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 2014  dicembre 15 Lunedì calendario

«Lessi in Aula la tragica lettera che mai potrò dimenticare». Giorgio Napolitano ricorda il suicidio di Moroni del 1992 e quello che fece per «non farlo cadere nel vuoto»

Gentile direttore,
Ernesto Galli della Loggia ieri nel suo editoriale «All’origine dell’antipolitica» ha rievocato la tragica vicenda del suicidio del deputato socialista Sergio Moroni e della lettera con cui egli mi comunicò e motivò – il 3 settembre 1992 – il suo terribile gesto.
In quella lettera egli denunciò «un clima da pogrom nei confronti della classe politica». Quel momento non si è mai cancellato dalla mia memoria: ne scrissi nel breve libro sui miei due anni di presidenza della Camera (Dove va la Repubblica, ripubblicato da Rcs Libri nel 2006), in cui riprodussi integralmente il testo della lettera di Moroni, e vi diedi ampio spazio nella mia «autobiografia politica» del 2005. Lì scrissi: «fu il momento umanamente e moralmente più angoscioso che vissi da Presidente della Camera».
Galli della Loggia sostiene che le parole di Moroni «caddero nel vuoto (…) non furono ritenute degne della benché minima discussione parlamentare». Ma non dice, forse perché non ricorda, che io «resi pubblica quella lettera, indirizzata personalmente a me e nella prima seduta che dopo quel giorno si tenne, la lessi in Aula commentandola con brevi, difficili parole». Non avrei potuto aprire una discussione in Assemblea, ho anche dopo continuato a chiedermi se avrei potuto dire o fare qualcosa di più, ma onestà vuole che non si ignori – con memoria incompleta o non obbiettiva – il modo in cui comunque io personalmente non lasciai «cadere nel vuoto» quella tragica lettera.

Giorgio Napolitano

Non ho ricordato nel mio editoriale che il presidente Napolitano diede lettura all’Aula della missiva inviatagli dall’onorevole Moroni in punto di morte perché mi sembrava che davvero nessuno potesse pensare che non l’avesse fatto.
Ernesto Galli della Loggia