La Stampa, 11 dicembre 2014
Le mani della ’ndrangheta su tutta l’Umbria tra coca, appalti e poco sangue. La retata del Ros dei carabinieri mette in manette 61 persone. Sequestrati 30 milioni di beni
Perugia, Umbria. 61 arresti. Secondo il Ros dei Carabinieri la ’ndrangheta di Cirò Marina, Crotone, in questi anni era riuscita a insediarsi a Perugia, e Ponte San Giovanni era la sua base operativa, e a fare affari con la cocaina e la prostituzione. E soprattutto aveva investito nel campo delle costruzioni dove si imponeva con minacce, incendi ed estorsioni. Sono stati sequestrati 30 milioni di beni. Gli investigatori hanno denunciato «diffuse infiltrazioni nel tessuto economico locale».
’Ndrangheta a Roma, a Reggio a Calabria, a Milano e a Torino. E poi Bologna, Genova, anche a Gorizia e in tutta la Lombardia. Persino in Australia per non parlare della Germania. Expo 2015, subappalti, movimento terra, traffici internazionali di cocaina, esercizi commerciali, alberghi. Speculazioni immobiliari.
Un’industria criminale
Oggi la ’ndrangheta è l’industria più fiorente del momento che dà reddito e lavoro. Che non ha bisogno di uccidere – lo fa solo quando non può evitarlo – e semmai corrompe con i soldi e i benefit. Insomma, usa la violenza solo quando ha di fronte sordi o ciechi.
Il punto è che è sempre stata potente, forte, e diffusa sul territorio nazionale. Almeno a partire dagli inizi degli anni Settanta, quando migliaia di calabresi emigrarono al Nord, in Piemonte e in Lombardia, in cerca di lavoro. E con loro «emigrarono» anche gli uomini della ’ndrangheta.
E oggi che Cosa nostra si è inabissata, che deve riprendersi ancora dall’offensiva dello Stato degli anni Novanta, dopo le stragi, la visibilità della ’ndrangheta è diventata molto più forte. Anche perchè, finalmente, le procure di Reggio Calabria e Milano, di Roma, di Perugia, per citare l’odierna retata, si sono svegliate e hanno lanciato la controffensiva per riconquistare territori al controllo dello Stato.
I colletti bianchi
Il punto è delicato. La ’ndrangheta è fortemente presente in Lombardia, Piemonte, Emilia e Romagna, Liguria. Gli analisti degli apparati centrali scrivono in un rapporto riservato a proposito di questa colonizzazione: «Punto di forza non è tanto la proiezione operativa rivolta al controllo del territorio quanto le acquisite capacità economiche e relazionali, soprattutto per i profili internazionali, con altri gruppi criminali, che, in definitiva, favoriscono il controllo economico e talvolta anche politico-amministrativo del territorio».
Sembra questa la novità di oggi, che rende ancora più pericolosa, temibile l’organizzazione mafiosa calabrese, e cioè la sua capacità di dialogare con pezzi dello Stato, dell’imprenditoria, dell’economia, della politica. Come dimostrano le inchieste su Expo 2015.
Lo Sco e il Ros con le loro ultime indagini segnalano le novità della presenza nazionale della ’ndrangheta. Anche agli inizi degli anni Novanta la ’ndrangheta faceva i suoi traffici a Milano. Nel ’94 fu neutralizzata una organizzazione di 378 malavitosi che facevano traffici di droga, armi e altri reati. Degli arrestati, 160 erano calabresi.
Nei dossier del Ros e dello Sco, la ’ndrangheta si presenta come «un’organizzazione criminale strutturata verticalmente, secondo un assetto di tipo piramidale, le cui strategie dipendono da decisioni assunte da un organo apicale, “Provincia” o “Crimine”».
Ci fu, nel 2008, un omicidio importante a Buccinasco, comune del milanese, quello di Carmelo Novella che voleva una ’ndrangheta del Nord, secessionista rispetto alle famiglie calabresi. Da allora, nessun sogno separatista. Adesso i capi della ’ndrangheta calabrese arrivano al Nord per officiare i riti di affiliazione che si svolgono nella provincia di Como o di Varese.