Il Messaggero, 12 dicembre 2014
Con i suoi 300 milioni di utenti Instagram supera Twitter. È la vittoria dell’immagine sulle parole. Nei nuovi media l’uso della fotografia diventa prevalente
Da oggi, trecento milioni di bacheche visive fondono pubblico e privato, parlano quasi esclusivamente attraverso l’immagine fotografica, naturalmente nella sua natura digitale.
Instagram supera Twitter che rimane ferma a circa duecentocinquanta milioni di utenti attivi: si tratta dell’applicazione gratuita che permette ad ognuno di noi di scattare foto, applicare filtri e condividerle in uno spazio social, ma che consente anche di trasferire le stesse negli ambienti di Facebook e Tumblr, Foursquare e Flickr.
L’APPLICAZIONE
L’applicazione sviluppata nel 2010 da Kevin Systrom e Mike Krieger, ed acquisita nell’aprile 2012 da Marck Zuckerberg per un miliardo di dollari, riporta definitivamente la fotografia al centro della scena mediale digitale in un singolare omaggio alla Polaroid perché presenta le immagini esclusivamente in formato quadrato.
Instagram e, insieme ad Instagram, Tumblr e Pinterest, Flickr o Panoramio, spostano l’alfabeto dei media in un territorio che vede emergere un’immagine sensibile. I modelli comunicativi della disseminazione di massa e dell’interazione di Internet si sovrappongono e interagiscono tra loro.
FOTOGRAFIA
La fotografia digitale già convoca gli altri sensi, evocando un territorio ottocentesco precinematografico che sollecitava almeno la tattilità della stereoscopia.
Le immagini del videophone sono consapevolmente artificiali e, a prescindere dalla semplificazione seriale dei filtri Instagram, rendono chiaro un paradigma: l’artificialità della fotografia rimediata, modificabile, alterabile, nel nuovo contesto digitale. Con i social media intanto si aprono nuove traiettorie che recuperano le radici ottocentesche fatte di continuità e rottura, controllo e produttività, opacità e trasparenza, palesemente assieme.
LA PROFEZIA
Se la profezia ottocentesca del medico bostoniano Oliver Wendell Holmes – «la forma divorzia dalla materia» – negli anni Ottanta poteva essere letta come la vittoria di una società dell’immagine dove prevaleva l’apparenza sulla sostanza, la rivincita di Instagram e dell’immagine digitale nei social media annuncia una fotografia che produce una nuova realtà dove l’immagine ha un ruolo attivo. Tesse relazione, costruisce rapporti sociali, gioca le potenzialità della visione in un contesto di capitale sociale.
DIALETTICA
Dove l’immagine vive apertamente la stessa dialettica della realtà, tra controllo e produttività, nascondimento e messa in scena, voyeurismo e pulsioni espositive, tra egemonia dell’immaginario del brand e tattiche soggettive e relazionali dal basso, tra la bellezza pubblicitaria generalista e le infinite diversità della bellezza individuale, tra il Selfie funzionale all’industria e la riscrittura di geografie identitarie molteplici, equivoche, ambigue che rinegoziano la polisemia dell’immagine.
L’OCCHIO
Instagram è anche questo: occhio conscio e inconscio tecnologico, casualità e controllo dell’apparecchio digitale, portato storico della fotografia che oggi deflagra nella serie di dispositivi portatili che moltiplicano le opportunità anche in termini di economia e che sono sempre più spesso connessi direttamente ai social media.
L’ubiquità di quelle immagini che nascono nello smartphone, si elaborano in Instagram e vengono condivise è già densità reale, forma di autonomia promozionale, pubblicitaria, virtuale, determinazione e rielaborazione del reale.
CATALIZZATORE
Non più “sembra” come scrive Shakespeare nell’Amleto, ma “è”.
La fotografia è attiva, una sorta di catalizzatore produttivo che trasforma la nostra vita quotidiana. Come ha scritto Marvin Heiferman, ci coinvolge dal punto di vista neurologico, intellettuale, emotivo, viscerale, fisico. Semplicemente, determina le cose.