Corriere della Sera, 16 dicembre 2014
Coltivare il riso «in asciutta», un metodo avanzato che permette di consumare meno acqua. Una tecnica già in uso in una parte della pianura Padana, in Israele e in Egitto...
È stata la prima donna a diventare, nel 2004, preside di facoltà (Agraria) all’Università Statale di Milano. È stata una delle primissime, molti anni prima, a decidere di occuparsi di microrganismi in un settore fino ad allora quasi del tutto maschile. «La mia passione – spiega – nasceva dal mio interesse ai problemi sociali, che ho coltivato fin da ragazza. Studiare la genetica, occuparsi di microbiologia, significava per me anche sperimentare la possibilità di migliorare le condizioni di vita dell’uomo, degli uomini».
Claudia Sorlini è stata chiamata a presiedere il comitato scientifico di Expo, che raggruppa i rappresentanti di sette università milanesi (tutti impegnati gratuitamente). E di Expo si sente un po’ la «memoria storica», visto che ha cominciato ad occuparsene nel 2006, quando, sebbene Milano dovesse ancora aggiudicarsi l’evento, già si era compreso che il tema, Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita, avrebbe potuto ricoprire un grande interesse per lo sviluppo delle società. Bresciana, trapiantata a Milano dai tempi dell’Università («Dopo la laurea, di concorso in concorso sono arrivata prima alla cattedra di ordinario e poi alla presidenza di Agraria»), Sorlini ha guidato una facoltà «tra le pochissime in cui ancora oggi prevalgono gli uomini sulle donne».
Torniamo al comitato di Expo. Gli obiettivi?
«Stiamo affrontando i temi di Expo in modo da coordinare le proposte che via via emergono e che confluiranno nella Carta di Milano, il documento che il nostro Governo vuole presentare al termine dell’evento, come lascito scientifico del lavoro svolto da noi e da altre fondazioni e istituzioni italiane».
Quali problemi e quali soluzioni?
«Di base, direi che dobbiamo far fronte ad una domanda crescente di cibo: malgrado si produca più di quanto si possa consumare, c’è ancora chi non mangia abbastanza perché manca un’equa distribuzione. E poi in futuro la popolazione continuerà a crescere, i Paesi emergenti vogliono nutrirsi di carne ma per un chilo di carne servono 10 chili di proteine vegetali. Il rischio è che il sistema si scompensi e quindi bisogna produrre in modo diverso».
Produrre diversamente o di più?
«Bisogna produrre in modo sostenibile. Bisogna rendere equamente disponibili i cibi in tutto il mondo senza compromettere acqua, fertilità dei suoli, energia, biodiversità. Questi sono i quattro cardini della sostenibilità».
Cosa può fare la ricerca?
«Molto. L’Europa sta investendo soprattutto nei settori che potranno contribuire a risolvere questi temi. Ad esempio: in agricoltura c’è bisogno di ridurre i consumi idrici, visto che il 70 per cento dell’acqua dolce disponibile è usata per questo settore. In tutto il mondo i ricercatori lavorano per migliorare geneticamente le piante e renderle capaci di crescere bene con quantità di acqua minore e usando tecniche tradizionali, non necessariamente con ogm. Il riso, prima prodotto solo in colture sommerse, ha oggi qualità che crescono bene “in asciutta” e si stanno usando in parte anche nella pianura padana. Israele ed Egitto, su questi metodi, sono molto avanti».
Altro tema?
«Il controllo delle irrigazioni. Nel campo dell’elettronica esistono sensori che vengono messi nel terreno, tarati in funzione delle coltivazioni che si stanno facendo, e informano quando l’umidità del suolo va al di sotto di una certa soglia che possa compromettere una buona produzione. Oppure attraverso tecniche di miglioramento genetico tradizionale si possono ottenere qualità di mais capaci di difendersi meglio dalle azioni dei parassiti e quindi uso meno pesticidi e quindi riduco il consumo di energia e quindi faccio un’agricoltura più sostenibile».