il Fatto Quotidiano, 12 dicembre 2014
«Un banditore di smisurate speranze arrivato alla guida del governo senza alcun ben determinato retroterra». Così ormai Napolitano vede Renzi. Tra i due è calato il gelo nelle ultime settimane. Il Capo dello Stato ha timori per l’elezione del suo successore e per i rapporti dell’Italia con l’Ue
Giorgio Napolitano e Matteo Renzi sono ormai alla coabitazione forzata, da separati in casa. La conferma è arrivata l’altra sera in un passaggio clamoroso del discorso che il capo dello Stato ha svolto alla Accademia dei Lincei, a Roma, quello sull’antipolitica grillina e leghista come «patologia eversiva», tanto per intenderci. Un passaggio completamente ignorato da stampa e agenzie (con pochissime eccezioni, tra cui l’Huffington Post) e che ritaglia l’identikit attuale del presidente del Consiglio, secondo le allusioni del Quirinale: «Un banditore di smisurate speranze» arrivato alla guida del governo «senza alcun ben determinato retroterra».
Parole durissime, di grande disincanto e forte delusione verso il “giovane” premier, che il politologo Gianfranco Pasquino, presente alla prolusione di Napolitano di mercoledì scorso, ha riassunto in questo modo: «Il presidente ha preso le distanze da Renzi da un mese e mezzo, in maniera sottile ma evidente». Il riferimento temporale di Pasquino è ben preciso. Ossia l’inizio di novembre, quando Repubblica e Fatto danno conto della «stanchezza» di Napolitano e della decisione irrevocabile di andarsene nel primo mese del 2015. Dalle colonne del quotidiano di Ezio Mauro, con il timbro di Stefano Folli, la scelta del capo dello Stato viene tratteggiata in senso minaccioso verso lo stesso Renzi. Per due motivi. Il primo: «Piuttosto che sciogliere le Camere e darti le elezioni anticipato mi dimetto prima». Il secondo: «Me ne vado anche se tu mi hai chiesto e continui a chiedermi di rimanere fino alla primavera».
Adesso, però, in questa fase, quel «banditore di smisurate speranze» contiene soprattutto la stizza di Napolitano per un’altra, cruciale partita. Quella della sua successione. Ed è per questo che ieri dal Colle non è giunta alcuna smentita sul destinatario di quell’affermazione. Anzi. Ambienti del Quirinale precisano, in modo perfido, che più che un attacco si tratta di un invito a Renzi a salvarsi da se stesso e dall’improvvisazione che sembra guidare la sua azione di governo. È la vicenda del metodo Quartapelle, dal nome della deputata trentenne del Pd che Renzi voleva incasellare alla Farnesina al posto della Mogherini. Di qui l’ampio riferimento ai giovani senza un ben determinato retroterra, sempre nell’intervento ai Lincei.
Raccontano che Napolitano rimase letteralmente scioccato dalla proposta, una cosa mai vista nella sua lunga parabola istituzionale e politica e fu necessaria una trattativa di alcuni giorni per trovare un compromesso sul nome di Paolo Gentiloni, attuale ministro degli Esteri. Ecco, il capo dello Stato è terrorizzato dal metodo Quartapelle applicato all’elezione del prossimo presidente della Repubblica, che Renzi vorrebbe “accomodante” per non farsi oscurare. In pratica, la distanza di questo dicembre tra Napolitano e Renzi si misura sul futuro inquilino del Quirinale. Anche perché le avvisaglie del tormentone dei nomi circolati va nella direzione temuta da Re Giorgio, quello del metodo Quartapelle. Sia nella versione musical-architettonica (Riccardo Muti e Renzo Piano), sia in quella giovane, ritenuta debole e senza autorevolezza ( Roberta Pinotti e Raffaele Cantone). Al contrario, Napolitano vorrebbe pilotare la sua successione ma sa che il suo candidato prediletto, Giuliano Amato, piace a Silvio Berlusconi ma non a Renzi.
Come poi è emerso chiaramente dall’appuntamento di ieri a Torino tra Napolitano e il presidente della Repubblica tedesca, Joachim Gauck, la preoccupazione del Colle è quella di evitare “polemiche unilaterali e contrapposizioni paralizzanti” tra Roma e Berlino. Anche in questo la critica a Renzi è fin troppo evidente. Non solo. C’è una grave ragione che obbliga Napolitano, dal suo punto di vista, a seguire con attenzione la partita dei grandi elettori del capo dello Stato. Il presidente della Repubblica, raccontano sempre, è consapevole di come il premier venga percepito dai maggiori attori della scena europea. E l’impressione ricavata, nonostante l’ego smisurato di Renzi, è del tutto negativa. Ecco perché un eventuale ticket Renzi-Pinotti, per fare un esempio, spaventa il Quirinale. Con un premier percepito negativamente (e senza investitura elettorale) e un capo dello Stato non autorevole a chi si rivolgerebbero la Merkel e Draghi, per non dire Obama?
Sinora questo ruolo è stato sempre riconosciuto, a partire dal 2011, a Napolitano, lord protettore di ben due governi scelti da lui (Monti e Letta) e garante obtorto collo dell’ultimo. E il metodo Quartapelle del banditore di smisurate speranze rischia di azzerare questo schema.