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 2014  dicembre 12 Venerdì calendario

Assieme a due amici, un nipote diciannovenne uccide lo zio quarantottenne disoccupato con una mazza da Baseball. Poi gettano il cadavere in un sacco. «Non ci faceva giocare alla playstation»


Un omicidio senza movente, se non la noia di tre giovani appena maggiorenni, di «tre ragazzi vuoti dentro», come li ha definiti il procuratore, che si sono accaniti contro l’uomo che minacciava la quiete dei loro pomeriggi davanti alla tv o alla play-station. Per questo è stato ucciso, mercoledì 3 dicembre, Fausto Bottura, 48 anni, disoccupato di Magnacavallo, Mantova, massacrato brutalmente a colpi di mazza da baseball dal nipote, Massimo Bottura, 19 anni, e dai suoi amici del cuore, Alessio Magnani, 18 anni, e Armando Esposito, 19. Non una questione di eredità, quindi, come era sembrato subito dopo il ritrovamento del corpo, buttato nel Po dentro due sacchi di plastica domenica scorsa e ritrovato impigliato nelle sterpaglie a Bardelle, a meno di mezz’ora d’auto dal luogo del delitto. «Lo abbiamo fatto – hanno detto i tre in procura – perché ci rompeva le palle, perché si lamentava che stavamo in casa a passare i pomeriggi a giocare davanti alla tv». Così il branco procede a un’esecuzione spietata. Con fiammate di rabbia che lasciano l’uomo prima in fin di vita nel cortile della sua casa, e poi – poche ore dopo – lo riducono a cadavere abbandonato in due sacchi di plastica.
I tre amici avevano trasformato la casa di Fausto Bottura, dove l’uomo viveva con la sorella e i nipoti, nel loro luogo di ritrovo. Secondo la ricostruzione dell’accusa, i tre avrebbero ucciso l’uomo la sera di mercoledì 3, in casa o nel garage in cortile. Massimo, il nipote della vittima, coi suoi due amici Alessio e Armando, era nella casa del pensionato per guardare la tv, giocare con la play-station, discutere su come organizzare la serata. Ma Fausto Bottura viveva con sempre maggiore insofferenza la presenza in casa dei tre ragazzini, lo faceva notare al nipote, e ogni tanto quelle discussioni si trasformavano in liti violente. Quella sera, però, i tre decidono di passare all’azione. Colpiscono l’uomo con una mazza da baseball, poi lo lasciano in fin di vita in cortile. Ritornano in casa, dopo qualche ora tornano fuori e, ancora con la mazza da baseball, lo finiscono. «Un omicidio a tappe – dice il procuratore Condorelli –. Ho avuto l’impressione di tre ragazzi vuoti dentro».
Ora i tre sono accusati di omicidio volontario e occultamento di cadavere, con l’aggravante della premeditazione e della crudeltà. «Abbiamo preso qualcosa di leggero», hanno detto agli investigatori che volevano sapere se avessero assunto droghe. Poi i tre infilano il cadavere in due sacchi, lo caricano sulla Punto della madre di Massimo, lo scaricano lungo l’argine di Bardelle, a una trentina di chilometri dalla casa, e lo gettano nel fiume, dove sarà ritrovato soltanto quattro giorni dopo.