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 2014  dicembre 13 Sabato calendario

Quanti lavoratori hanno scioperato ieri? Quanti sono scesi in piazza? A queste domande rispondono quasi solo i sindacati con le loro cifre, naturalmente trionfanti

Quanti lavoratori hanno scioperato ieri? Quanti sono scesi in piazza? A queste domande rispondono quasi solo i sindacati con le loro cifre, naturalmente trionfanti.

• Di quali cifre e di quali percentuali si tratta?
Secondo quanto comunica la Cgil, hanno aderito allo sciopero indetto da Cgil, Uil e Ugl il 60% dei lavoratori. Non c’era la Cisl, che pur non condividendo il Jobs Act e il resto, ha giudicato lo sciopero generale uno sbaglio. I tre sindacati hanno scelto lo slogan «Così non va» e hanno proclamato l’astensione dal lavoro per chiedere al governo di cambiare le sue politiche economiche, cioè il Jobs Act, la legge di stabilità e il provvedimento sulla Pubblica amministrazione (contratti ancora bloccati). Non c’è ancora un dato scorporato per categorie, quindi non sappiamo se ha incrociato le braccia, per esempio, un numero significativo di statali. Alle 54 manifestazioni indette in altrettante piazze italiane hanno partecipato circa 70 mila persone. Tolti i grossi concentramenti di Torino, Milano, Roma e Genova nelle altre città hanno protestato poche centinaia di cittadini. Ovunque presenza significativa di centri sociali e di qualche studente. Lo sciopero, per essere considerato generale, ha segnato tuttavia dei buchi significativi. Il mondo dell’informazione (giornali, radio, televisione) non se n’è quasi accorto. Il Paese, in altri termini, non è stato paralizzato.

• Però nelle città il disagio è stato notevole.
Il sindacato dice che si è fermato l’80% degli autobus e il 50% di treni e aerei. Ci sono stati incidenti a Torino, Milano e Roma, secondo il solito schema: gruppetti più esagitati hanno cercato di forzare i presidi degli agenti, sono stati tirati uova, pomodori, sassi, bastoni e quant’altro, la polizia ha caricato e manganellato, alla fine risultano nove fermati a Torino e undici agenti contusi a Milano. Ci sono state cariche e incidenti anche a Roma. A Milano, una ventina di antagonisti ha assaltato il palazzo della regione in costume da Babbo Natale. La polizia ha sparato cinque lacrimogeni. Ha passato cinque minuti antipatici anche D’Alema a Bari (stava lì per un convegno organizzato dalla sua Fondazione Italiaeuropei). I manifestanti lo hanno riconosciuto e gli hanno tirato addosso fango, insultandolo. D’Alema, scappato in albergo, ha commentato che la gente non ne può più dei politici.

• D’Alema non è nemico di Renzi?
Sono sottigliezze che al popolo esasperato sfuggono. D’Alema è un potente assai noto, e come tale viene trattato. Per il resto, sì: D’Alema sta dalla parte dei sindacati contro Renzi e ha un ruolo guida nello scontro col premier. Lui e la Bindi hanno manovrato per mandar sotto il governo l’altro giorno e sarà contro di loro che domani in Direzione il segretario del partito sembra intenzionato ad allestire una specie di resa dei conti. Il clima dentro il Pd è tale che molti osservatori ritengono molto probabile il voto anticipato a maggio. Prima però ci saranno le dimissioni di Napolitano e l’elezione del nuovo presidente. Sono guai.

• Che cosa hanno detto i sindacalisti dal palco?
La Camusso ha parlato a Torino: «Forse per Renzi lo Statuto dei lavoratori è vecchio perché ha 40 anni. Non vorremmo sentirgli dire che anche la Costituzione è vecchia perché ne ha 70». Non si cambia e non si esce dalla crisi andando contro il mondo del lavoro: «Vorrei che le promesse diventassero realtà, fateci vedere cosa state scrivendo nei decreti attuativi della riforma del lavoro. Se il messaggio di Renzi è “tiriamo dritto” sappia che sappiamo tirare dritto anche noi». Barbagallo, capo della Uil: «Oggi fermiamo l’Italia per farla ripartire nella direzione giusta. Ci sono ancora margini per rimediare; i decreti attuativi del Jobs Act devono essere ancora emanati e la legge di stabilità ancora approvata. Se si metterà mano ai 150 miliardi di evasione fiscale, ai 27 di costi della politica e alla riforma fiscale si potrà rilanciare l’economia». Landini, capo della Fiom (metalmeccanici Cgil) ha parlato a Genova: «La lotta continuerà. Non ci fermiamo, Renzi può mettere tutte le fiducie che vuole. Quando la logica è che il lavoro lo puoi scambiare con i soldi, allora diventa una merce. Ma se a uno abituato a pensare che tutto si può comprare o vendere, qualcuno dice “a me non mi comperi perché non sono in vendita”, il gioco cambia. Se Renzi vuole unire il Paese, tolga dal tavolo l’articolo 18».

• In definitiva che cosa vogliono?
Avere una parte, essere convocati, poter dire di aver determinato questa o quella scelta. Barbagallo lo ha detto chiaramente: «Mettiamo in atto una nuova resistenza contro chi pensa di poter fare a meno dei sindacati: siamo quelli che facciamo andare avanti il Paese».