La Stampa, 9 dicembre 2014
L’Elogio del frullatore e degli oggetti di tutti i giorni. Dal microonde, scoperto per l’errore di un impiegato allo scarico del bagno che costò l’autoaffondamento di un sommergibile
C’era una volta... E c’è ancora. Che sia con distrazione, fastidio o gratitudine, maneggiamo ogni giorno decine di oggetti, o meglio «macchine da casa». Radio, aspirapolvere o robot da cucina: a seconda delle nostre inclinazioni possiamo leggervi incomprensibili ammassi di viti e cavetti elettrici oppure appassionanti storie che aspettano solo di essere rispolverate e raccontate per bene.
Lente di ingrandimento e cacciavite in pugno il professor Vittorio Marchis, ordinario di Storia della tecnologia e dell’industria al Politecnico di Torino, traccia stanza dopo stanza un ritratto del mondo domestico, dove macchine e società costruiscono la storia dei nostri gesti quotidiani.
Nel suo nuovo libro «Le cose di casa, cronache minime di tecnologie domestiche», pubblicato da Codice Edizioni, mostra ai suoi lettori che cosa si nasconde non solo dentro, ma anche dietro agli elettrodomestici.
«Bisogna legare scienza e tecnica alla narrativa: le macchine da casa non solo sono utili, ma fanno anche parte della nostra vita – commenta De Marchis -. Il mondo è sempre più complesso, più tecnico: se non iniziamo a conoscerlo per davvero, rischiamo di perderci. Uno scrittore non deve per forza scrivere di amore e passioni: anche un frullino ha una storia da raccontare».
In cucina
Se pensate che progettare un frigorifero sia affare da ingegneri, vi stupirà sapere che ne brevettò uno anche il padre della teoria della Relatività. Dopo aver saputo di una famiglia berlinese uccisa dai vapori di ammoniaca per un guasto al compressore del frigorifero, Albert Einstein e il suo allievo Leo Szilard, nel 1930, ne brevettarono uno senza compressore, ma con la caldaia. Silenzioso e soprattutto sicuro nel caso di guasti improvvisi.
Un altro genio si scomodò per rendere un po’ più semplice la vita in cucina: Leonardo da Vinci inventò un girarrosto automatico mosso dall’aria calda del camino.
Il microonde, invece, fu scoperto per errore da un impiegato alle prese con la sperimentazione di un nuovo modello di magnetron, una valvola usata negli apparecchi radar: Percy LeBaron Spencer notò che la tavoletta di cioccolata che teneva in tasca si era sciolta.
Invece di dispiacersi per la macchia, capì che era merito delle microonde emesse dal magnetron. E subito dopo decise di provare con i pop corn. Fu un successo, anche se il primo forno commerciale non era ancora alla portata di tutte le cucine, con i suoi due metri di altezza per 340 chilogrammi di peso.
In bagno
Nonostante alcuni brevetti nell’Ottocento, la prima lavatrice automatica venne messa in commercio dalla General Electric solo nel 1947 e costava quanto una piccola utilitaria.
Fu un simbolo per il femminismo, prima negli Stati Uniti e poi anche in Europa: in Francia divenne il segno tecnologico della liberazione della donna dalla fatica dei lavori domestici. E lo sciacquone? I nobili francesi pensavano non ce ne fosse affatto bisogno, tanto a gettare un secchio d’acqua potevano pensare i servitori. Qualche tempo dopo, a poche settimane dalla fine della Seconda guerra mondiale, a trascurarne cura e manutenzione fu il comandante Karl Adolf Schlitt del sommergibile tedesco U-1206. Una manovra incauta con lo scarico del wc lo obbligò a risalire in superficie di gran carriera: attaccato dagli aerei della Raf, si trovò a ordinare l’auto-affondamento del mezzo.
In soggiorno
Il nonno dell’aspirapolvere è il tappeto, i nipoti sono gli stracci cattura polvere usa-e-getta. La morale è che per avere appartamenti più puliti non abbiamo troppi scrupoli a inquinare il mondo. Dalle tende dei nomadi alle case vittoriane, il primo acchiappa-polvere fu il tappeto, da «battere» con regolarità. Uno dei primi modelli automatici di aspirapolvere è una «spazzola rotante a soffietto» del 1860, poi seguì il «Pneumatic Carpet Renovator», con motore a benzina e disponibile al pubblico... Ma solo in affitto.
Il telefono? Parallela all’intricata vicenda di Bell e Meucci c’è quella del valdostano Innocenzo Manzetti: a quanto pare la trasmissione del suono per via elettrica nacque ai piedi delle Alpi.