Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  dicembre 16 Martedì calendario

Expo, 300 milioni di debiti. La corte dei conti boccia il grande evento milanese che appesantisce i bilanci. Per ora ci guadagna solo la mafia

   Chi vuole le Olimpiadi 2024 si studi bene il caso Expo. Non per dire no a qualsiasi cosa, evento o grande opera, in nome del rischio che arrivino sprechi, corruzioni e infiltrazioni mafiose. Ma per imparare come sprechi, corruzioni e infiltrazioni mafiose arrivino puntualmente, in Italia, in ogni evento o grande opera. Le volete fare? Bene. Ma prima almeno togliete i presupposti per il matematico ripetersi di scandali e disastri che sono puntualmente avvenuti dopo ogni terremoto, inondazione, sciagura, mondiale di calcio, olimpiade invernale, G8 e via spendendo. È quanto sembra suggerire anche il presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione, Raffaele Cantone, che ieri ha chiesto alla pubblica amministrazione “uno scatto d’orgoglio” e alla politica regole più serie per farla finita con “un quadro devastante di fatti criminali”. Ha citato il falso in bilancio e le norme sulla prescrizione e ha poi chiesto il “whistleblowing”, cioè la “soffiata”. È un dispositivo previsto dalla convenzione Ocse del 1997 e dal Consiglio d’Europa del 1999 e raccomandato dalla convenzione Onu contro la corruzione del 2003. In Europa lo adottano 16 Paesi, tra cui Regno Unito, Francia, Germania, Austria, Belgio e Olanda. Prevede che il dipendente di un ente pubblico possa denunciare in via riservata, ma non anonima, attraverso la compilazione di un modulo informatico interno, qualsiasi attività sospetta di corruzione, concussione, peculato, turbativa d’asta o altro reato contro la pubblica amministrazione. L’amministratore delegato di Expo spa, Giuseppe Sala, ha già detto a giugno, davanti alla commissione comunale Expo presieduta da Ruggero Gabbai, che il “whistleblowing” non gli piace: “Mi sembra un’asimmetricità che non capisco, che uno possa permettersi in maniera anonima di fare una denuncia, mentre dall’altra parte c’è chi ci mette la faccia”. Ma ha evidentemente confuso l’anonimato (che non c’è) con la riservatezza, che serve a tutelare il dipendente da ritorsioni.
   EXPO È COMUNQUE la grande enciclopedia che dovrebbe essere studiata da chi vuole incamminarsi verso le Olimpiadi. Grande evento del 2015, previsto fin dal 2006, assegnato all’Italia nel 2008, è subito diventato un’emergenza, come fosse una calamità naturale, un terremoto, un’inondazione, un’invasione di cavallette. Per tre anni (2008-2011) la politica perde tempo a litigare su chi comanda senza avviare neppure una gara. Nei tre anni successivi (2012-2014) si accorge di essere in terribile ritardo e allora via alle deroghe, in nome dell’emergenza. “Ben 82 disposizioni del codice degli appalti sono state abrogate con quattro ordinanze della presidenza del Consiglio”, si lamentava già il predecessore di Cantone, Sergio Santoro: “È emergenza perenne”. I risultati si sono visti. Per infiltrazioni mafiose, la prefettura di Milano ha escluso, per ora, 46 aziende dai cantieri di opere connesse a Expo. Di queste, tre lavoravano direttamente sull’area dell’esposizione (Elios, Ventura, Ausengineering). Per reati come corruzione, turbativa d’asta, rivelazione di segreti e associazione a delinquere, sono scattate, sui quattro grandi appalti, quattro grandi inchieste, con arresti e accuse che hanno coinvolto il numero uno di Ilspa (Antonio Rognoni), oltre a manager di Expo spa (Angelo Paris, Antonio Acerbo, Andrea Castellotti) e di Arexpo, la società che possiede le aree (Cecilia Felicetti). L’impresa che ha avuto più successo nelle gare Expo, la Maltauro, ha ben tre appalti commissariati. In questo clima, arriva ora anche la Corte dei conti, a segnalare il peccato originale dell’esposizione: è stata (per scelta di Letizia Moratti e Roberto Formigoni) prevista su aree private. E ora a Comune di Milano e Regione Lombardia restano sul gozzo (e sui bilanci futuri) oltre 300 milioni di debiti per terreni acquistati, dal destino incerto e che nessuno vuole comprare. Qualcuno vuole le Olimpiadi? Prego, s’accomodi.