il Fatto Quotidiano, 17 dicembre 2014
Il carteggio tra Salvador Allende e Pablo Neruda, legati da uno stretto rapporto dal 1939 alla loro morte, avvenuta a pochi giorni di distanza. Preziose le 15 lettere inedite scambiate tra il 1969 e il 1973
Salvador Allende, presidente socialista, e Pablo Neruda, militante comunista, sono probabilmente i personaggi cileni di maggiore notorietà del XX secolo. Entrambi di sinistra, ebbero per decenni un rapporto di amicizia di cui non si è mai saputo molto e che terminò solo con la loro morte a pochi giorni di distanza. Prima quella di Allende, l’11 settembre 1973, il giorno stesso del colpo di Stato che rovesciò il suo governo, poi quella di Neruda 12 giorni dopo in una clinica di Santiago. È in uscita in Cile il saggio Pablo Neruda e Salvador Allende. Una amicizia, una storia.
È il primo serio tentativo di indagare sul rapporto che legò Allende a Neruda dal 1939 alla morte. Il libro è ricco di particolari curiosi e in uno dei capitoli ci sono 15 lettere – per lo più inedite – che si scambiarono tra il 1969 e il 1973. Sono lettere che abbracciano aspetti intimi della loro personale amicizia e tematiche legate al ruolo politico che entrambi svolsero nella storia del loro Paese: “Caro Salvador, non so dirti quanto sono felice. Abbiamo sbaragliato la cospirazione. È la prova che bisogna essere intransigenti”, scriveva Pablo Neruda con il consueto inchiostro verde all’indomani della vittoria elettorale di Salvador Allende. “Alla cerimonia di insediamento dobbiamo invitare qualche intellettuale straniero. Mi piacerebbe incontrarti per sottoporti un possibile elenco. Dobbiamo mandare gli inviti al più presto”. E terminava la lettera con parole estremamente amichevoli e affettuose: “Festeggeremo insieme la festa del 18; il cervo lo cucinerà Matilde. Spero che venga anche tua moglie Tencha. Un abbraccio fortissimo, Pablo”. Lo storico cileno Abraham Quezada, autore del saggio, è convinto che la dimensione epistolare sia “la forma più pura di autobiografia”. Quezada ha scritto otto libri sul Nobel e sul suo rapporto con Allende: “Il loro carteggio è la prova più lampante della profonda amicizia che li legava. Avevano in comune moltissime cose: la passione per la politica, il gusto della buona tavola, il collezionismo – Neruda di oggetti, Allende di vestiti – e l’abitudine di fare la pennichella dopo pranzo. Inoltre pur non essendo belli, erano dei gran seduttori e amavano parlare delle loro conquiste”. Nell’arco della loro amicizia, tuttavia, non mancarono le divergenze.
La principale quando Neruda era ambasciatore del Cile in Francia e chiese al presidente di inviare a Parigi come suo collaboratore lo scrittore e amico Jorge Edwards. Ma Edwards era stato da poco espulso da Cuba dove si trovava come diplomatico e Fidel Castro aveva chiesto ad Allende di esonerarlo da ogni incarico diplomatico. Neruda si impuntò e alla fine Allende fu costretto a cedere. È il solo caso in cui il poeta tirò il presidente per la giacchetta facendo leva sull’amicizia personale. Ma questo incidente non influì sul rapporto di amicizia reso ancora più stretto dal forte legame di simpatia che univa la moglie di Neruda a Hortensia Bussi, detta Tencha, moglie di Allende.
E l’opinione di Matilde nella vita del poeta era più che importante. Era decisiva. I documenti e le lettere che sono alla base del libro sono frutto di una ricerca che ha portato Quezada in ogni angolo del mondo. Alcune lettere risalenti al 1970 facevano parte dei documenti che una delle figlie del presidente, Tati, era riuscita a salvare dopo il golpe e che aveva portato con sé a Cuba dove si tolse la vita nel 1977. Tutti questi documenti furono restituiti dal governo cubano alla Fondazione Allende nel 2008 e 2009. Tra questi anche alcune lettere di Neruda meno personali, scritte prevalentemente quando era ambasciatore in Francia, incarico ottenuto nel 1971.
INn una delle lettere Neruda informava il presidente che uno degli addetti commerciali dell’ambasciata cilena era legato al partito democristiano che aveva governato il Cile prima di Allende. “È una cosa quanto mai irregolare cui bisogna porre rimedio”, scriveva Neruda. Di strano nel carteggio tra Parigi e Santiago il fatto che l’ambasciatore scrivesse direttamente al presidente senza alcun rispetto per la normale catena gerarchica. Le lettere inviate “personalmente al compagno presidente” spesso terminavano con queste parole: “Un abbraccio a Tencha e i miei più affettuosi saluti a te. Non potremmo avere un presidente migliore, Pablo Neruda”.
Una lettera molto importante è quella che Neruda scrisse al presidente il 3 novembre 1972 dopo la decisione americana di non importare il rame estratto dalle miniere cilene che erano state nazionalizzate da Allende: “Scopo di questa lettera è avvertire del pericolo derivante da un atteggiamento troppo ottimista dinanzi alle difficoltà che stiamo vivendo”, segnalava Neruda al presidente in maniera molto franca.
E Allende? Come erano le sue lettere? Lo stile epistolare del presidente era succinto. Frasi brevi, ma percorse da forti emozioni. Nel 1972, ad esempio, il presidente scriveva a Neruda mostrando tutta la sua preoccupazione per lo stato di salute del poeta che soffriva di un cancro alla prostata: “Penso che per te sarebbe meglio tornare a Isla Negra, tra le tue cose e gli amici di sempre”.