La Gazzetta dello Sport, 16 dicembre 2014
Chi mai s’interesserebbe di una follia commessa a ventimila chilometri di distanza se non ci fosse di mezzo l’Islam?• Chi? Ma nessuno, scusi
Chi mai s’interesserebbe di una follia commessa a ventimila chilometri di distanza se non ci fosse di mezzo l’Islam?
• Chi?
Ma nessuno, scusi. Invece c’è di mezzo l’Islam, l’Isis, l’Iran, il terrorismo, le teste tagliate e tutto il resto. Quindi, la lontanissima Sidney ha improvvisamente occupato i tg fin dal primo mattino e impegnato poi le nostre televisioni e i nostri siti per tutta la giornata, e stamattina campeggia di sicuro nei grossi titoli di prima pagina dei quotidiani, col contorno di commenti e analisi sulla capacità dello pseudocaliffo di allagare l’intero pianeta col suo messaggio di morte. Avrà capito che sto parlando del terrorista iraniano che alle nostre 2.15 del mattino (le quattro del pomeriggio laggiù) è piombato nella cioccolateria Lindt in Martin Place, ha sequestrato una cinquantina di avventori e ha tenuto in ostaggio il locale, la città, il Paese e il mondo per sedici ore. Alla sedicesima ora – è la versione della polizia locale – s’è sentita un’esplosione all’interno e allora le teste di cuoio hanno fatto irruzione, sparando. Il bilancio è di due morti, tra cui il terrorista, e di due feriti molto seriamente. Quanto sia da imputarsi al sequestratore e quanto al blitz delle forze speciali è ancora tutto da capire.
• Chi è il terrorista?
Si chiama Man Haron Monis, viene definito «religioso radicale», è iraniano, ha una cinquantina d’anni. Era arrivato in Australia nel 1996, aveva chiesto asilo politico, si era autodefinito “sceicco”. Sto riassumento – lei lo sa già – quello che raccontano in questo momento le agenzie. Nell’ultimo periodo, s’era mobilitato contro l’intervento australiano in Afghanistan al fianco degli americani: aveva spedito decine di lettere offensive ai familiari dei soldati uccisi. Per questo era stato condannato a 300 ore di servizi sociali. Aveva fatto il santone e, come tanti santoni, violentava le donne, una lo aveva demnunciato nel 2002 e dopo s’erano fatte vive, con altrettante denunce, un’altra quarantina di ex adepte. A febbraio ci sarebbe stato il processo, Monis girava a piede libero perché aveva pagato una cauzione. Infine: l’anno scorso era stato accusato d’aver ammazzato la sua ex moglie, Noleen Pal. Gli avrebbe dato una mano la moglie attuale, Amirah Dorudis. Delitto piuttosto efferato: una serie di coltellate, seguite dall’incendio del condominio dove abitava la vittima.
• Ma forse, più che un religioso radicale, un criminale vero e proprio, no? Com’è andata questa sua ultima impresa?
È entrato nella cioccolateria – Martin Place è nel cuore della città, vicino all’Opera House e alla Banca Centrale - ha preso in ostaggio gli avventori, ha appeso sulla vetrina una bandiera nera con una scritta bianca in arabo. Voleva incontrare il premier Tony Abbot («lui sa bene perché sono qui»), voleva una bandiera dell’Isis, ha tentato di parlare con due radio e due tv locali, che ha fatto chiamare dai suoi ostaggi. A Channel 10 gli ostaggi hanno riferito che Monis aveva piazzato due bombe. Nonostante questo né le due radio né le due televisioni gli hanno ceduto i microfoni. La polizia intanto chiudeva Martin Place e tutta la zona circostante compresa la Banca Centrale. L’Opera House è stata evacuata, parecchi voli diretti a Sidney sono stati deviati su altre città. Il premier ha riunito il Comitato per la sicurezza nazionale e ha poi detto ai giornalisti: «Non si sa se dietro ci sia una motivazione politica. In ogni caso l’Australia è una società pacifica, aperta e generosa. E niente la cambierà mai». Dopo qualche ora cinque ostaggi, tra cui il barista del locale, sono riusciti a scappare da una porta sul retro. È successo anche che alcuni turisti si siano messi davanti alla cioccolateria a scattarsi selfie, operazione piuttosto cretina.
• È solo un pazzo che s’è evegliato male o c’è qualcosa di più?
Potrebbe esserci qualcosa di più. Lo scorso settembre in una retata con 800 poliziotti condotta a Sidney e a Brisbane vennero catturati 15 jihadisti seguaci dello pseudocaliffo, i quali – la nostra fonte è sempre la polizia – avevano progettato di rapire a casaccio cittadini australiani, avvolgerli in una bandiera dell’Isis e decapitarli. Il video dell’esecuzione sarebbe poi stato diffuso per «seminare il panico nel Paese». In Iraq e Siria i jihadisti con passaporto australiano dovrebbero essere una sessantina. C’è anche stato un australiano-kamikaze, Abu Asma detto Al Australi, che s’è fatto saltare in aria alla guida di un’auto lanciata contro una scuola di Deir al-Zor in Siria.
• Ci sono molti musulmani in Australia?
Non pochi. Sono musulmani il 2,2 % degli immigrati. L’Australia è una terra promessa per tutto l’Oriente, ci sono barconi, ci sono morti, quasi come da noi. Loro guardano con molto interesse a quello che facciamo qui in Italia e, non si stupisca, ci ammirano. Però il loro pil quest’anno crescerà del 3,2 per cento, ricavano gas dal fracking come gli americani e nel 2018 supereranno, per volume di produzione, l’attuale primatista Qatar. Sono ricchi e attirano migliaia di poveri. Al punto che il premier Tony Abbot ha adottato adesso una soluzione-scandalo: cede i rifugiati alla Cambogia pagando 35 milioni di dollari in quattro anni. L’accordo è stato siglato alla fine dello scorso settembre.