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 2014  dicembre 15 Lunedì calendario

Conrad, ancora tu. Ripubblicata la biografia di Max Ford che racconta la figura, le opere, la vita da esule, le sofferenze di uno dei più importanti scrittori moderni in lingua inglese. Dai suoi libri film come “Lord Jim” e “Apocalypse Now”

Si erano conosciuti nell’autunno 1898 e l’incontro avrebbe prodotto una curiosa collaborazione fra scrittori. Il più giovane dei due, facendo testamento, indicò il più vecchio come suo «esecutore letterario». Ma il più vecchio morì prima, e il più giovane – Ford Madox Ford – ne scrisse una folgorante biografia. Castelvecchi la riporta in libreria, Conrad (trad. di Maria Clara Faccini, 190 pagine, 17,50 euro), ed è un incanto. In barba a chi crede che di un autore contano solo le opere, Ford mette subito le mani avanti: «Se la vita di uno scrittore poteva avere interesse al di là del puro scrivere al quale si era dedicato, questa vita avrebbe potuto ben essere il soggetto di una monografia». Ford la scrive dandole il confine di «ricordo personale»: l’amico e maestro era appena scomparso, era il 1924, novant’anni fa. Ma Ford non descrive la morte, né gli ultimi giorni del grande scrittore (a cui invece l’inglese David Miller ha dedicato un suggestivo romanzo, L’ultimo giorno di Joseph Conrad). Preferisce cogliere il senso e il filo di una vita «terribile e molto tormentata»: «Pochi uomini possono aver sofferto così tanto» scrive Ford, ma mette l’accento sulla incredibile capacità di recupero, sulla capacità di rialzarsi e di sfidare il fato. Non è forse questo anche il tratto distintivo di molte sue narrazioni? Il duello fra l’uomo e il destino, la resistenza alle avversità. Nascere è cadere in mare, no? E perciò Conrad era un maestoso nuotatore nelle avversità della vita – così ce lo racconta Ford – tenebroso, cavalleresco, con occhi «nei quali la luce era come il bagliore di un vulcano». Soffrire è la condanna dell’uomo, sì, «ma non la sconfitta».
CAPITANO
Ecco che il signor Conrad, nato Korzeniovski, diventa nella biografia di Ford quasi un personaggio alla Conrad, un capitano esigente e ambizioso, ostinato e in cerca di gloria. «Conrad era Conrad perché era i suoi libri. Non era che lui facesse letteratura: lui era la letteratura» azzarda l’amico, mentre si appresta a narrare le gesta di un «avventuriero-gentiluomo elisabettiano». Uno che diceva di aver passato la vita a trasportare carichi di zafferano, che usava gli avverbi inglesi in modo eccentrico e gesticolava. «Basso di statura, robusto di spalle e dalle braccia lunghe», col pizzo ben curato, scaltro e mentitore il giusto, non più del necessario. Anche quel po’ che serve ad arricchire una biografia a uso dei posteri. Ma i fatti veri sono già di per sé straordinari, dacché nasce esule (il padre attivista fu arrestato dalla polizia zarista e portato in Siberia), ha un’educazione da gentiluomo di campagna, si sposta in Francia al seguito dello zio, entra nella marina francese e inaugura una giovinezza di viaggi, debiti, azzardi, da marinaio bohémien.
IL MARE
Ma Ford si sottrae al racconto dettagliato della vita di Conrad in mare: per eccesso di coinvolgimento, l’autore «non saprebbe distinguere chiaramente nella versione di una storia in parte autobiografica come Cuore di tenebra» quale fosse la parte vera e quale «quella che Conrad raccontava per il piacere degli ascoltatori occasionali». Così, si sofferma su come il «capitano efficiente, ma persino nevrotico per quanto riguardava i dettagli» che era il signor Joseph in mare divenne il Conrad scrittore. Altrettanto efficiente, altrettanto nevrotico. Un uomo e narratore di mare che odiava il mare: curiosa parabola di un essere umano coraggioso a bordo e sulla pagina. Aveva in testa la lingua polacca, la lingua francese e scriveva in inglese. Scegliendo le parole con cura maniacale, impazzendo su ogni singola frase, rileggendola più volte «per sentire come suonava».
COMPENDIO
D’altra parte – insiste Ford – l’arte consiste nella selettività, sulla capacità di un autore di scegliere ciò che conta davvero. La terza parte del libro diventa così un piccolo compendio da scuola di scrittura per interposta persona: «Eravamo soliti dire che la prima lezione che un autore deve imparare è quella dell’umiltà. Beati gli umili perché non finiscono mai fra i piedi del lettore». Ford, a dire il vero, ci finisce, ma – più che una biografia di Conrad – il suo è appunto un ritratto personale, un ricordo mosso e in soggettiva. In grado di restituirci i tre o quattro Joseph che convivevano in Conrad: il malinconico aristocratico, l’uomo dalla personalità «oscura, raffinata e tiranna», ma anche il compagno di passeggiate per le vie di Londra, che al suo fianco «diventava estremamente più viva». Ti indicava lui cosa guardare – la facciata di un palazzo, il cappello di un vetturino, la gonna di una ragazza, un albero – e capivi che uno scrittore non fa che questo. Indicarti cosa guardare, e come.