la Repubblica, 12 dicembre 2014
Sulle torture la Cia ci difende: «È vero, ci sono stati atti ripugnanti ma il rapporto manipola i fatti». Il direttore Brennan: «Abbiamo reagito allo shock dell’11/9». Cheney: «Bush sapeva tutto delle tecniche di interrogatorio»
Abbiamo servito l’America. Abbiamo reagito allo shock dell’11 settembre, per evitare che potesse ripetersi. Non abbiamo mentito né al presidente né al Congresso. A muso duro, la Cia si difende. Il suo direttore John Brennan convoca una conferenza stampa appena 48 ore dopo il rapporto del Senato sulla tortura. Brennan concede poco alle accuse, contrattacca, si trincera dietro il fatto che «quel rapporto è stato firmato da un solo partito». E non importa che sia il partito democratico, del presidente Barack Obama. Contro i senatori democratici Brennan non è leggero: parla di «manipolazione dei fatti, operata per servire un’agenda politica».
La performance di Brennan è quasi arrogante, quando si appoggia esplicitamente ai repubblicani (che non hanno sottoscritto le conclusioni della commissione Feinstein) si mette ai limiti dell’insubordinazione verso il presidente che lo ha nominato. È la conferma che quel rapporto del Senato ha rinnovato le tensioni tra i servizi segreti e la Casa Bianca a cui devono obbedire. Obama ha usato i lavori della commissione Feinstein per ribadire la sua condanna politica e morale della tortura: la Cia ribatte che è «impossibile sapere» se gli stessi risultati nella lotta al terrorismo (un’allusione all’uccisione di Bin Laden e agli attentati sventati) sarebbero stati raggiunti con altri «metodi d’interrogazione dei prigionieri».
Pur ammettendo di avere «commesso errori», Brennan sostiene che «la Cia ha fatto un sacco di cose giuste per mantenere gli Stati Uniti forti e sicuri». Apre la sua conferenza stampa con un ricordo dell’11 settembre, secondo lui l’unico contesto giusto per capire i metodi usati nella lotta al terrorismo. Quando evoca «atti ripugnanti», Brennan li circoscrive a «qualche agente». Il suo attacco più diretto verso il Senato, è sulla questione delle menzogne: «No, non abbiamo ingannato né il presidente, né il Congresso, né la stampa». Accusa la commissione d’inchiesta di «non avere mai ascoltato la stessa Cia». Sono affermazioni a loro volta controverse: la senatrice Dianne Feinstein e i suoi colleghi hanno setacciato migliaia di documenti interni alla Cia. E nelle 6mila pagine del rapporto (di cui solo un decimo rese pubbliche) ci sono le prove che l’estensione e la brutalità delle torture era stata minimizzata. C’è nelle parole di Brennan qualche autocritica, soprattutto quando arrivano le domande e risposte coi giornalisti. Incalzato dai cronisti, ammette che «qualche sostanza c’è nel rapporto». Spiega che «la Cia arrivò impreparata all’11 settembre e anche alle missioni che ne seguirono». Gli interrogatori reprensibili erano quindi degli errori spiegabili con l’improvvisazione, la pressione esterna, la paura di un altro 11 settembre. La sua conclusione: «Il ruolo della Cia è altrettanto importante oggi di quanto lo era prima della pubblicazione di quel rapporto, e lo sarà altrettanto domani». In quanto all’impatto del rapporto parlamentare sul morale dei suoi, Brennan descrive gli agenti dei servizi «provati dalle disinformazioni».
Immediate e altrettanto dure sono le reazioni dei democratici. Il capo della Cia sta ancora parlando, quando arriva la prima condanna dal senatore Mark Udall, democratico del Colorado: «La risposta ufficiale della Cia si aggrappa ad una narrazione falsa. Il suo tono arrogante e sprezzante riflette l’atteggiamento della Cia nei confronti della vigilanza parlamentare, e il fatto che la Casa Bianca ha lasciato che la Cia facesse quel che voleva, anche quando le sue azioni danneggiavano attivamente le politiche del presidente».
Un appoggio totale alla Cia viene invece dall’ex vice di George Bush, Dick Cheney. «In quel rapporto c’è un sacco di spazzatura – dice Cheney alla Fox News – e gli uomini della Cia meritano elogi, non le condanne dei democratici. Non nascosero nulla: Bush sapeva quali tecniche d’interrogatorio usavano. Eravamo al corrente, ne avevamo discusso».