Corriere della Sera, 15 dicembre 2014
«Il Giappone sta cambiando. Siamo davanti a un fenomeno che ci avvicina all’Italia. I politici, un tempo punti di riferimento indiscutibili, sono sempre più ignorati se non addirittura disprezzati dall’opinione pubblica. L’idea è che ormai la società possa farcela da sola». Parla Junji Tsuchiya, sociologo dell’Università Waseda di Tokyo
«Il Giappone sta cambiando, è come se si trovasse in mezzo a una nuova rivoluzione. Solo che, a differenza dal passato, quando ci siamo imposti una modernizzazione a tappe forzate per raggiungere l’Occidente, ora le novità sono tutte domestiche: tecnologia e mercato non hanno bisogno della politica e stanno modificando la faccia del Paese». Junji Tsuchiya, sociologo dell’Università Waseda di Tokyo, risponde a urne ormai chiuse da ore, tra una riunione e l’altra dedicate, a notte fonda, a spiegare ai «politici» l’atteggiamento degli elettori che hanno sì premiato nuovamente Abe, ma hanno anche disertato in massa le urne.
Siamo davvero di fronte a una nuova alba per il Sol Levante?
«Direi che siamo davanti a un fenomeno che ci avvicina all’Italia, all’Europa, anche se con modalità e in un contesto differenti. I politici, un tempo punti di riferimento indiscutibili, sono sempre più ignorati se non addirittura disprezzati dall’opinione pubblica. L’idea è che ormai la società possa farcela da sola. Imprenditori, tecnici, scienziati: sono loro la nuova linfa vitale del Giappone. Da loro vengono idee e mode che stanno trasformando il volto del Paese».
I giovani hanno un ruolo? O a loro spetta sempre la seconda fila, come da tradizione orientale?
«La tecnologia, l’informatica, Internet hanno confuso le gerarchie, anche se c’è chi prova a frenare questa rivoluzione. Ma le generazioni più giovani vogliono dettare il passo dei mutamenti. Non vanno a votare perché credono nella democrazia “diretta” – fenomeno ben noto in Italia, una novità per noi – e disprezzano la rappresentatività indiretta, fonte, a loro dire, di ogni malfunzionamento della società».