La Stampa, 9 dicembre 2014
Ritratto di mamma Veronica. Dai conflitti con il padre allo psicologo. A 14 anni tentò il suicidio, a 16 rimase incinta
Come fosse un’indagine del commissario Maigret, anche a Santa Croce Camerina buona parte del lavoro degli investigatori è teso a scandagliare la personalità di Veronica Panarello. Sono stati interrogati i familiari, i vicini di casa, le mamme di altri bambini, perfino i medici. È finito agli atti, impietosamente, il ritratto di una giovane donna inquieta, la sua solitudine, i suoi dolori. Nulla nel passato di mamma Veronica, che ha 26 anni, e da almeno otto è una mamma a tempo pieno, è stato tralasciato e non per gusto del morboso, ma perché la squadra di investigatori-psicologi giunti da Roma aveva bisogno di capire.
Gli inquirenti sono andati a ritroso nel tempo. Ed ecco gli anni abbastanza felici in Liguria, a Rocchetta, frazione di Cairo Montenotte, dove era approdata questa famiglia siciliana in cerca di fortuna. Il papà fa il camionista, la mamma è casalinga, e in casa ci sono ben cinque tra fratelli e sorelle di tanti padri diversi. Veronica è una bimbetta. Sono anni felici ma non troppo, si sottolinea, perché comunque la piccola Veronica alle elementari sembra avere qualche problema di adattamento. È la madre, la nonna materna di Loris, a riconoscere che sua figlia negli anni liguri aveva avuto bisogno di uno psicologo.
A fine degli Anni Novanta, però, l’esperienza ligure è già finita e i Panarello rientrano in Sicilia. Tornano a Grannmichele, il piccolo centro vicino Catania da dove erano partiti. Qui Veronica frequenta le scuole medie e poi s’iscrive al liceo artistico della cittadina. È un’adolescente difficile. Nel giro di pochi anni s’affastellano i segnali di disagio, ora ricostruiti dagli investigatori a beneficio della magistratura. C’è il rapporto tutt’altro che facile con il padre biologico e l’amore incondizionato per il papà che ha riconosciuto come suoi tutti i figli, anche quelli nati fuori dal matrimonio. «Mio papà è un santo», dirà lei a verbale.
C’è però, attorno ai 14 anni, anche un tentativo di suicidio, ora negato strenuamente, ma che ha lasciato tracce nei rapporti dell’epoca. Si cercano eventuali cartelle cliniche negli ospedali della zona. C’è in quel periodo anche la voglia disperata di questa ragazzina di farsi notare, e qui va registrato che Veronica rimane impressionata dalla scomparsa della piccola Denise Pipitone (un fatto di cronaca che nell’autunno 2004 campeggiava sui giornali siciliani) e va dai carabinieri perché sostiene di potere essere utile alle indagini. Sembra che abbia telefonato anche a trasmissioni televisive per dire la sua verità, visto che nessuno se la filava.
«In quel periodo me la ricordo come una ragazza solare e bella», ricorda una compagna di classe all’istituto artistico “Libertini”. «Ma sono fasi in cui si cambia in un momento...».
Nel 2005, al secondo anno di scuola, la sedicenne Veronica rimane incinta. È la fine di ogni velleità artistica. Abbandona la scuola, s’incrina irrimediabilmente il rapporto con la madre, lascia il paese per trasferirsi a Modica, nel Ragusano. Qui mette su famiglia con il suo Davide, che è di pochi anni più grande di lei e aspira a diventare camionista per raggiungere una certa tranquillità economica.
Di quegli anni a Modica c’è la testimonianza di un’amica angosciata, forse l’unica che le è rimasta e che si espone a suo favore: «Veronica, Davide e i due piccoli – scrive Rosa Sbano, una commerciante di lì, su un blog locale – erano miei clienti affezionati nel periodo che hanno vissuto a Modica. Con Veronica si era instaurato un rapporto confidenziale e quasi amichevole. Non è quella persona che i media stanno descrivendo, ma una ragazza molto semplice e coraggiosa. Ha vissuto qui per anni con Loris, e incinta del secondo figlio, quasi sempre da sola a causa del lavoro di Davide che lo costringe a stare fuori per giorni».
Ecco, questa gran solitudine emerge anche dalle carte dell’indagine di polizia. Gli anni di Modica volano via e si racconta che la famigliola – ora sono in quattro, perché nel 2010 nasce il fratellino di Loris Andrea – a quel punto decida di abbandonare pure questo paese dove Veronica non riesce a legare con nessuno. Ennesimo trasferimento ed eccoli finalmente a Santa Croce Camerina dove c’è il grande clan Stival, cioè il nonno Andrea e la nonna Giuseppina, e i due non sono ancora in rotta, Jessica la sorella di Davide, gli zii, i cugini. Un gruppo «dagli aspri rapporti conflittuali», per usare l’eufemismo di un inquirente. «Beh, non siamo proprio una famiglia da Mulino Bianco», ammetterà subito Antonella Stival, la prozia, una che ha rapporti talmente tesi con il resto della famiglia da esserle proibito di partecipare al lutto e ad eventuali funerali.
Qui a Santa Croce Camerina, Veronica e Davide sembrano tranquilli. Lui però è perennemente in giro per l’Italia al volante del camion. Lei bada ai figli. I tabulati telefonici parlano di continue telefonate tra moglie e marito. Le fotografie che lei aveva messo su Facebook, e che giorni fa ha ritirato, la mostrano una volta bionda, un’altra mora, amorevole con il piccolino, ma mai c’è una foto di Loris Andrea. Spifferi di famiglia parlano ora di un bimbo trattato rudemente dentro le mura di casa. Si sa di quella volta che scappò perché voleva «andare da papà» e lo ritrovarono all’emporio sotto casa. La maestra di arti marziali, Teresa Giandinoto, racconta che la mamma l’aveva iscritto in palestra perché «troppo timido». Il resto sono telecamere, fascette, orari che non collimano, presunte contraddizioni. Ma spetterà alla magistratura tirare le somme.