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 2014  dicembre 12 Venerdì calendario

Il Giappone al voto e la grande scommessa per l’Abenomics 2.0. Il premier conservatore ha applicato alle lettera il “Sistema Tsukiji”. «È la versione contemporanea del harakiri dei samurai. Se ce la fai bene, altrimenti è un suicidio»


«Ricorda la superstrada interrotta? Finisce contro il mercato del pesce. È un delitto storico, i pescatori sono indignati: tornare indietro però non si può». Il sociologo Masahira Anesaki è stato il primo a definire l’Abenomics come “Sistema Tsukiji”, dal nome del più antico mercato del pesce del pianeta. Per far posto alle Olimpiadi 2020, le autorità di Tokyo hanno condannato uno dei luoghi-simbolo della nazione. I giapponesi, posti davanti al fatto compiuto, non hanno alternative. Con la sua politica economica ultraespansiva, e domenica con le elezioni anticipate per la Camera bassa, il premier conservatore Shinzo Abe ha applicato alle lettera il “Sistema Tsukiji”. «È la versione contemporanea – dice il decano degli architetti Fumihiko Maki – del harakiri dei samurai. Se ce la fai bene, altrimenti è un suicidio».
Per la terza economia mondiale è uno degli appuntamenti più drammatici dal dopoguerra. Sette primi ministri in otto anni, terzo voto anticipato in cinque. Deriva Weimar e spettro default. Il debito pubblico è al 241%, la recessione nell’ultimo trimestre ha toccato quota 1,9%, il ritorno alla deflazione è a una passo. Lo yen, nonostante tre giorni di rimbalzo, è ai minimi da sette anni. Tokyo ha subìto anche l’umiliazione del taglio del rating da parte di Moody’s, mentre Fitch lo annuncia. «In simili condizioni – dice l’economista Tsunemasa Tsukada – la scelta è obbligata: o funziona l’Abenomics, o nulla può funzionare». È lo scenario che spaventa la popolazione più invecchiata della terra: la scelta tra «il salto mortale con Shinzo Abe» e «il salto nel vuoto con Banri Kaieda», leader dell’opposizione democratica. «Gli elettori – dice Masazumi Watanabe, docente di finanza alla Waseda – premiano il rinvio delle tasse, i mercati il rigore di bilancio. Abe deve tenere un piede sull’acceleratore e l’altro sul freno. È la combinazione peggiore: gli effetti collaterali possano rivelarsi più dannosi della cura».
A decidere le elezioni di domenica sarà dunque la risposta a una domanda semplice: perché il profeta dell’Abenomics ha improvvisamente obbligato i giapponesi a spendere 500 milioni di dollari per tornare alle urne? «Se la gente si convincerà che l’ha fatto per completare le riforme economiche e riagganciare la crescita – dice il politologo Kiichi Fujiwara – il partito liberaldemocratico (Ldp) del premier di rafforzerà. Se crederà che Abe è mosso solo dall’opportunità personale di vincere, eliminando gli avversari interni, si rivelerà un boomerang». Gli ultimi sondaggi premiano la terza possibilità: fiducia al premier nazionalista piuttosto di far risorgere il partito democratico (Dpj), demolito da post-tsunami e catastrofico aumento dell’Iva. «Tutti sanno che chiudere le centrali atomiche e risanare i conti pubblici – dice il sociologo Akinari Horii – era necessario. Nessuno però vuole pagare il prezzo della salvezza».
L’anticipato referendum sull’Abenomics dovrebbe così assicurare al premier altri quattro anni di tempo. Il suo Ldp oscilla tra il 28 e il 37%, prossimo all’obiettivo di 300 seggi sui 475 della Camera bassa. Il DpJ è tra il 9 e il 13%, staccati il New Komeito e gli ultra-nazionalisti del sindaco di Osaka, Toru Hashimoto. «Se Abe perdesse la scommessa elettorale – dice il politologo Shoichiro Tahara – per Tokyo sarebbe un disastro, ma per le Borse mondiali un colpo fatale».
Il premier, crollato nel gradimento dopo rimpasto di governo e scandali in serie, ha chiesto carta bianca sia al partito che ai giapponesi. Obiettivo: uscire dalla recessione, inflazione al 2% e riforme strutturali. «Il messaggio – dice l’economista Eisuke Sakakiba- ra – è chiaro: per completare il recupero serve un mandato pieno». Per l’opposizione democratica Abe è invece un «pericoloso pifferaio magico». «Non ha mantenuto la parola su addio all’atomo e aumento dell’Iva – dice l’ex premier Naoto Kan – e trascina la nazione al fallimento con lo yen debole, che ingrassa i colossi dell’export e stritola piccole e medie imprese». I templi dello shopping, tra Ginza e Shibuya, confermano che non è stato solo l’aumento dell’Iva in aprile a spingere verso l’estinzione il consumatore più accanito del mondo. «Per la prima volta – dice la commessa Emiko Ueno – i clienti non spendono perché hanno paura del futuro». Negozi e ristoranti vuoti sono uno shock più forte del timore di una deriva nazionalista e autoritaria, o dell’annunciato riarmo.
«Abe ha deviato l’attenzione sull’economia – dice lo storico Koichi Nakano – e i giapponesi sono convinti di tornare alle urne per rinviare al 2017 un secondo aumento dell’Iva. Invece votano per aprire il Paese a donne e immigrati, per scegliere tra atomo ed energie rinnovabili, per ridefinire i rapporti con Cina e Usa, per restare potenza di pace o investire nell’autodifesa, per continuare a fare debiti, o puntare su ricerca, tecnologia e nuovi prodotti». La campagna elettorale-lampo conferma che il referendum sull’Abenomics è una formidabile trovata di consulenti stranieri, ma che il grande malato dell’Asia si confronta in realtà con un cambio epocale. «Il Giappone – dice la giurista Mayumi Taniguchi – pare diviso tra chi spera nella crescita e chi ha nostalgia del rigore. La scelta invece è tra nazionalismo e riformismo».
Spiazzato anche il governatore della banca centrale Haruiko Kuroda, fedelissimo di Abe. Aveva appena investito altri 94 miliardi di dollari in titoli di Stato, quando il premier ha sciolto la Camera bassa per rinviare l’Iva al 10%. «È questa disinvoltura – dice il capo dei sindacati Nobuaki Koga – a dividere gli stessi imprenditori». Carta bianca al «nuovo Koizumi», o precoce addio all’Abenomics? Un Giappone spaccato tra anziani spaventati e giovani impoveriti, è costretto infine a dare un voto al “Sistema Tsukiji”. Alternative zero. Dalla misura del successo di Abe questa volta non dipende solo lo skyline delle Olimpiadi, ma la possibilità della ripresa anche in Europa.