Il Sole 24 Ore, 16 dicembre 2014
Il debito pubblico sale di 23,5 miliardi in più che portano il volume a 2.157,5 miliardi: sulla partita del Colle, uno scenario di commissariamento dell’Europa
Il debito pubblico risale, segnalava ieri Bankitalia, e di «rischio» Italia parlava la lettera che Pierre Moscovici ha spedito al Parlamento. Questo è il reale campo di battaglia per il Quirinale e un tilt politico consoliderebbe lo scenario di un commissariamento europeo.
L’incontro a Palazzo Chigi tra Matteo Renzi e Romano Prodi per il momento va letto in chiave tattica. Il premier sa che non può snobbare uno dei candidati più forti per il Colle, con un peso nella storia del centro-sinistra, con un seguito in una parte del Pd e dei 5 Stelle e, dunque, deve aprire un canale di dialogo con lui. Probabilmente hanno anche ragionato di numeri in Parlamento o di scenari alternativi al Quirinale ma il passaggio è stato più obbligato per Renzi che conclusivo per Prodi. Ed è una risposta anche a Berlusconi e a un patto del Nazareno inclusivo del nome per il Quirinale: con il colloquio di ieri Renzi rivendica a sè e al partito di maggioranza la responsabilità della scelta sul capo dello Stato. E detta le condizioni a Forza Italia. Ma questa è la prima scena di una lunga serie che andrà avanti fino ai primi giorni di febbraio quando si comincerà operativamente a votare.
Un mese per la politica è un tempo lungo e di incontri come quello di ieri ce ne saranno altri. Un modo per il premier di sondare l’effetto di alcuni nomi tra politici e media, di studiare i posizionamenti delle correnti, di dimostrare apertura sulle candidature e non uno schema chiuso che va solo verso un presidente renziano. Oggi Giorgio Napolitano farà l’ultimo saluto alle alte cariche dello Stato, le dimissioni sono attese verso la metà di gennaio e dopo 15 giorni cominceranno le votazioni più temute da Renzi. E rischiose per l’assetto finanziario italiano.
Sì perché se la politica è mutevole, il quadro economico è stabilmente negativo. E in questo contesto – che realisticamente non cambierà a gennaio – si combatterà la battaglia per il Colle. Il dato di ieri di Bankitalia segnalava un altro aumento del debito: in ottobre di 23,5 miliardi in più che portano il volume a 2.157,5 miliardi. E sempre ieri, secondo la procedura europea, il commissario Ue Moscovici ha mandato una lettera al presidente della Camera in cui parla di «rischio dell’Italia di non rispettare il patto di stabilità». Niente di nuovo ma è come un “memo”: ci ricorda che i conti con l’Europa non sono chiusi.
Questa è l’arena vera per l’Italia e un eventuale cortocircuito politico-istituzionale sull’elezione del capo dello Stato rafforzerebbe uno scenario di commissariamento dell’Europa. Non riuscire a eleggere un presidente della Repubblica o la crisi del Governo per effetto della stessa elezione, manderebbe in tilt anche la finanza pubblica. Un effetto domino che ambienti finanziari considerano inevitabile soprattutto a fronte di un debito sempre più alto e sempre meno sostenibile.
E non è un caso che Palazzo Chigi abbia fatto sapere che molta parte del colloquio tra Renzi e Prodi sia stato dedicato all’Europa e all’economia. L’elezione del capo dello Stato cadrà in un momento delicatissimo per l’euro. Saranno le settimane della decisione della Bce di Draghi sul Qe, si avvicineranno le elezioni in Spagna mentre sulla Grecia la prospettiva delle elezioni anticipate si aprirà solo alla fine del mese, se non riusciranno a eleggere il capo dello Stato alla terza votazione. Guarda caso un’altra volta i fatti ci accostano ad Atene. Scadenze politiche identiche – il presidente della Repubblica – e stessi scenari possibili, come il voto anticipato. Il punto è che l’Italia ha un rischio potenziale sulla tenuta dell’euro molto più alto della Grecia e il commissariamento sarà l’unica via d’uscita per tenerlo in piedi.