Corriere della Sera, 17 dicembre 2014
Una giornata con Benedetta Arese Lucini, Lady Uber. E mentre Parigi bandisce il servizio, Sydney alza i prezzi, a Milano tutto scorre tranquillo. «Quando scendo a Roma, anch’io prendo il taxi»
Primo punto. Rapporti col nemico. Lei prende il taxi? «A Roma sì, se ne ho bisogno». E a Milano? «A Milano no». La riconoscerebbero tutti. Mesi fa i poster col suo volto tappezzavano i posteggi della città. Gioco di parole nello slogan: «Ruber». Nella R si addensa lo scontro. «Concorrenza sleale», è l’accusa dei tassisti contro Uber, l’applicazione che ha trasformato le auto a noleggio con conducente in un servizio taxi alternativo. Al centro delle polemiche, in Italia, c’è lei, Benedetta Arese Lucini, anni 31, manager locale del colosso globale. E globali sono anche le tensioni.
Lunedì, Parigi: i tassisti bloccano le autostrade e, nel pomeriggio, il governo annuncia che in Francia dal 2015 sarà bandita Uberpop (è la costola dell’applicazione madre, permette ai privati di trasformarsi in taxi con la propria auto). Ancora lunedì, Sydney: durante la crisi degli ostaggi nel caffè Lindt, Uber alza i prezzi delle corse; di fronte al mondo, il colosso americano spiega che i prezzi li fa un sistema automatico, si scusa e offre passaggi gratuiti. Lo stesso lunedì, a Milano, scorre tranquillo. Qui la tempesta è passata prima dell’estate.
La giornata di «lady Uber», country manager per l’Italia, inizia con la rassegna stampa; poi un’oretta di corsa; l’arrivo in ufficio intorno alle 9. La sede di Uber sta tra via Savona e via Tortona, zona Porta Genova, vecchia Milano popolare riconvertita a distretto del design. Qui le parole «nuova azienda» suonano come una bestemmia: linguaggio arcaico. Si dice start up. L’ambiente è in linea: sottotetto industriale, bianco e acciaio, librerie Ikea; l’atmosfera informale è una legge; otto ragazzi (tre lavorano a Roma) e la manager. Lunedì, ora di pranzo, si mangiano hamburger. Tutti insieme, su due scrivanie accostate. È in queste stanze che si gioca la battaglia. Mercato libero contro conservazione. Oppure, illegalità contro rispetto delle leggi. Dipende da che angolazione, Uber o tassisti, si veda la questione. «Come privati – spiega Benedetta Arese Lucini – ci integriamo al servizio pubblico allargando il mercato in modo significativo». Qualche analista spiega che, alla lunga, a rimetterci non saranno i tassisti, ma il mercato dell’auto: con un maggiore sviluppo dei servizi condivisi, le famiglie tenderanno a tagliare le seconde macchine. «Non siamo monopolisti – aggiunge la country manager – se arrivasse una società come noi a competere sul mercato, potremmo perdere clienti. E infine, offriamo anche un’opportunità di lavoro a molte persone che ormai fanno fatica». E qui si martella sul nervo più scoperto.
L’opportunità per tutti si chiama Uberpop. Chiunque (selezionato dalla società) può attaccarsi a questa app e offrire passaggi a pagamento. A Uber arrivano mille candidature a settimana («ne accettiamo meno del 10 per cento»). Secondo i tassisti è «abusivismo organizzato». Che sia illegale, ad oggi, non c’è dubbio. In Francia sarà fuorilegge dal 2015. A Milano la Polizia locale fa molti controlli. Sono circa una cinquantina le licenze ritirate agli Uber «classici». E una parte della giornata di Benedetta Arese Lucini è dedicata agli aspetti legali. La chiave è: fino a che punto un’azienda privata può forzare le leggi, pur se sono arretrate? In Italia risalgono al 1992. «Ma da allora è cambiato il mondo, i telefonini neanche esistevano – spiega la manager – i tassisti hanno regole, ma anche privilegi rispetto a noi: le corsie preferenziali, i posteggi davanti a stazioni e aeroporti». E poi hanno pagato le licenze, anche più di 100 mila euro. «Questo è un punto da tener presente – argomenta – si potrebbe pensare a dei sussidi per compensare chi ha avuto questi costi. Ma se un mercato è stato regolato male per tanti anni, la colpa non è certo di una nuova società».
Ieri è intervenuta l’Europa. «Uber è un metodo alternativo per offrire servizi taxi. Le autorità nazionali dovrebbero regolamentarlo», ha spiegato Jacub Adamowicz, portavoce ai trasporti della Commissione Ue. Secondo qualcuno, le opposizioni nel mondo disegnerebbero un quadro di «Uber sotto attacco». In realtà, nel giorno in cui i tassisti fecero sciopero a Milano (28 gennaio), Uber «esplose» come applicazione più scaricata in Italia. Prodigio di marketing involontario.