Corriere della Sera, 16 dicembre 2014
«Io devo credere a quello che mi dicono gli inquirenti. Però è come se stessimo parlando di un’altra persona, è questa la verità. Perché Lorys, noi due, l’abbiamo voluto con tutte le nostre forze, non è vero che nacque per caso, anzi decidemmo di metterlo al mondo proprio per andare a vivere insieme definitivamente». Parla Davide Stival, un papà distrutto, ma anche incredulo, disorientato, perché gli hanno detto che è stata sua moglie Veronica a uccidere con malvagità assoluta Lorys, il loro figlioletto di otto anni
Non crede più a sua moglie, vero, signor Stival? «Non lo so più a chi credere, a cosa credere. Quella mattina stessa del 29 novembre, o forse la sera prima, Veronica aveva voluto premiare Lorys, capito?, pre-mia-re, per il 10 preso in storia. Così gli aveva dato 2 euro per comprarsi una carta del Dragon Ball. Sapete, le figurine? Era arrivato a 99, quella sarebbe stata la sua centesima carta da collezione».
A scuola hanno raccontato tante cose bellissime di lui… «Sì, era proprio bravo, mio figlio. Pensi che si era segnato sul calendario la data del martedì successivo, il 2 dicembre, perché quello era il giorno del colloquio dei genitori con le maestre. E lui si era messo a studiare di brutto, perché ci teneva a fare bella figura davanti alla mamma…». Davide Stival ora è un ragazzo impietrito, bianco in volto, come se il suo sangue avesse smesso per sempre di circolare. È un papà distrutto, ma anche incredulo, disorientato, perché gli hanno detto che è stata sua moglie a uccidere con malvagità assoluta il loro figlioletto di otto anni. Così ha accettato l’incontro nello studio dell’avvocato Daniele Scrofani Cancellieri, a Vittoria, accompagnato da suo padre Andrea, perché vuole dire a tutti quello che pensa.
L’ha ucciso Veronica, suo figlio, signor Stival? «Non lo so. Io devo credere a quello che mi dicono gli inquirenti. Se non credessi a questo sarei già andato in carcere a trovarla. Però è come se stessimo parlando di un’altra persona, è questa la verità. Perché Lorys, noi due, l’abbiamo voluto con tutte le nostre forze, non è vero che nacque per caso, anzi decidemmo di metterlo al mondo proprio per andare a vivere insieme definitivamente e poiché lei era minorenne, all’epoca, andammo perfino davanti al giudice dei minori, a Catania, a cercare la garanzia che poi non ce lo togliessero, che non venisse affidato ai nonni, ma restasse con noi. E l’ottenemmo». I veleni di questa storia, le chiacchiere di Santa Croce Camerina, i sussurri sui presunti tradimenti di sua moglie, addirittura della sua pazzia: Veronica le aveva mai parlato dei suoi problemi psichiatrici, dei due tentativi di suicidio? «No. Solo una volta mi disse che da piccola i suoi volevano portarla dallo psicologo ma lei si rifiutò. Per il resto, però, in questi dieci anni di vita assieme, mai una stranezza. E guai assolutamente a chi le toccava Lorys. Se capitava che io lo rimproverassi, che accennassi soltanto a dargli uno schiaffo, lei prendeva subito le sue difese. Era il cocco di mamma: dopo il telefonino, gli regalò anche tablet e io le dicevo: Veronica, ma Lorys ha bisogno anche del tablet a 8 anni? Eppoi era bravissima in casa: a noi tutti, a me e ai due bambini, non ci ha mai fatto mancare niente. Si occupava lei di tutto, pagava le bollette, le stanze sempre in ordine, i bimbi a scuola sempre pu- litissimi, la spesa fatta, il pran- zo pronto. Aveva imparato a cucinare da mia nonna Lucia. E se qualche sera si usciva con gli amici, per mangiarci una pizza, Lorys e Diego venivano sempre con noi. Per lei i figli erano in cima a tutto. Sempre».
Con lei, signor Davide c’erano problemi? «No, anzi, dopo anni di sacrifici con il mio camion su e giù per l’Italia e anche all’estero, lei mi diceva che adesso, a gennaio, finite di pagare le rate della macchina, avrei potuto cercarmi un lavoro qui, in Sici- lia, per stare più insieme tutti noi. Eravamo una coppia unita. Una famiglia unita…».
Il suo sguardo si perde. Per non sprofondare nell’abisso, Davide pensa a Lorys e si aggrappa ai ricordi, ma il magone è grande: «Gli avevo comprato un go-kart, ha fatto in tempo solo a farci un giro. Ora ci parlo sempre, lui comunque è ancora qui con me». Ma cosa ha capito realmente vedendo in Procura le immagini delle telecamere? «Di sicuro quella che si vede è la macchina di mia moglie, ma il resto sono ombre di difficile interpretazione. Sagome compatibili, ma non più di questo. Lorys s’intuisce che rientri a casa, quella mattina.
Ma non si vede chiaramente che è lui». E a proposito delle fascette, la presunta arma del delitto, le viene in mente qualcosa? «Lorys ci giocava con le fascette, con una mi ricordo che un giorno legò un serpente di peluche sopra la culla di Diego che proprio oggi (ieri, ndr) ha compiuto tre anni. Veronica invece non l’ho mai vista usarle».
A Diego che cosa dite? «Che Lorys è in cielo perché ha preso l’aereo e la mamma invece si trova in ospedale». Si avvicina il giorno dei funerali… «N o n s a p p i a m o a n c o r a quando sarà. Vorremmo chiedere però a tutti i giornalisti e a tutte le televisioni di rispettare il nostro dolore e non entrare in chiesa. Per favore, lasciateci soli. In questi giorni siamo stati assediati, telecamere puntate addosso come mitragliatrici, io mi sono rotto anche un braccio (mostra il sinistro ingessato, ndr) per correre appresso a qualche troupe».
Vuole dire qualcosa a sua moglie che è in carcere? «Preferisco di no». Vuole dire qualcosa a chi le ha fatto questo? Silenzio lunghissimo. Occhi che si riempiono di lacrime. Un dolore composto, dignitoso, acutissimo. «Non voglio dire niente». Davide si alza, saluta e va via.