Corriere della Sera, 12 dicembre 2014
La manutenzione degli F-35 si farà a Cameri vicino a Novara. Così l’Italia si assicura un ruolo di punta nel programma aeronautico Usa più avanzato al mondo, un giro d’affari di diverse centinaia di miliardi di dollari (nell’arco di 50 anni), e almeno duemila assunzioni
«Questo programma produrrà, nell’arco di 50 anni, un immenso volume di lavoro di manutenzione: parliamo di diverse centinaia di miliardi di dollari» dice Chris Bogdan, il generale della US Air Force che dal Pentagono segue lo sviluppo del caccia F-35 costruito dalla Lockheed in collaborazione con alcuni partner stranieri, tra i quali l’Alenia del gruppo Finmeccanica. Una notazione che segue un annuncio lungamente atteso: lo stabilimento italiano di Cameri è stato scelto per svolgere le attività logistiche e di manutenzione di tutti gli F-35 in servizio presso le aviazioni europee e di tutti quelli americani dislocati nelle basi del Mediterraneo e in quelle mediorientali. La revisione dei motori è stata, invece, affidata alla Turchia.
L’impianto, collocato all’interno della base aerea dell’Aviazione militare vicino a Novara, dove oggi operano i Tornado e gli Eurofighter, è di proprietà delle Forze Armate, ma è gestito dall’Alenia. Qui è già stato avviato l’assemblaggio delle fusoliere dei jet acquistati dall’Italia. C’è anche un impianto che dovrà produrre alcune centinaia di ali. Ma, nel caso di questo sofisticatissimo (e costosissimo) caccia di ultima generazione, il business della manutenzione è ancora più grosso di quello della produzione.
Questi aerei avranno, infatti, una lunga vita operativa e ogni cinque anni dovranno affrontare una completa revisione della durata di tre mesi con la sostituzione di molte parti vitali del velivolo, come ha spiegato il ministro della Difesa, Roberta Pinotti, molto soddisfatta per questa scelta che è stata propiziata da un investimento deciso dai militari.
La commessa per la manutenzione dell’F-35, già acquistato in Europa da Gran Bretagna, Olanda, Norvegia e Danimarca, oltre che dall’Italia (mentre la Turchia non ha ancora firmato) faceva gola a molti. L’Italia è sempre stata in pole position grazie all’impianto di Cameri diventato un modello, tanto che varie riviste specializzate americane hanno scritto che le industrie giapponesi in lizza per ottenere la commessa per la manutenzione delle flotte di F-35 in Estremo Oriente si sono ispirate proprio all’esempio italiano.
Ma la scelta del Pentagono non era scontata, visto che le industrie britanniche hanno cercato fino all’ultimo di strappare la commessa a Finmeccanica. Non ci sono riuscite e ora l’amministratore delegato del gruppo, Mauro Moretti, può esprimere la sua soddisfazione per questo importante riconoscimento all’industria italiana.
Certo, ragionando in termini di uso efficiente delle risorse pubbliche, si potrà sempre eccepire che il programma è troppo costoso. Ci sono stati problemi di bilancio anche negli Usa e da noi tempo fa il Parlamento voleva tagliare in modo molto consistente il programma, ma poi ha prevalso l’invito del Quirinale a rispettare gli impegni di difesa aerea comune presi con gli alleati.
Avere un ruolo di punta nel programma aeronautico più avanzato al mondo (tra quelli che il Pentagono non considera «top secret») è comunque molto importante per la qualificazione della nostra industria, del personale, per l’occupazione (2.000 persone, ma si potrà arrivare fino a 5.000, a seconda delle dimensioni finali delle flotte di F-35) e per la collaborazione tra imprese e Stati: solo in Italia sono 90 le aziende che collaborano con Finmeccanica per la realizzazione dell’F-35.
E Moretti non si accontenta dell’annuncio di ieri: auspica che l’Italia venga scelta anche per aggiornamento e revisione dell’elettronica di bordo degli aerei, cosa che farebbe crescere di molto la commessa al nostro Paese.