Il Sole 24 Ore, 9 dicembre 2014
La grande crisi meridionale. Pil del Mezzogiorno scende del 13,5% e l’occupazione del 9,5%
Al Sud è andata molto peggio. Cosicché il divario dal Centro Nord si è fortemente accentuato. Il bilancio degli anni della crisi (dal 2007 al 2013) intitolato «L’economia delle regioni italiane, l’evoluzione durante la crisi», curato dall’Ufficio studi di Banca d’Italia e presentato nei giorni scorsi a Napoli, certifica un dualismo sempre più accentuato pur in un quadro generale di declino. Una lunga sfilza di numeri fortemente negativi contrassegna l’andamento economico e sociale del Mezzogiorno d’Italia nei sei anni analizzati. Il Pil, a esempio, al Sud si è ridotto del 13,5%, mentre nel Nord Est si è ridotto dell’8,1% e nel Nord Ovest del 5,1 per cento.
Cala fortemente, sempre nel periodo della lunga crisi, il valore aggiunto dell’industria (compreso le costruzioni che pesano fortemente sul dato) che al Sud tocca -29,9%, al Centro -20,4, nel Nord Est -16,6 e nel Nord Ovest -15,8%.
E in rapporto alle altre grandi aree del Paese cala ancora di più il valore aggiunto del settore dei servizi: che perde il 7,9%, contro il 4% del Centro, il 3,5% del Nord Est e appena lo 0,6% del Nord Ovest. Sotto la voce servizi si considerano anche quelli della pubblica amministrazione, che al Sud hanno subito tagli particolarmente forti e incisivi in conseguenza dei tagli alla spesa pubblica e dei piani di rientro nel settore sanitario adottati dalle regioni con gravi deficit e indebitamento. Il Sud, insomma, per lo studio di Banca d’Italia, soffre le conseguenze di una eccessiva dipendenza dal settore pubblico nel senso che ha subito maggiormente i tagli ed è riuscito meno a compensare a esempio con esportazioni.
Così per quanto riguarda l’occupazione. Nel Mezzogiorno è calata del 9,5%, rispetto all’1,1% del Centro Nord. La dinamica peggiore si registra laddove nel 2007 già si registrava un tasso di occupazione inferiore. E mentre nel Centro Nord la dinamica del lavoro nei servizi ha in parte compensato le perdite dell’industria e delle costruzioni, nel Mezzogiorno il calo nel settore dei servizi è stato altrettanto rilevante, avendo inciso, anche in questo caso, il taglio della spesa pubblica e il ridimensionamento del settore pubblico. In sintesi, Banca d’Italia stima un divario nel tasso di occupazione tra Mezzogiorno e Centro Nord di ben 21 punti percentuali, sebbene sia calato in entrambi le aree del paese colpendo soprattutto i giovani.
Sarà anche per questo che è cresciuta l’emigrazione interna tra Sud e Centro Nord, ma non solo, visto che in molti casi i giovani meridionali si iscrivono a scuole superiori e università delle regioni centro settentrionali. Nel 2012 hanno cambiato residenza circa 1,6 milioni di persone, e per buona parte dal Sud d’Italia.
Intanto sono calati i prestiti alle imprese, sia per un calo della domanda, ma anche per una contrazione dell’offerta poiché la crisi ha colpito anche il settore bancario che ha risposto con maggiore selettività. In ogni caso è certo, per gli analisti di Banca d’Italia che le condizioni di accesso restano sfavorevoli per le imprese del Mezzogiorno che peraltro hanno anche una maggiore dipendenza dal sistema bancario.
«Perché nel Mezzogiorno è andata peggio? – si domanda Luigi Federico Signorini, vice direttore generale della Banca d’Italia – Hanno influito carenza di infrastrutture, uso distorto delle risorse pubbliche, lentezza della giustizia civile, economia sommersa, in una parola un contesto poco competitivo».