Il Messaggero, 9 dicembre 2014
Il ministro Federica Guidi difende la strategia del governo per l’Ilva: «L’intervento statale nell’acciaieria è solo temporaneo. Squinzi sbaglia a criticarci, sulle riforme sono stupita dagli attacchi della Confindustria»
Ministro Federica Guidi, la cancelliera tedesca Angela Merkel ha di nuovo bacchettato Italia e Francia giudicando insufficienti le riforme e chiedendo sforzi aggiuntivi. Ieri l’Eurogruppo, pur accogliendo con favore gli sforzi del governo, ha chiesto una correzione dei conti che potrebbe costare fino a 6 miliardi. Ci risiamo con i compiti a casa?
«Ho letto delle dichiarazioni della cancelliera. Al netto della forte irritualità di un capo di governo che commenta vicende che afferiscono ad un altro Stato, io credo invece che questo governo abbia dimostrato un’azione riformista senza precedenti. Per quanto riguarda l’Eurogruppo, per quel che mi consta non c’è nessuna ipotesi di una manovra correttiva. Non servirebbe».
Eppure non è solo la Merkel a insinuare dubbi sulle riforme italiane. Anche S&P venerdì scorso ha bocciato il Paese, paventando il rischio che alcuni provvedimenti, come il jobs act, possano essere annacquati nel percorso di attuazione.
«Guardi, inizio ad essere un po’ stanca di questi giudizi. Mi sembra di vivere in una dimensione parallela. Prima il problema era che l’Italia non faceva le riforme. Questo governo ha iniziato a farle, dal momento in cui è arrivato. Adesso la critica è che potrebbero essere annacquate. Non mi sembra affatto che sia così. Per stare alla riforma del lavoro, il governo ha persino ricevuto critiche per aver spronato il Parlamento. Delle due l’una: o corriamo troppo o andiamo troppo lenti, non può essere sempre vero tutto e il contrario di tutto».
Al coro degli scettici va aggiunto anche il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, secondo il quale il governo Renzi che pure ha cominciato bene, adesso rischia di perdere impulso. Come vive questo fuoco amico, lei che è stata presidente dei giovani industriali?
«Non mi permetto di interpretare il pensiero del presidente Squinzi, ma se leggo le sue dichiarazioni resto abbastanza stupita. Se mi rimetto per un secondo nei panni di imprenditrice, credo che non ci sia un governo negli ultimi 20 anni che ha fatto tanto per il mondo delle imprese. Se guardiamo ai provvedimenti che vanno dal credito d’imposta sulla ricerca, ai mini bond, all’esclusione dall’Irap del costo del lavoro fino al jobs act, che non è solo articolo 18 ma anche questo, faccio decisamente fatica a comprendere le critiche. Le cose che abbiamo fatto sono quelle che negli ultimi dieci anni erano tra le prime cinque o sei lamentele degli imprenditori».
Eppure le critiche non mancano. Lei è stata attaccata duramente da Confindustria anche per aver perso in Europa la battaglia sul cosiddetto made in, l’etichetta di origine obbligatoria dei prodotti.
«Come Confindustria sa bene, il governo ha fatto tutto quello che doveva e poteva fare, cercando di portare avanti in Europa un provvedimento che ha delle fortissime resistenze non solo politiche, e qui penso alla Germania, ma anche nella business community continentale. Porteremo avanti la battaglia anche con la prossima presidenza».
Dica la verità, non si aspettava un attacco su questo.
«Sono rimasta sorpresa. Capisco gli attacchi quando c’è qualcosa da attaccare. Ma se uno mi dice perché non porto indietro il calendario e faccio tornare ferragosto, allora non lo capisco. Sul made in abbiamo fatto tutto quello che era possibile e doveroso fare, continueremo a lavorare e sarebbe più utile che Confindustria facesse la stessa cosa insieme al governo invece di criticare».
Parliamo dell’Ilva. Matteo Renzi ha paventato l’ipotesi di una nazionalizzazione. Non è paradossale che a ribattezzare l’acciao di Stato possa toccare a un’imprenditrice ex confindustriale come lei?
«Chiariamo. L’ipotesi di una gestione pubblica sul modello Italsider è quanto di più distante dalla mia mentalità. Ma detto questo esistono delle forme di sostegno pubblico più efficaci e più virtuose. Il modello che ho in mente è assai distante da una nazionalizzazione».
A quale modello allude?
«Un intervento pubblico simile a quello fatto in altri Paesi europei. Un passaggio temporaneo, che tenga conto del valore strategico dell’azienda, e soprattutto il fatto che si trascina dietro una serie di problemi che hanno bisogno di tempo per essere risolti. Vede, io credo che la vicenda dell’Ilva per complessità, implicazioni e localizzazione, sia una delle questioni più difficili che un governo si sia mai trovato ad affrontare».
Lei dice che l’intervento pubblico dovrebbe essere a tempo. Quanto tempo?
«Premesso che non esiste ancora una soluzione, e che sto esponendo una mia opinione, ritengo che l’intervento dovrebbe essere di medio periodo, una forma di accompagnamento e di sostegno, usando la stessa logica di politica industriale che gli altri Paesi fanno quando utilizzano i loro fondi strategici».
Quindi il veicolo potrebbe essere il Fondo strategico di Cdp?
«Sono decisioni che non posso prendere io da sola. Se mi chiede un’opinione personale le dico che in un’ottica di accompagnamento temporaneo insieme ad investitori privati, allora il Fondo strategico potrebbe essere il veicolo adatto».
In che modo poi uscirebbe lo Stato dal capitale?
«I meccanismi sono quelli di sempre: cessione ai privati o anche quotazione in Borsa».
A proposito dei privati, che fine ha fatto l’offerta di Arcelor-Mittal insieme al gruppo Marcegaglia?
«Ci sono incontri e trattative in corso proprio in queste ore. Per questo dico che l’intervento pubblico è solo una possibilità, potrebbe alla fine anche non essere necessario».
Da pochi giorni Renzi ha un nuovo consulente, l’ex ad di Luxottica Andrea Guerra. C’è chi sostiene che potrebbe essere il prossimo commissario Ilva, anche perché forse per gestire una situazione complessa è più indicato un manager che un professionista, seppure di valore come Gnudi. Le risulta?
«Ho massima stima di Guerra. Il fatto che sia entrato come consulente di Palazzo Chigi per seguire anche Ilva non può che farmi piacere. Che ruolo prenderà non lo so, ma nel caso non potrei che essere d’accordo».