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 2014  dicembre 11 Giovedì calendario

La crisi politica della Grecia fa aumentare lo spread italiano: 100 punti ci costerebbero 2,5 miliardi. I mercati però non hanno paura di Atene e l’asta dei Bot fa il pieno

Di nuovo la Grecia, ancora lo spread. Ieri la distanza tra il rendimento dei titoli tedeschi e quelli italiani è tornata a salire fino a 140 punti. Venerdì aveva segnato il minimo record a 119, poi Atene s’è avvitata in una crisi politica che potrebbe portare a elezioni anticipate e consegnare (così dicono i sondaggi) il governo del Paese a Syriza, il partito di Tsipras. Il quale ha giurato che, se ottiene la guida del Paese, farà carta straccia dei patti firmati con la Troika e dell’austerità. Quanto basta per parlare ancora di euro in bilico e contagio greco in vista per Italia e Spagna.
Il mercato non sembra crederci troppo: sono niente 140 punti a fronte degli oltre 570 di novembre 2011. Sono poco rispetto anche rispetto allo spread “fisiologico” calcolato dal Centro studi di Confindustria, ovvero la distanza che rifletterebbe le reali condizioni delle economie italiana e tedesca. Quantificata in 200 punti circa.
Sui mercati finanziari, però, i numeri assoluti valgono poco: contano le variazioni e le tendenze, e spread italiano in salita significa Italia più rischiosa. D’altra parte ieri il Tesoro ha offerto Bot a un anno per 5,5 miliardi e il mercato ne ha chiesti per più di dieci. Non c’è timore di un crac, c’è invece la caccia al rendimento sul breve. Ieri i Bot hanno garantito lo 0,41% (lo 0,33 a novembre), martedì gli analoghi titoli spagnoli (i Letras) sono stati collocati a 0,35.
Bisogna poi mettere in conto una terza variabile. Venerdì va in scadenza una tranche di Shatz tedeschi, titoli biennali che nel 2012 – al culmine della crisi del debito – furono assegnati a rendimento zero. Allora si trattava di difendersi da una possibile dissoluzione dell’euro: quei titoli avrebbero restituito, nel peggiore dei casi, denaro nella valuta più forte d’Europa. Anche martedì scorso il rendimento degli Schatz s’è attestato a zero.
Il panorama però è diverso: nessuno crede a una dissoluzione dell’euro, pochi temono un crac dell’Italia. Quindi si può cercare un rendimento migliore, complice il fatto che ieri il vicepremier greco Venizelos è stato a Berlino in visita dal ministro delle Finanze Schauble e quest’ultimo ha gettato abbondante acqua sul fuoco: niente panico, anzi Atene sta uscendo dall’emergenza e dalla tutela.
Peccato che il rendimento più alto che premia la fiducia degli investitori lo paga l’Italia. Dire quanto è difficile, dipende dal tipo di titoli che vanno via via in scadenza: quando i rendimenti sono molto alti gli Stati emettono titoli a breve, che pagano meno. La media delle medie dice che un incremento di circa 100 punti dello spread – se si stabilizzasse – comporterebbe una maggiore spesa per l’Italia di 2,5-3 miliardi. Nell’ultimo anno lo spread medio è stato a 177 punti. Se serve un termine di paragone, il bonus Irpef vale 10 miliardi l’anno: quattrocento punti di spread ci porterebbero a novembre 2011. In prigione, senza passare dal via.