la Repubblica, 12 dicembre 2014
Nella stanza del piccolo Loris. Tra i pennarelli, le matite colorate, i disegni, i quaderni, ci sono le forbici grandi e affilate con le quali gli inquirenti sono convinti che siano state tagliate le fascette strette ai polsi e alla gola del bambino
La casa del mistero ora è immobile, gelida e silenziosa. Tutto sembra essersi fermato a quella terribile mattina di sabato 29 novembre quando Loris sarebbe tornato su da solo alle 8.32 invece di salire sulla macchina di Veronica e andare a scuola. Chissà se il suo assassino lo ha sorpreso qui, in quella cameretta linda, colorata e luminosa che divideva con il fratellino che ancora non sa che Loris non c’è più. Le forbici grandi e affilate con le quali gli inquirenti sono convinti che siano state tagliate le fascette strette ai polsi e alla gola di Loris erano sulla piccola scrivania sulla quale il bimbo studiava. Lasciate lì tra i pennarelli, le matite colorate, i disegni, i quaderni, e le altre forbici, quelle colorate, di plastica, con le punte arrotondate, come quelle che tutti i bambini usano a scuola.
Chissà se era felice Loris in quella stanza piena di tutti i protagonisti dei cartoni animati che tanto gli piacevano: a terra il tappeto di Spiderman, sull’armadio di legno il manifesto della potente macchina rossa di Car’s e gli adesivi di Toy story, il film che tanto era piaciuto a Loris che di quella serie aveva voluto comprato anche lo zaino blu e giallo, quello che non si trova più, quello che non si capisce ancora perché e dove è stato fatto sparire. Il letto grande di Loris con il copriletto allegro a grandi righe blu, azzurro, verde, giallo e arancione e accanto quello piccolo del fratellino di quattro anni ancora con le sponde per evitare che potesse cadere durante il sonno.
È una stanza calda che trasuda affetto e calore, piena di peluche ovunque: c’è il grande cuore appeso al pomello dell’armadio, c’è il cuscino a forma di sandwich sul letto di Loris, ci sono orsacchiotti in quello del piccolo e c’è la farfalla rossa sorridente che pende dal soffitto, la lunga teoria di foto alle pareti, la stella azzurra luminosa alla parete, quella che si lascia accesa la notte per non far addormentare i bambini al buio. Sulla parete di fronte, ordinati, tutti i giocattoli dei bambini, il robot, il trenino, i pupazzi. La bicicletta rossa da cross di Loris è accanto al triciclo del fratellino e al monopattino, rossi anche quelli, tutti nella cameretta e non nel garage dove Veronica non andava mai, come conferma anche suo marito.
Quella mattina del sabato, invece, dopo aver lasciato il piccolo alla ludoteca e tornando a casa dove c’era Loris, Veronica ha parcheggiato la macchina in quel garage al quale si accede da una piccola rampa di scale situata proprio di fronte al portoncino di ingresso della palazzina al numero 82 di via Garibaldi dove gli Stival abitano al terzo piano, in un appartamento ampio, luminoso e ben arredato, un grande salone con un divano bianco e i cuscini bianchi e rossi, un tappeto vermiglio sul pavimento di marmo bianco, quadri colorati alle pareti, la cucina nera moderna e attrezzata in open space, le due camere da letto, il ba- gno bianco.
Non c’è ascensore in questa palazzina. Se Loris è stato ucciso in casa, chi lo ha portato via – soprattutto se lo ha fatto da solo – ha corso molti rischi. Ha dovuto scendere tre piani a piedi, probabilmente con il bambino ormai inerme in braccio, come se dormisse, la testa coperta dal cappuccio del giubbotto come poi lo hanno trovato nel canalone. E poi l’ultima rampa, quella che finisce davanti alla porta chedà accesso al garage, non un box nella disponibilità solo degli Stival, un garage condominiale con spazi assegnati: dentro ci sono un’altra utilitaria grigia, un maxiscooter, un piccolo motorino, due biciclette.
Se Veronica – come sostiene la ricostruzione degli inquirenti – è entrata qui dalla porta interna per far sparire il corpo di Loris nella sua auto, o nel bagagliaio o nel sedile posteriore, avrebbe potuto essere sorpresa da qualcuno dei vicini. Qui, però, in questa palazzina dove – come dice chi l’ha costruita – c’è un’acustica tale che se si chiude una porta al primo piano lo si sente su fino al terzo, nessuno ha visto o sentito niente. Non ha sentito la vicina del secondo piano che era in casa in quei maledetti 36 minuti, non ha sentito la famiglia di albanesi che vive sullo stesso pianerottolo degli Stival. Così almeno ha messo a verbale la dirimpettaia di Veronica, la stessa che qualche giorno prima all’edicolante aveva detto invece di aver sentito spesso urla e grida provenire da dietro quella porta: Veronica che urlava con i bambini, i piccoli che piangevano, Davide che rimproverava la moglie per le troppe spese di lei. Possibile che se Loris è stato ucciso qui nessuno abbia visto o sentito niente?