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 2014  dicembre 11 Giovedì calendario

Il Pd romano si affida all’ex ministro Fabrizio Barca per salvare il salvabile e ripartire. Ma i militanti dopo gli scandali di Mafia Capitale guardano a Grillo

Che dovemo fà? Marino nun sa gnente de Roma ma se lo dovemo tené». Circolo Pd della Capitale, uno dei tanti dove il sindaco Ignazio Marino non si fa vedere da un pezzo, da quando era in campagna elettorale e gli servivano voti per scalare il Campidoglio. Due vecchi militanti, Furio e Renato, hanno poca voglia di parlare dell’inchiesta su mafia capitale, sulle cooperative di Salvatore Buzzi e sui compagni finiti nel calderone delle intercettazioni: «Noi siamo comunisti veri e queste cose non ci piacciono, ma sciogliere il consiglio comunale e tornare alle urne è escluso», dicono. «Così poi salgono gli artri, la Meloni o Salvini? E che semo matti?», interviene Anna. «Lassamo stà Marino e vediamo ’ndo va». La parola d’ordine è: ricompattarsi attorno al marziano. Sostenerlo, nonostante tutto. Dall’Alberone a Tor Bella Monaca, alla storica sezione del centro di via dei Giubbonari – che non è mai stata renziana e infatti alle primarie una volta ha vinto Enrico Letta e alle ultime Gianni Cuperlo – la linea è di seguire il diktat del premier-segretario. Appoggio al primo cittadino fino a un mese in procinto di essere scaricato dal Nazareno per il Panda-gate, ora insperabilmente rianimato grazie a un’inchiesta giudiziaria che comunque ha lambito la sua giunta e il Pd capitolino. Marino però è soddisfatto. Ieri sera alla biblioteca Elsa Morante del Laurentino 38, altro quartiere dormitorio scelto non a caso per la grande assemblea degli iscritti, c’era il pienone. Così tanti da Zingaretti a Marianna Madia oltre a militanti, dirigenti, consiglieri che in sala non ci stavano tutti e allora i discorsi si sono tenuti fuori, open air. È lì che il neocommissario, Matteo Orfini, ha annunciato che Fabrizio Barca, l’ex uomo nuovo del Pd, quasi un messia per l’ala sinistra del partito, farà una «mappatura di tutti i circoli Pd di Roma girandoli uno per uno per ricostruire il partito sul territorio». Un segnale chiaro, visto che l’ex ministro del governo Monti, iscritto al circolo dei Giubbonari, ha sempre rivendicato nel suo programma l’austerità di Enrico Berlinguer (di cui il padre Luciano è stato uno dei più stretti collaboratori) e ora avrà il compito di verificare costi, sprechi e gestione delle sezioni dem della città. Orfini, da questo punto di vista, non vuole sconti. Per garantire l’indipendenza economica dei circoli «chi non versa il proprio contributo al partito verrà messo fuori», ha annunciato, e «daremo più risorse ai nostri circoli e meno centralmente a livello di federazione romana». Non si sono fatti vedere, all’assemblea Pd del Laurentino, né l’ex assessore alla Casa Daniele Ozzimo (indagato nell’inchiesta sul Mondo di mezzo), né l’ex moglie responsabile welfare del partito nazionale, Micaela Campana, quella dell’sms affettuoso a Salvatore Buzzi («un bacio grande capo»). Ci sono state contestazioni da parte di alcuni movimenti ambientalisti e il corteggiamento ai grillini di entrare in giunta è stato respinto al mittente. Marino, però, nonostante gli ispettori inviati dal prefetto Giuseppe Pecoraro in Campidoglio, continua a ripetere di non sentirsi commissariato: «Mafia capitale è cominciata con Alemanno, la mia giunta è sana». Più realista Orfini che ha cercato nuove ricette per ripartire dopo gli scandali. «Faremo le Frattocchie dell’anticorruzione», è l’idea del commissario che si ricollega alla storica scuola di formazione del partito comunista. «Abbiamo bisogno di dare ai consiglieri comunali gli strumeni per contrastare il malaffare». E ancora: «È giusto che il Pd torni in strada, tra la gente, invece in questi anni è stato lacerato da un’infinita guerra tra bande. Dobbiamo avere più trasparenza, chiederò lo stato patrimoniale aggiornato a tutti gli eletti». Orfini è poi riuscito a strappare al sindaco la promessa di dimezzare le 23 commissioni comunali entro Natale. Un piccolo regalo a Roma, che merita di più. E poi applausi dalla platea al procuratore capo Pignatone, simbolo di legalità.