la Repubblica, 11 dicembre 2014
Tutti i segreti di Veronica Panarello, la madre del piccolo Loris per cui la difesa chiede una perizia psichiatrica. Dalle manie di persecuzione alla ricerca del vero padre: «Il suicidio era la sua ossessione». Ed è giallo sul telefonino con le foto del bimbo che avrebbe fatto sparire
Dice Antonella Panarello: «Mia sorella Veronica è fuori di testa». E anche i magistrati nel decreto di fermo scrivono che nella personalità della mamma arrestata «si rileva un profilo psico-patologico». Il sospetto è così forte che lo stesso difensore di Veronica, l’avvocato Francesco Villardita, ha anticipato che chiederà una perizia psichiatrica sulla sua assistita, accusata di aver ucciso il figlio Loris e di aver gettato il corpo nel canalone del Mulino Vecchio. Come a dire che, nel caso fosse accertata la responsabilità della madre, potrebbe averlo fatto in un momento di pazzia. E quindi potrebbe prefigurarsi una seminfermità mentale o, come è accaduto per Annamaria Franzoni del caso Cogne, l’ipotesi che la madre possa avere ucciso e puoi rimosso dalla sua testa il delitto. Circostanza che ha evitato alla Franzoni l’ergastolo.
Quel che è evidente è che dalle dichiarazioni contrastanti di Veronica, dal suo passato tormentato, dai suoi rapporti difficili con tutta la famiglia, emerge una personalità disturbata. Che in ogni caso, sostiene chi indaga, non escluderebbe la sua responsabilità nel delitto. Contro di lei ci sarebbero prove e riscontri che hanno convinto il procuratore di Ragusa Carmelo Petralia e il suo sostituto Marco Rota ad emettere un decreto di fermo per omicidio aggravato ed occultamento di cadavere. I pm, allo stato, sono convinti che abbia fatto tutto da sola. Anche se l’ipotesi che abbia avuto un complice non è stata scartata del tutto. La madre della donna insiste: «Non è un’assassina e in ogni caso non può aver agito da sola, sta coprendo qualcuno».
Un complice che, se ci fosse, potrebbe essere identificato da un telefonino segreto che Veronica ha detto di possedere e di tenere «ben nascosto». È stata lei a rivelarlo alla sorella Antonella, la sera stessa in cui fu ritrovato il cadavere di Loris. Un telefonino dove, secondo le affermazioni della madre riportate nel decreto di fermo, ci sono foto e video di Loris. Resta da capire perché lo abbia nascosto con tanta cura. Cosa c’è in quelle immagini? Quel telefonino segreto, ammesso che davvero esista, non è stato ancora trovato.
Ma questi sono interrogativi. I fatti che «oltre ogni ragionevole dubbio» hanno portato in carcere Veronica Panarello sono accertati. Attraverso i video esaminati per giorni dagli esperti della squadra mobile di Ragusa, dello Sco e del Ros, emerge per gli investigatori una ricostruzione chiara. La mattina del 29 novembre Veronica esce da casa insieme a Loris ed al fratellino minore per portarli a scuola. Ma Loris non sale sull’auto della madre e torna indietro: lo provano i video che registrano una sagoma che rientra a casa grazie alle chiavi che la madre gli ha consegnato. Dettaglio contestato dalla difesa: quella sagoma, sostiene il legale della donna, ma anche il marito di Veronica che ha visto frammenti del video, non è così chiaro che sia il bimbo.
Di certo, dopo aver portato il figlio più piccolo alla ludoteca, Veronica torna indietro e, contrariamente alle sue abitudini, entra con l’auto nel garage. C’è il video di una telecamera che lo mostra. La donna sale a casa. Sono le 8,49, Loris le apre la porta e restano soli per 36 minuti. È in quest’arco di tempo che Veronica avrebbe ammanettato e strangolato Loris. Il bambino, prosegue la ricostruzione dei pm, mentre sta per morire si fa la pipì addosso. Poi la madre prende una forbice e taglia la fascetta di plastica usate per strangolarlo (sul collo ci sono ferite da taglio compatibili con le forbici trovate in casa). Quindi lo riveste in fretta e furia, senza mutandine, infila gli indumenti bagnati in un sacco della spazzatura ed esce da casa alle 9,27 diretta al Mulino Vecchio, dove la sua automobile viene intercettata da una telecamera mentre imbocca proprio il viottolo che porta al canalone dove poi è stato trovato Loris. Alle 9,39 Veronica ritorna nuovamente a casa e, dopo tre minuti, si dirige verso Donnafugata dove partecipa a una lezione di cucina. Questa la verità delle indagini che oggi sarà sottoposta al vaglio del gip che dovrà decidere se Veronica resterà in carcere oppure tornare in libertà.
