caviale beluga ai telefonini. Come quella coppia di americani in viaggio di nozze che ieri sera, all’aeroporto Pulkovo di San Pietroburgo, ha sconvolto la commessa del duty free portandosi a casa tutti gli iPhone e i tablet che aveva sul bancone. Affari d’oro: iPhone 6 a 350 euro, iPhone 6 plus a poco più di 400. E pare che abbiano pure avuto la faccia tosta di chiedere uno sconto.
Con lo stesso spirito migliaia di finlandesi e di cittadini delle repubbliche baltiche sono calati con aerei e traghetti in Russia per “saccheggiare” negozi e boutique. Per non parlare della “rivincita” sociale degli abitanti dell’ex Unione Sovietica, bielorussi e kazaki in testa, che comprano, a seconda della disponibilità, oggetti d’oro, computer, antiche icone o addirittura case di villeggiatura con tanto di parco sugli Urali dove si è registrato un sorprendente boom delle vendite. Euforia, apparentemente insensata, accompagnata comunque da un sano pragmatismo.
Accanto alla nuova tv, al supertelefonino, molte famiglie russe hanno messo anche una piccola scorta di quei generi che, ai tempi dell’Urss, venivano considerati di sicurezza: farina, grano saraceno, fiammiferi e sapone. «È quasi un rito scaramantico – dice il popolare scrittore satirico Dmitrj Bykov – non è roba che cambia la vita ma, a chi è nato in Unione Sovietica, da comunque un senso di sicurezza. E ne abbiamo tutti molto bisogno».