La Stampa, 9 dicembre 2014
Se tutti quei partiti indistinguibili si mettessero assieme, i centristi si trasformerebbero nella seconda forza politica in Parlamento, alle spalle del Pd. E potrebbero decidere la partita per il Colle. Sono numeri non opinioni: la somma delle sigle di centro raggiungerebbe quota 79 alla Camera e 60 al Senato, dunque 139 tra deputati e senatori
Alzi la mano chi coglie la differenza tra Ncd e Udc. Oppure tra Scelta civica, Per l’Italia o Gal. Visti da lontano sono partitini quasi indistinguibili ma, in compenso, molto divisi tra loro. Ragion per cui Berlusconi e Renzi li trattano come nani irrilevanti. Siamo al punto che tra i tanti possibili candidati al Colle di cui si vocifera non ce n’è uno solo riconducibile a quell’area. Casini, che pure ne avrebbe i titoli e in fondo nessuno gli vuole male, è il primo a pregare gli amici di lasciarlo in pace e di non pronunciare il suo nome invano.
Ma se tutti quanti si mettessero insieme, i centristi si trasformerebbero nella seconda forza politica in Parlamento, alle spalle del Pd. I numeri non sono opinioni: la somma delle sigle di centro raggiungerebbe quota 79 alla Camera e 60 al Senato, dunque 139 tra deputati e senatori. Aggiungendo quanti di loro si collocano nel gruppo misto, non è irragionevole attribuire ai centristi un esercito potenziale di 150 eletti laddove i grillini sono 141, i forzisti 130, anche loro parecchio spaccati al proprio interno. Per cui la domanda è: Alfano & C. saranno «calpesti e derisi» anche in occasione delle prossime elezioni presidenziali, o per la prima volta si dimostreranno in grado di far pesare la forza dei loro numeri?
Qualche timido processo aggregativo è in atto. Ha preso recentemente il via la fusione parlamentare di Udc e Ncd, con l’ambizione di aggregare il grosso della «terra di mezzo» (senza allusioni a Carminati). Di chiarezza c’è n’è ancora poca, a cominciare dal nome di chi guiderà questi gruppi a Montecitorio e a Palazzo Madama. Fonti alfaniane assicurano tuttavia che la massa di manovra sta diventando importante. E calcolano che alle prossime presidenziali saranno circa 100 i grandi elettori centristi pronti ad agire di conserva tra loro, con una incidenza molto bassa di «franchi tiratori».
Come primo obiettivo si batteranno per vietare a Renzi di mettere al posto di Napolitano un clone, un fido esecutore disposto a sciogliere le Camere come e quando deciderà lui. Per i centristi impedirlo sarà questione di vita o di morte, dal momento che il loro seguito nel Paese è scarso e dunque al premier risulterebbe facile metterli in riga minacciando le urne a ogni minimo cenno di ribellione. Tanto per fare nomi, i centristi mai voterebbero ministri come la Pinotti o come Gentiloni, «sarebbe come suicidarci» dicono in coro. Idem per illustri giuristi o altre nobili espressioni della società civile tipo Cassese, la Severino, Cantone «il Censore»... Da un sondaggio tra i centristi emerge che un voto lo darebbero volentieri viceversa a Veltroni o alla Finocchiaro che, sebbene del Pd, riconoscono loro autonomia di giudizio. Freddi su Chiamparino, più aperti e problematici su Padoan. Il loro candidato ideale sarebbe Amato e non perdonano a Berlusconi di averne parlato con troppo anticipo col risultato di «bruciarlo». Pur di evitare colpi di mano del premier, i centristi sono disposti a stringere patti col diavolo nella persona del Cavaliere. Spiega Cicchitto: «O viene proposto un nome che aggrega un’area molto vasta. Oppure Renzi non pensi di ripetere sul Quirinale certe operazioni, in Parlamento non ce ne sarebbero le condizioni...».