la Repubblica, 11 dicembre 2014
La Francia e le sue jihadiste. Il caso di Nora, reclutata sul web, la prima teenager a partire per l’inferno siriano. Sedotta, come decine di coetanee, da miliziani che si presentano come cavalieri in lotta contro il Male. Ora si è pentita e chiede ai combattenti di lasciarla andare. Viaggio ad Avignone, dove i genitori aspettano il suo ritorno
Nella cameretta è rimasto tutto uguale. La borsa dei trucchi di Hello Kitty, un orsacchiotto sul letto, la felpa rosa appesa dietro alla porta. La stanza di una bambina non ancora donna. «Ce l’hanno rapita, quei maledetti» dice il padre di Nora. Sua figlia è scomparsa quasi un anno fa, il 23 gennaio. Invece di andare a scuola, la quindicenne ha preso un treno da Avignone per Parigi e da lì un aereo per Istanbul, con una valigia e cinquecento euro in tasca. «Mamma non ti preoccupare, qui sto bene» è stato il primo messaggio che ha mandato quando era ormai al confine con la Siria. Nora è la prima ragazzina francese che si è arruolata nell’Is. Da allora ci sono state altre teenager che l’hanno seguita. L’ultima, Soukaïna, è scappata in ottobre da Bethoncourt, vicino al confine con la Svizzera. Anche lei è riuscita a nascondere il piano di fuga alla famiglia e persino ai servizi segreti che l’avevano schedata come frequentatrice di siti legati ai reclutatori dell’Is.
Rossetto e jihad. Nora non andava alla moschea, non portava il velo, viene da una famiglia di origine marocchina, musulmana ma non praticante. «La religione è solo un pretesto. Le ragazze cadono in altre trappole» spiega Dounia Bouzar, sociologa che ha appena pubblicato un libro sui giovani francesi che partono per la Siria. Titolo: “Ils cherchent le paradis, ils ont trouvé l’enfer”, cercano il paradiso e trovano l’inferno. Sui 150 casi che Bouzar ha studiato, quasi la metà (44%) sono ormai donne. L’80% non è né di prima né di seconda generazione di immigrati. Il 70% dei jihadisti viene ad famiglie atee. Un fenomeno che si registra altrove in Europa. La jihad al femminile è in aumento anche se per ora – sottolinea la sociologa – le donne non vanno al fronte ma restano nelle case con compiti di organizzazione, logistica, e soprattutto di accudimento dei guerrieri.
È la “favola del principe barbuto”, nota Bouzar. Attraverso Facebook, le teenager vengono sedotte da uomini che si presentano come valorosi cavalieri in lotta contro il Male. «Ci sono immagini e video che promuovono la virilità e il coraggio dei jihadisti». La presunta “jihad del sesso”, una leggenda propagata dal web, non c’entra nulla. Spesso, dice la studiosa, le ragazzine ricevono addirittura promesse di matrimonio. Altre reclute dell’Is non seguono un ideale romantico ma umanitario. Da grande volevano fare le infermiere, il medico. «Sono convinte dalla propaganda sui crimini di Assad» spiega ancora Bouzar che ricorda come ci sia stato un picco di partenze dalla Francia, e da altri paesi in Europa, dopo le immagini di bambini uccisi dal regime di Damasco.
Il giorno in cui è stata annunciata la scomparsa di Nora, il direttore del liceo Mistral di Avignone è venuto in classe per parlare della guerra in Siria alle compagne della ragazza. Le famiglie hanno avuto paura del fenomeno di emulazione. È così che è successo a Lunel, un paesino vicino ai Pirenei, da dove sono partiti una quindicina di ragazzi, in periodi diversi. Gli ultimi, Karim e Hamza, 28 e 19 anni, sono morti il weekend scorso nei combattimenti in Siria. Il proselitismo è facile a quest’età. Le ragazze postano sui social network foto delle ville al confine siriano in cui vivono “con ogni comfort”, alcune pure con piscina. Nora aveva due profili su Facebook. Uno normale, in cui scherzava con le amiche. E un altro in cui appariva coperta dal velo, con un nome musulmano e slogan favorevoli alla jihad. È stata adescata da Mourad Farès, nome conosciuto dall’antiterrorismo francese: la famiglia teme che sia stata costretta a un “matrimonio forzato”.
Tra poche settimane, sarà un anno che la cameretta di Nora è vuota. Dalla periferia di Avignone, il fratello è andato fino al confine con la Siria per cercare di vederla. «Dopo una settimana ho capito che non sarei riuscito a parlarle» racconta Fouad. Le uniche comunicazioni avvengono quando la ragazza chiama via Skype. Da qualche mese, Nora ha cominciato a piangere al telefono. Ha confessato di essersi pentita e di voler tornare a casa. Il fratello ha tentato di parlare con il reclutatore Farès, che si fa chiamare Abou Hassan, per convincerlo a lasciarla andare. «Anche mia madre l’ha supplicato. Ci ha risposto che in Europa le donne velate vengono stuprate e per Nora è molto meglio restare in Siria».
Il padre di Nora, un muratore in pensione, mostra una lettera. Ha deciso di scrivere a Hollande. «Mia figlia non è una terrorista, è una vittima» è il suo messaggio finora senza risposta. «Tanto nessuno farà mai niente per aiutarci. Ci sono ostaggi buoni e altri cattivi» lamenta il padre. Il pm Marc Trévidic che indaga sulla fuga di Nora ha invece accolto la richiesta della famiglia e dovrebbe presto cambiare il reato ipotizzato da “associazione in impresa terroristica” a sequestro di persona. Così almeno, nella remota ipotesi in cui Nora riuscisse a tornare in Francia, non sarà arrestata. Due ventenni sono indagate per aver facilitato la sua partenza da Avignone.
Nonostante le misure di prevenzione, le autorità francesi non riescono ad arginare il fenomeno. Qualche giorno fa una madre ha denunciato lo Stato francese per non aver fermato suo figlio. Il ragazzo si è imbarcato all’aeroporto senza alcuna difficoltà. Secondo le normative europee, un minorenne può viaggiare da solo se ha un documento valido. Da settembre è stato creato un numero verde a cui le famiglie possono rivolgersi se hanno sospetti. Con la nuova legge antiterrorismo, la polizia francese ora può censurare alcuni siti o procedere al ritiro del documento di soggetti a rischio. Ma non basta. Soukaïna, l’adolescente di Bethoncourt, era sotto osservazione dalla primavera scorsa. La polizia le aveva ritirato il passaporto, costringendola a vedere uno psicologo ogni settimana. I genitori erano convinti che avesse finalmente rinunciato al sogno di andare in guerra. Un venerdì sera è andata a dormire da un’amica: nessuno l’ha più rivista. Viaggio di sola andata. «Mentre qualche jihadista è tornato in Francia – nota la sociologa Bouzar – finora le ragazze partite sono tutte rimaste in Siria. Anche quando scoprono che il paradiso è un inferno, non riescono più a scappare».