la Repubblica, 11 dicembre 2014
Grecia, il rosso Tsipras vuole convincere i mercati: «Tagliateci il debito e l’euro non morirà». Gli economisti del partito di sinistra radicale Syriza incontrano i fondi a Londra per evitare il corto circuito spread e Borse a picco. Ma trovare un accordo con la Troika sarà un’impresa
«Non dovete aver paura di noi. Syriza non sarà la fine dell’euro. Sarà piuttosto la sua salvezza: se vinceremo alle elezioni greche, faremo decollare davvero il progetto di unione fiscale dell’Europa». Il risultato (viste le fibrillazioni dei mercati di queste ore) non è stato finora quello sperato. Alexis Tsipras e il suo partito però hanno messo le mani avanti. E da qualche mese – turandosi un po’ il naso e spesso in incognito – battono in pellegrinaggio i templi della finanza mondiale per provare a spiegare il loro programma economico. «Non vogliamo uscire dall’euro e tornare a fare deficit», è il mantra tranquillizzante del numero uno della sinistra ellenica. Che nei giorni scorsi – sfidando i mal di pancia dell’ala radicale della sua formazione – ha spedito alla City di Londra i due consiglieri economici, Giorgios Stathakis e Yannis Milios, per incontrare investitori ed hedge fund. Obiettivo: spiegare cosa farà se uscirà vincitore dalle urne ed evitare il corto circuito (leggi spread in tilt e borse a picco) che potrebbe spingere Atene fuori dalla moneta unica.
Il tempo per spiegarsi ai mercati, in effetti, stringe. Il premier Antonis Samaras osserva con una punta di compiacimento il crollo della Borsa di Atene: «Syriza terrorizza i listini», ha chiosato commentando il meno 14 percento in due giorni. E intanto cerca porta a porta i 26 voti in più che gli servono per eleggere il suo candidato Stavros Dimas alla presidenza della Repubblica. Nessuno immagina che l’operazione vada in porto alle due prime “chiame” quando servirà una maggioranza di 200 seggi su 300 (contro i 154 del governo). L’esecutivo punta invece a ribaltare le previsioni il 29 dicembre, quando il quorum scenderà a 180 voti. Raccattando consensi tra gli indipendenti – più qualche voltagabbana dell’opposizione – preoccupati di perdere la poltrona in caso di voto anticipato. L’impresa di Samaras, dicono gli osservatori, è quasi disperata. A fine gennaio, a quel punto, la Grecia andrà alle urne. E il pallino – visti i sondaggi – finirà in mano a Tsipras, messo subito alla prova per rinegoziare entro fine febbraio, quando scadrà la “tutela” della Troika, un difficile accordo con i creditori per sbloccare l’ultima tranche da 7 miliardi di aiuti, necessari per rimborsare i bond in scadenza a marzo.
«Una cosa è certa: come primo passo chiederemo una conferenza internazionale per tagliare il nostro debito», ha spiegato secondo indiscrezioni Milios ai 35 banchieri incontrati a Londra. «Quelli in mano ai privati non li toccheremo», ha assicurato. A fare lo sconto («il 62% come quello garantito alla Germania nel 1952», dice una mail riservata girata dal fondo Capital ai suoi clienti dopo l’appuntamento) dovrebbero essere Bce, Ue ed Fmi che hanno in tasca 235 dei 310 miliardi di debito del paese. «La Troika dice che è impossibile – ha spiegato Milios – ma dicevano pure che non avrebbero salvato nazioni in crisi. E invece in 10 minuti nel 2010 hanno messo assieme il salvagente per la Grecia». La scommessa di Syriza è chiara: Bruxelles non può permettersi di far uscire Atene dall’euro. E alla fine, obtorto collo, consegnerà uno scalpo – anche simbolico – a Tsipras pur di evitare il collasso della moneta unica. La boccata d’ossigeno dalla Ue dovrebbe dare il “la” al piano di rilancio interno. Il leader della sinistra ellenica non vuole alimentare troppe aspettative: «Non sono Harry Potter!», ha detto con prudenza appena si è materializzato il rischio di elezioni anticipate. Sarà. Intanto ha messo nero su bianco un ambizioso programma destinato a cancellare molte riforme introdotte dalla Troika. Milios e Stathakis l’hanno illustrato alla City: elettricità gratuita e buoni pasto a 300mila famiglie povere, ripristino della tredicesima per i pensionati con meno di 700 euro al mese, rialzo da 5 a 12mila euro della fascia di reddito esentasse e da 586 a 751 euro al mese dello stipendio minimo. Più qualche miliardo di investimenti pubblici per creare posti di lavoro. Miele per le orecchie dei greci che hanno visto il loro potere d’acquisto crollare del 40% dal 2008 e la disoccupazione volare fino al 26%.
«Un libro dei sogni – dicono i critici – cui manca un dettaglio: dove trovano i soldi per finanziarlo». Gli economisti di Syriza hanno provato a spiegarlo a Londra: qualche miliardo dal fondo di stabilità per le banche, 5 dai fondi strutturali Ue. Il resto con una tassa sugli immobili di lusso e «recuperando i 70 miliardi di evasione fiscale». «Io ho venduto tutti i titoli greci che avevo – confida uno dei gestori presenti all’incontro – non riesco a immaginare come Angela Merkel possa dare l’ok a questo disegno». Politica e mercati però vedono il mondo con lenti differenti. Tispras sogna di smentirlo nei fatti. Sperando che per convincere la Cancelliera non serva la bacchetta di Harry Potter.