il Giornale, 12 dicembre 2014
La Boldrini tratta la Camera come se fosse di sua proprietà: riscrive il regolamento di Montecitorio e vuole nominare un segretario di sua fiducia. Dopo Re Giorgio, Regina Laura
Voleva imporre il suo scettro sul cambiamento. Voleva scrivere a tambur battente il nuovo regolamento di Montecitorio e già che c’era aveva pure designato il nuovo segretario generale. Corre un po’ troppo Laura Boldrini. Ma la regina della Camera dovrà aspettare per lustrare la sua corona. «La Camera non è camera sua – chiosa sarcastico Renato Brunetta, capogruppo di Forza Italia – abbiamo stoppato i suoi progetti e le abbiamo detto in sostanza di darsi una calmata». Notizia, per una volta l’opposizione, azzurro-grillina, batte un colpo all’unisono e frena le velleità di Sua Maestà.
Laura Boldrini interpreta a modo suo la crisi di credibilità della politica e il rigetto del Palazzo che attraversa trasversalmente il Paese. Così già a settembre aveva immaginato due mosse micidiali per gli assetti di uno degli edifici cardine del potere tricolore, una cittadella frequentata da almeno 3.000 persone fra deputati, funzionari, giornalisti. Anzitutto aveva studiato la delicata questione della successione sulla poltrona di segretario generale della Camera: il 31 dicembre Ugo Zampetti lascerà dopo un quindicennio l’incarico per andare in pensione. Chi prenderà il suo posto?
La regina, sincera democratica, ha consultato se stessa e a quel punto ha tirato fuori dal cilindro il quarantunenne Fabrizio Castaldi. Un tecnico bravo, bravissimo, ma un po’ troppo giovane e inesperto per governare i complicati equilibri del Palazzo. A lei, a quanto pare non importa. Anzi, punta sull’anagrafe per giocare la carta, comoda e furbetta, del rinnovamento che fa rima con svecchiamento. Castaldi è attualmente il suo segretario particolare e insomma nella sua testa la Boldrini ha disegnato il grande salto. Da consigliere del presidente a direttore d’orchestra di Montecitorio. Segretario al quadrato, se si vuole.
Il punto è che i partiti, in prima linea l’inedita alleanza fra i 5 Stelle e Forza Italia, le hanno sbarrato il passo. Laura Boldrini sarà pure la padrona di casa ma non siamo ancora in una monarchia assoluta. Lei però non si è data per vinta. Tolta dal mazzo la carta generazionale, eccola puntare su quella di riserva: Costantino Rizzuto che in realtà agli occhi del presidente ha un grande merito, aveva lavorato su sua indicazione predisponendo il nuovo regolamento della Camera. Un abito cucito su misura da sfoggiare nel guardaroba presidenziale. Qualcuno, almanaccando, ha fatto due più due: se Rizzuto ha preparato un testo così importante vuol dire che è lui la carta buona, semmai coperta fino all’ultimo minuto. Comunque sia, il risultato non cambia. Anche Rizzuto è stato bloccato e prima di lui era stata affondata la sua creatura. «Ma come si fa – riprende Brunetta – a predisporre il nuovo regolamento della Camera se non sappiamo ancora come sarà la Camera?». Il prossimo parlamento, come predica Renzi, dovrebbe essere molto diverso da quello che c’è ora: solo Montecitorio voterebbe la fiducia al Governo e il partito che vince, secondo le ultime elaborazioni, dovrebbe avere il superbonus per poter governare in solitudine. «In questo contesto – conclude Brunetta – ci manca solo un regolamento come quello che la Boldrini voleva far passare». Un vestito bocciato perché si adatterebbe alle esigenze della maggioranza ma non andrebbe affatto bene per la minoranza. Insomma, favorirebbe una sorta di metamorfosi che non piace a chi ha i numeri contro. Dunque, siamo allo stallo.
E al piano C, addirittura, dell’infaticabile presidente e del solito Zampetti, vero regista dietro le quinte di tante sue scelte. Nelle stanze nobili di Montecitorio si sta costruendo una squadra che affiancherà il futuro segretario generale. Così, con discrezione, vengono selezionati i funzionari più fedeli alla regina. I grillini sono corsi ai ripari controproponendo una rosa di candidati. Lei pare abbia replicato piccata alla Re Sole: Propongo io chi mi pare, visto che il regolamento me lo consente, e voi al massimo potete votare sì o no». La corte s’ingrandisce, come le ambizioni della sovrana, anche se ancora non si sa il nome del gran ciambellano. E i deputati grillini tuonano: «Vergogna».