La Stampa, 12 dicembre 2014
In viaggio in Africa con uno studio musicale mobile a caccia di giovani talenti. È il progetto di un antropologo e di un musicista sudafricani lungo le savane del Sud per incidere il sound dei luoghi più inaccessibili
Un viaggio iniziato un anno fa, un fuoristrada, uno studio mobile di registrazione alimentato con energia solare, due amici e un sogno: dare la possibilità ai giovani musicisti del Sud dell’Africa, con talento ma pochi mezzi per farsi conoscere. Un’idea semplice, ma che, in un continente come quello africano, ha del rivoluzionario: se i musicisti non possono muoversi dai loro villaggi per andare a registrare i loro brani, è la sala di registrazione che si muove e va dai musicisti. Kim Winter, antropologo e producer radiofonico, e Simon Attwell, fondatore della band sudafricana Freshlyground, in collaborazione con l’Osisa (Open Society Initiative for Southern Africa), sono gli ideatori di Wired for Sound, progetto accolto con entusiasmo nel mondo musicale africano, e non solo. «Wired for Sound è costruito attorno all’idea di creare una piattaforma da mettere a disposizione dei giovani talenti musicali del sud dell’Africa che altrimenti non avrebbero l’opportunità di registrare i loro brani in modo professionale – spiega Kim Winter –. È una piattaforma che vuol generare sia contenuti musicali che momenti di discussione, collaborando con quella miriade di radio locali che sono spesso le uniche a raggiungere luoghi remoti e villaggi rurali».
Sono partiti dal Mozambico e lì hanno registrato in zone che mai avevano visto un mixer: sul Mount Serra Choa a milleseicento metri sul livello del mare, nel mezzo di una foresta di mango, in un vecchio convento fuori Catandica e in un aeroporto militare abbandonato a Furancungo. E poi ancora in un cinema dismesso, il Cinema Pemba, nel forte Sao Joao Batista sull’isola di Ibo, nella riserva naturale di Niassa, 42 mila metri quadrati di parco al confine con la Tanzania. Luoghi irraggiungibili anche dai trasporti locali, ma non dalla loro 4x4 attrezzata come uno studio di registrazione e alimentata dal sole che in quelle zone non manca mai.
Hanno incontrato giovani cantanti, musicisti, tutti con la musica nel sangue ma poche opportunità per poter farsi conoscere fuori dai villaggi e dalle periferie urbane. «Il panorama musicale del sud dell’Africa non è mai stato vasto come ora – continua Winter – nel corso dei nostri viaggi e delle nostre registrazioni abbiamo ascoltato molta musica tradizionale, ma anche jazz, blues, hip-hop, reggae, in una commistione di generi musicali che ci ha sorpreso e ci ha fatto capire ancora di più come questo continente sia in grado di innovare mantenendo tuttavia delle radici ben salde nella tradizione».
Storie come quella di Nelito e Armando, due giovani rapper di Catandica, nella provincia di Manica, talentuosi e con grandi aspirazioni, impossibilitati a esibirsi davanti a un pubblico, se non all’aperto, perché nella loro città di circa 126 mila abitanti, non ci sono spazi dove poter suonare, non un locale notturno né tantomeno un cinema, sono la norma in questo continente dalle infinite potenzialità non sfruttate. E sono proprio queste storie, queste realtà marginali, che i fondatori di Wired for Sound vogliono far emergere. Come? Il primo passo è un album, Wired for Sound – Mozambique, pubblicato da poco, che raccoglie le migliori tracce registrate durante il loro viaggio, e che sarà il primo di una lunga serie, sperano i due produttori «on the road». In cantiere ci sono infatti per il momento altri tre album, Wired for Sound – Malawi, Wired for Sound – Tanzania e Wired for sound – Namibia, ma l’idea è quella di allargarsi nei prossimi mesi a tutto il sud del continente. Un progetto ambizioso, oltre che unico, che «ha il desiderio non solo di registrare musica in contesti proibitivi e fuori mano, ma anche di contribuire a sviluppare infrastrutture che possano permettere ai musicisti di sviluppare il loro lavoro e farsi conoscere» spiega Simon Attwell.