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 2014  dicembre 11 Giovedì calendario

Orfini, Zingaretti e Marino in missione in borgata, al Laurentino 38, per riavvicinare il Pd al popolo. E parte un dibattito del genere: fascisti! Comunisti! Famme parla’! No, nun te faccio parla’…

Né il mondo di sopra né di sotto né di mezzo. Il «mondo reale», dice lo slogan. E infatti. Siamo al Laurentino 38 – si chiama così, col numero, e per il dispiacere degli abitanti, a causa della particella catastale su cui il quartiere è stato edificato. Negli anni Novanta ci si entrava con qualche inquietudine, e anche adesso molti ci campano come possono, diciamo così.
Si riparte da qui, per farne simbolo, con il riscatto popolare. Arrivano il commissario del Pd romano, Matteo Orfini, il governatore del Lazio, Nicola Zingaretti, e soprattutto il sindaco di Roma, Ignazio Marino, che per qualche miracolo del cielo è passato in una settimana dal marziano della Panda all’unico argine contro la Banda. Sono applausi, e quasi ovazioni, per lui.
La sala del centro culturale Elsa Morante – uno dei teatri di cintura progettati da Walter Veltroni per dare un cuore almeno geografico alle borgate – è colmo: almeno cinquecento persone, e altrettante sul piazzale a invocare l’ingresso. «Ok, tutti fuori», dice Orfini, per la replica di uno del pubblico che ha conservato senso dell’umorismo: «Avanti di questo passo, è più facile tutti dentro…».
L’improvvisazione è utile: si allestisce un palchetto, che poi è una sedia, a dare all’evento una scenografia di marciapiede. E fa freddo, gli ardori se ne andranno alla svelta: perché, ecco, siamo nel mondo reale. È arrivato un comitato di quartiere dal vago sapore grillino che si oppone all’autostrada Roma-Latina («le grandi opere portano mazzette», dirà il portavoce quando per senso democratico gli sarà concesso il microfono per qualche minuto) e prova rovinare la festa con i cori dolorosi («fuori / la mafia / dallo Stato»). Scandalo! Si sparge la voce che siano quelli di Casa Pound. Scatta l’allarme: «Ce so’ i fasci!». Ecco, parte un dibattito del genere: fascisti! Comunisti! Famme parla’! No, nun te faccio parla’… Lo scriviamo così, per gli amanti della società civile. Che poi non è malaccio, se paragonata alla società politica. Non tanto perché l’ormai ex segretario del Pd romano, Lionello Cosentino, viene abbracciato da consiglieri municipali e attivisti di circolo: «A Lione’, tu sei la purezza…». Ma soprattutto per quello che tocca sentire quando finalmente (sono le 18, un’ora di ritardo) comincia il programma ufficiale.
Il primo a salire sulla sedia è Orfini, che ripete le minacce ai mascalzoni già avanzate sui giornali: c’era una guerra per bande; tutto questo deve finire; ha danneggiato specialmente voi; non guarderemo in faccia a nessuno; abbiamo sbagliato ma ci riprenderemo; trasparenza assoluta. Insomma, tutto quello che andava detto in un’occasione così e, a proposito di occasione, era imperdibile quella concessa dalle cronache: «Non dimentichiamo che tutto questo schifo è cominciato con la giunta Alemanno», grida Orfini. Qualche applauso nervoso arriva. Ma poi diventa il ritornello perfetto: «Se qualcuno ha sbagliato pagherà, ma gli atti del Pd, in questi anni, sono stati presi per combattere la banda che è entrata nel Campidoglio davanti ai saluti romani», e questo è uno Zingaretti che va sul facile-facile, ed è un facile che funziona. Visti i provini, ci si butta anche Marino: addosso ad Alemanno, noi «siamo qui a pulire». Non gli pare vero di essere resuscitato sui disastri altrui, ringrazia tutti (procura, elettori, presidenti di circoscrizione) come uno che riceve l’Oscar. Invita il Movimento cinque stelle a collaborare. Una ragazza gli urla: «Ma che voi, aho? So’ lì da un anno, voi ce siete da venti!». Un vecchio leader del Pd romano ci mette una pietra sopra: «Che da qualche anno con Salvatore Buzzi e le sue cooperative qualcosa non tornava, se ne erano accorti anche i bambini».