Francesco Viviano
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Nell’ultima sera con suo figlio Veronica sul divano guardava in tv “Il segreto”, storie di piani diabolici, di violenze subite, di amori clandestini. Segreti come i tanti, uno più orribile dell’altro, custoditi nella vita di questa giovanissima mamma che dai suoi stessi familiari viene descritta come «una alienata», una «che non ci sta con la testa», una che al suicidio, poi tentato due volte a 14 e 15 anni, avrebbe pensato già quando aveva solo 4 anni quando, come racconta la sorella maggiore Antonella, «voleva buttarsi dalla finestra dell’asilo in Liguria dove vivevamo». Segreti per tutti, anche per suo marito Davide che, sconvolto, dice: «In dieci anni non ho mai notato comportamenti strani, se Veronica ha tentato di togliersi la vita lo sto apprendendo adesso».
Da 24 ore in isolamento, guardata a vista in una cella del carcere di piazza Lanza a Catania, Veronica atterrita sente le altre detenute continuare a gridarle «assassina, assassina, devi morire». All’avvocato Francesco Vilardita affida la sua richiesta ai magistrati, «Vi prego, fatemi partecipare al funerale di Loris», e l’appello a suo marito: «Davide, non mi abbandonare, sono innocente». Probabilmente Veronica ha già capito che quel marito che l’ha protetta e abbracciata fino al suo ingresso al Palazzo di giustizia di Ragusa immediatamente prima del fermo disposto dai pm, se n’è tornato a casa inorridito e ormai convinto della sua colpevolezza. Ma lui, pur con mille dubbi, non ha nessuna intenzione di farsi impietosire: «Chiunque sia stato deve pagare, non mi importa nulla se è stata lei o un altro. Ora voglio solo che mi diano mio figlio, almeno lui potrà riposare in pace». C’è di tutto nella vita segreta di Veronica, una lunga storia costellata di paure, solitudine, rifiuto, abbandono, vergogna, odio-amore nei confronti di una madre che lei ha di fatto “ripudiato” dopo aver saputo, a 14 anni, di essere nata da una relazione clandestina con un uomo che non solo non l’ha mai riconosciuta, come ha invece fatto Francesco Panarello, l’ormai ex marito di sua madre, ma «l’ha rinnegata due volte» rifiutandosi poi di conoscerla. Ora Carmela Anguzza, la madre di Veronica, che il giorno della scomparsa di Loris si è vista piombare a casa con i carabinieri quella figlia che non vedeva da anni e che l’accusava di «aver preso il bambino», dice: «Non dobbiamo condannarla perché ha avuto problemi psicologici. È sempre stata una ragazzina irrequieta, viziata e bramosa di attenzioni, ma da qui a diventare un’assassina ce ne corre. Mia figlia non può aver agito da sola, di sicuro copre qualcuno. Io comunque non l’ho mai rifiutata, io amo mia figlia, è lei che si è allontanata, è lei che mi odia».
L’idea ricorrente, sin da piccolissima, del suicidio (poi tentato due volte a 14 e 15 anni), due denunce di presunte violenze sessuali (mai riscontrate) e una di tentato rapimento, aggressioni a pugni e calci nei confronti delle compagne. C’è di tutto nel tristissimo passato di Veronica che proprio la madre e le sorelle hanno ricostruito agli inquirenti, ma non c’è dubbio che a tormentarle la mente negli ultimi dieci anni è stata l’incertezza sul proprio padre. Ancora il giorno dopo il ritrovamento del corpo di Loris, nella sua casa a lutto dove la madre era andata a trovarla, Veronica continuava a chiedere ossessivamente chi fosse veramente suo babbo. A raccontarlo è sua sorella Antonella, quella sera tanto colpita dall’atteggiamento di Veronica da definire le lacrime per la morte di Loris come una “sceneggiata”. «Mia madre – è il racconto di Antonella – mi ha detto che lunedì Veronica le ha urlato: “Dimmi chi è mio padre”. Presumo che Veronica non ragioni più perché ancora una volta, anziché chiudersi nel dolore per la morte di Loris, rimproverava mia madre anche di non averle dato la possibilità di battezzare mia figlia».
«Ancora una volta», dice Antonella. Perché persino il sabato sera, quando era da poco arrivata la notizia della morte di Loris, nella caserma dei carabinieri di Santa Croce, Veronica si preoccupava solo di mandare via sua madre e sua sorella accorse per starle vicino. «Veronica – dice ancora Antonella – diceva ai carabinieri che non aveva né fratelli né sorelle. La cosa che più mi ha sorpreso è il fatto che la madre di un bambino da poco rinvenuto privo di vita si preoccupava di allontanare noi, e non del dramma che tutti stavamo vivendo». In cura dallo psicologo Veronica, «bambina aggressiva e violenta con manie persecutorie», come la descrive sua madre, c’era finita già a sette anni. A 14, dopo aver tentato di impiccarsi dentro una serra vicino al Vecchio mulino (ma era stata lei stessa a chiamare i carabinieri), Veronica viene ricoverata nel reparto di psichiatria dell’ospedale di Ragusa. Lì, due giorni dopo, dice di essere stata violentata da un infermiere. L’anno dopo denuncia un altro episodio di abusi e poi persino un tentativo di rapimento. Tutti racconti drammatici, tutti senza riscontro.
Alessandra Ziniti