Il Sole 24 Ore, 9 dicembre 2014
Il piano Juncker non è sufficiente, bisogna mettere mano alle riserve auree. I Paesi dell’Eurozona sono i principali detentori al mondo di oro con circa 330 milioni di once che diventano 347 con quelle della Bce, mentre gli Usa ne hanno circa 260 milioni
L’Italia fa due passi avanti e, forse, mezzo indietro. In avanti sono il varo della legge delega per la riforma del mercato del lavoro (secondo le richieste dalla Commissione europea) e il calo dei tassi di interesse sui nostri titoli di stato con il decennale sotto il 2% (un livello mai raggiunto negli ultimi 20 anni) con lo spread sui bund tedeschi intorno 120 (ovvero al livello del maggio 2010) punti base. Il mezzo passo indietro è il declassamento che l’agenzia di rating S&P ci ha appioppato mitigandolo però con un miglioramento nell’outlook di medio termine. L’affidabile Mediobanca Securities ritiene che il declassamento di S&P sia improprio e vede prospettive di ripresa italiana nel 2015. Infine la Cancelliera Angela Merkel incalza criticamente Italia e Francia perché facciano ulteriori riforme. Da quest’ultima critica bisogna partire per una richiesta dura alla Germania, già al prossimo vertice europeo, per un vero rilancio degli investimenti della Eurozona.
Il non-piano Juncker. La richiesta può sembrare strana essendo appena stato presentato il piano Juncker per gli investimenti in Europa. Purtroppo il Piano è considerato debole perché mobilitare 300 miliardi di investimenti in tre anni sulla base di una garanzia tra i 13 e 21 miliardi di euro e con un moltiplicatore di 15 è molto più che una scommessa. Al massimo il piano potrà essere un rafforzamento dei programmi Bei e dei bilanci comunitari 2014-2020. Ci vuole ben altro di fronte ad un crollo degli investimenti che nel solo 2013 si aggira tra i 230 e i 370 miliardi di euro rispetto a quelli che si sarebbero avuti se il trend di crescita pre-crisi fosse continuato.
Juncker ha però il merito di aver posto l’urgenza di rilanciare gli investimenti per contrastare quella miscela di recessione, deflazione, stagnazione che rischia di asfissiare l’Europa.
il suo impegno va supportato e per questo il Presidente Renzi, che ha dimostrato di non avere complessi, deve stringere un accordo con la Francia per un Piano di investimenti che sia anche simbolicamente innovativo fondandosi su due pilastri: una garanzia aurea, la riforma del fondo Esm.
Una garanzia aurea. L’oro di Paesi della Uem è tornato alla ribalta per le notizie che la Germania e l’Olanda stanno cercando, con scarso successo, di riportare in Patria le loro riserve ufficiali depositate soprattutto presso la Fed. Senza approfondire queste notizie (peraltro non secondarie, rileviamo che i Paesi della Eurozona sono i principali detentori di oro ufficiale al mondo con circa 330 milioni di once che diventano 347 con quelle della Bce mentre gli Usa ne hanno circa 260 milioni di once. L’oro ufficiale pro-capite della Uem supera quello Usa del 20%, quello della Germania lo supera del 64%, quello dell’Italia del 60%, quello della Francia del 50%. Usare 100 milioni di once come garanzia di un Fondo europeo per gli investimenti è fattibile, senza altri calcoli.
Non esiste infatti alcuna clausola del Sistema europeo di banche centrali che le rende l’oro intoccabile. Inoltre noi non proponiamo di venderlo. Il che invece è stato fatto tra il 1999 e il 2013 (nel rispetto del Central Bank Gold Agreement) quando sono state vendute le seguenti quantità: dalla Bce 8,7 milioni di once, dalla Francia 18,4, dall’Olanda 12,9, dalla Spagna 7,8, dal Portogallo 7,2, dall’Austria 4,1, dalla Germania 2,6, dal Belgio 1. Tra i Paesi della Uem importanti solo l’Italia non ha venduto.
Il Governo italiano e quello francese al prossimo Consiglio europeo dei Paesi della Eurozona dovrebbero chiedere alla Germania di contribuire pro-quota ad un Fondo europeo per gli investimenti che abbia una garanzia di 100 milioni di once che in base alla media dei prezzi 2009-13 equivalgono a circa 100 miliardi di euro.
Il conferimento dovrebbe essere nelle seguenti entità calcolate riproporzionando a 100 le quote dei citati Paesi nel Fondo Esm: Germania 34,3 milioni di once, Francia 25,8, Italia 22,6, Spagna 15. I primi tre Paesi deterrebbero ancora direttamente, dopo il conferimento, 183 milioni di once mentre la Spagna, che ha solo 9 milioni di once, dovrebbe acquistare 6 milioni di once che al prezzo medio mensile di ottobre fanno circa 5,7 miliardi di euro. Non dovrebbe esserle difficile visto anche il generoso prestito a suo tempo avuto dall’Esm che, tra l’altro, la rende così filotedesca.
Un Fondo per l’Euro-investimento. I 100 milioni di once dovrebbero essere conferiti all’attuale fondo Esm di cui i quattro Paesi citati detengono il 77% del capitale. Sulla base di questa garanzia l’emissione di un prestito obbligazionario a 20 anni a tassi paragonabili a quelli che l’Esm e la Germania pagano adesso (intorno all’1,5%)con multipli di 3 o 4 volte(non 15 come previsto da Juncker!), in modo da arrivare a 300-400 miliardi, sarebbe agevole. Il tutto sarebbe anche rapido e lineare se la Bce fosse l’acquirente di questi “gold-bonds” che andrebbero a finanziare gli investimenti infrastrutturali(materiali ed immateriali)strategici europei da decidere e governare con norme e professionalità europee per evitare strettoie nazionali. L’esito sulla crescita e sull’occupazione sarebbe ben più certo del prefigurato acquisto di titoli di stato di Paesi della Uem da parte della Bce.
Rimane il problema di modificare il Trattato internazionale Esm. L’assenso dei Paesi che detengono il 23% del capitale non dovrebbe mancare anche perché nulla delle garanzie auree potrebbe essere chiesto loro. Sappiamo che vari di questi piccoli Paesi sono “falchi” ma sappiamo anche che “l’aquila” tedesca li domina completamente.
La decisione spetterebbe quindi alla Germania che non vedrebbe intaccato neppure il ruolo di salva stati del Fondo Esm (che manterrebbe un’inutile potenzialità di 450 miliardi per interventi di soccorso) il cui amministratore delegato è il tedesco Klaus Regling.
Una conclusione. Se la Germania si opponesse al Fondo aureo per l’Euro-investimento, Italia e Francia non dovrebbero accontentarsi di asserzioni su difficoltà giuridiche alle quali spesso il Governo tedesco ricorre pur avendo fatto approvare a tutti i Paesi delle Eurozona due trattati internazionali (Fiscal Compact e Esm)in tempi record. Italia e Francia chiederebbero infatti alla Germania di fare solo la sua parte pro-quota e la Germania dovrebbe allora spiegare a questi Governi, alle imprese e ai lavoratori perché non accetta. Purtroppo spesso la Germania afferma, ma non spiega.