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 2014  dicembre 16 Martedì calendario

Occorre più tempo per le indagini amministrative sulle frodi fiscali. Lo dice Rossella Orlandi, direttore dell’Agenzia delle Entrate.

«L’evasione fiscale mina il patto sociale, attenua il senso di appartenenza. Gli americani lo avevano capito due secoli fa, con il programma politico del no representation without taxation». Nel giorno in cui Rossella Orlandi davanti a tutta la prima linea dei suoi dirigenti – in trasferta all’Aquila per il convegno «Noi combattiamo la corruzione» – lancia la campagna di trasparenza interna dell’agenzia, con la possibilità di denuncia riservata via mail dei funzionari infedeli («perché negli uffici le cose si sanno e non è giusto girarsi dall’altra parte»), il direttore delle Entrate esterna senza esclusione di tema, dalla delega fiscale, al rientro dei capitali, ma partendo sempre dal rapporto tra cittadino ed etica, prima ancora che tra contribuente e fisco. «La parte sana del paese è ancora la maggioranza, che però viene oscurata. L’Agenzia è un corpo sano, ma con elementi di rischio molto vicini e pericolosi», dice. I rischi, e i temi, sono tre e vanno a braccetto: corruzione, criminalità, evasione fiscale. «La nostra attività ci dimostra la stretta connessione. Le frodi sono utilizzate spesso per corrompere. L’evasione permette l’accantonarsi del nero. L’Agenzia non può pensare di delegare il compito di risanamento alla magistratura, che arriva sempre dopo, la Pa ha il dovere di intervenire prima». E ancora, per restare alla premessa, «occorre prima di tutto ricostruire un tema di valori condivisi. L’etica pubblica deve andare oltre il perimetro penale e deve essere un valore fondamentale. Lavoro da 33 anni nella pubblica amministrazione e sono orgogliosa di servire il paese».
Come vede l’esito della legge delega di riforma fiscale? «Sinceramente credo che uscirà un fisco migliore. Non sono ironica, vedo che comincia a delinearsi un rapporto tra contribuente e ufficio che respira, diciamo così, i canoni del mondo occidentale. Si sta passando dall’idea di un inseguimento tra le parti, con tutto quello che ciò comporta e che ben conosciamo nella vicenda recente del paese, a quella di compliance, cioè di adeguatezza fiscale». Un passaggio che il direttore dell’Agenzia saluta con favore: «È un’evoluzione assolutamente positiva», dice. Ma per tornare a contesti più pratici, ed esemplificando, significa che avremo un abuso del diritto “compliant”? «Ecco, sull’abuso del diritto si è fatto un gran trambusto non dico per niente, ma per due/trecento posizioni, a fronte di 5,6 milioni di partite Iva. È vero che la questione parte dalle famose sentenze della Cassazione di cinque anni fa, e prima ancora da una decisione della Corte europea, ma ciò mi porta un’altra riflessione. Si tratta di un classico esempio di sostituzione giurisprudenziale a una lacuna normativa». Quindi riconosce la vacatio legis? «Certo. Ma la portata, l’impatto effettivo sul sistema è molto inferiore all’importanza che il tema ha assunto nel dibattito degli ultimi mesi. E comunque, per chiarire il punto, le soluzioni cui sta arrivando il legislatore sono del tutto allineate con le decisioni dell’Ecofin del 9 dicembre scorso. Credo che a volte il dibattito del nostro paese sia molto provinciale e poco aperto a quello che ci succede intorno, e che sta davvero cambiandoci la vita».
Comunque sta anche cambiando lo scenario internazionale. Grandi gruppi che, per ristrutturazione e pianificazione, dismettono i panni di contribuenti italiani. Non è un segnale incoraggiante per l’Agenzia. «Mi dispiace che per esempio la Fiat abbia abbandonato, almeno per quello che mi riguarda come ufficio, l’Italia. Del resto c’è libertà di stabilimento fiscale e non ho nulla da obiettare, come è ovvio. Da cittadina penso però anche che Mercedes e Volkswagen sono e restano in Germania e non credo rinuncerebbero mai al loro essere tedesche». E se qualcun altro seguisse l’esempio di Fca? «L’Agenzia – assicura il direttore delle Entrate – per la verità ha informazioni di tutt’altro segno. E dietro i fatti di grande visibilità stanno maturando altre operazioni di rientro».
Ecco, a proposito di rientro, quello dei capitali ormai è legge. L’Agenzia è pronta a fronteggiare l’onda d’urto di movimenti che, grazie anche a quello che sta succedendo in Svizzera (che ha approvato la nuova legge federale antiriciclaggio, si veda il Sole 24 ore del 13 dicembre) si preannuncia importante? «Il giorno dopo l’approvazione della normativa da parte del Senato l’Agenzia ha pubblicato i modelli per l’adesione – dice Orlandi – ora attendiamo la pubblicazione della legge per emettere le circolari necessarie. Comunque sì, ci attendiamo un grosso impatto. Questa non è una dichiarazione integrativa ma un vero e proprio accertamento. Siamo nella nuova logica “compliant”, un rapporto di lealtà piena del contribuente».
Ma se si parla di lealtà, è leale il livello di pressione fiscale che oggi il contribuente sopporta? «Il livello è molto alto, la direzione presa è di semplificare, recuperare i 91 miliardi di evasione e pertanto ripartire il carico in modo più equo. Ma la questione di giudicare la “moralità” della tassazione è delicata. Pagare le tasse è un fatto di cultura, non di convenienza. Credo che ogni volta che c’è un comportamento di frode del contribuente si debba prevedere un prolungamento dei tempi dell’indagine amministrativa, conclude Orlandi. «Altrimenti si reitera un messaggio fuorviante: che il tempo travolge la pretesa del fisco».